Storia di una via milanese: Giangiacomo Mora Famelici

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Quante volte a Milano vi sarà capitato di passeggiare nei pressi delle Colonne di San Lorenzo? Avete mai posato lo sguardo su quella scultura seminascosta e sulla targa che recita: “Qui sorgeva un tempo la casa di Gian Giacomo Mora, ingiustamente torturato e condannato a morte come untore durante la pestilenza del 1630?" La scultura, realizzata dal Menegon nel 2005, raffigura una colonna che ricorda la Colonna Infame, che ha ispirato al Manzoni il saggio la Storia della colonna infame. Milano nell’estate del 1630 era afflitta dalla peste. Si iniziò la caccia degli untori, accusati di aggirarsi con unguenti per diffondere la peste. Lo storico Ripamonti ci narra di un anziano che, prima di sedersi su una panca della chiesa di S. Antonio, passò il mantello per pulirla. Fu ucciso senza pietà. Stessa sorte toccò anche a tre viaggiatori francesi affascinati dal Duomo, tanto da non resistere alla tentazione di toccare il marmo. Impavido gesto! Senza capire perché, furono uccisi. La mattina del 21 giugno 1630 venne trovata dell’unguento giallastro in Corso di Porta Ticinese.
Fu accusato il commissario della Sanità, Guglielmo Piazza. Dopo essere stato torturato, confessò che l’unguento gli era stato dato da un barbiere: Gian Giacomo Mora. L’ignaro barbiere fu immediatamente arrestato e condannato a morte. Al posto della casa del barbiere fu innalzata una colonna di granito come monito per la popolazione. Solo nel 700 la colonna fu distrutta: da monito si era trasformato in onta per la giustizia.

Quante volte a Milano vi sarà capitato di passeggiare nei pressi delle Colonne di San Lorenzo? Avete mai posato lo sguardo su quella scultura seminascosta e sulla targa che recita: “Qui sorgeva un tempo la casa di Gian Giacomo Mora, ingiustamente torturato e condannato a morte come untore durante la pestilenza del 1630?" La scultura, realizzata dal Menegon nel 2005, raffigura una colonna che ricorda la Colonna Infame, che ha ispirato al Manzoni il saggio la Storia della colonna infame. Milano nell’estate del 1630 era afflitta dalla peste. Si iniziò la caccia degli untori, accusati di aggirarsi con unguenti per diffondere la peste. Lo storico Ripamonti ci narra di un anziano che, prima di sedersi su una panca della chiesa di S. Antonio, passò il mantello per pulirla. Fu ucciso senza pietà. Stessa sorte toccò anche a tre viaggiatori francesi affascinati dal Duomo, tanto da non resistere alla tentazione di toccare il marmo. Impavido gesto! Senza capire perché, furono uccisi. La mattina del 21 giugno 1630 venne trovata dell’unguento giallastro in Corso di Porta Ticinese.
Fu accusato il commissario della Sanità, Guglielmo Piazza. Dopo essere stato torturato, confessò che l’unguento gli era stato dato da un barbiere: Gian Giacomo Mora. L’ignaro barbiere fu immediatamente arrestato e condannato a morte. Al posto della casa del barbiere fu innalzata una colonna di granito come monito per la popolazione. Solo nel 700 la colonna fu distrutta: da monito si era trasformato in onta per la giustizia.