11 episodes

A Vanity Fair, con le celebrity ci piace (da sempre) fare dei viaggi. Nelle loro storie, passioni, amori, dolori, desideri. Qui, ogni giovedì, gli chiediamo di tornare all’infanzia, ai primi ricordi di una vita.
Tra passato e poesia, entreremo così anche in tante piccole scene degli anni '30, '40, '50, '60, '70, '80, '90 recuperandone il senso, giocando a riprenderci il tempo dei giochi.

Un programma di Lavinia Farnese.

Chiudi gli occhi, torna bambino Vanity Fair Italia

    • Society & Culture

A Vanity Fair, con le celebrity ci piace (da sempre) fare dei viaggi. Nelle loro storie, passioni, amori, dolori, desideri. Qui, ogni giovedì, gli chiediamo di tornare all’infanzia, ai primi ricordi di una vita.
Tra passato e poesia, entreremo così anche in tante piccole scene degli anni '30, '40, '50, '60, '70, '80, '90 recuperandone il senso, giocando a riprenderci il tempo dei giochi.

Un programma di Lavinia Farnese.

    Raoul Bova: «E mio padre era in cielo»

    Raoul Bova: «E mio padre era in cielo»

    «Se tu non torni/Non tornerà neanche l'estate/E resteremo qui io e mia madre/A guardare la pioggia», cantava Miguel Bosé. Ed è un verso che sa di sospeso, di passato, di nostalgie, anche se parla al futuro. Peraltro sembra descrivere alla perfezione la diapositiva che ci regala l'ospite di oggi. È un nostro divo del cinema. Ha un fisico da nuotatore della Nazionale qual era, e due occhi da sogno, e oggi che è vicino ai 50, e ha due famiglie, una con l'ex moglie Chiara Giordano, con cui ha avuto due figli, Alessandro Leon e Francesco, e una con la compagna, Rocío Muñoz Morales, con cui ha due bambine, Luna e Sophia Bova, sulla copertina di Vanity Fair ci ha raccontato di una vita passata «in sottrazione» con l'ansia di piacere a tutti. Del pianto, della rabbia, della depressione. Il bello d'Italia è stato piccolo tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta (Cosa resterà di questi anni 80?) quando in Tv ci affascinavano Yuppidu di Adriano Celentano, La casa nella prateria, Happy Days, Goldrake e Lady Oscar, in radio andava Il triangolo di Renato Zero e Gioca Jouer di Cecchetto, si giocava a Palla avvelenata, Monopoli e Mondo, si mangiava la girella e il buondì Motta al cioccolato. Venivamo dal decennio della partecipazione civile e delle riforme, delle vittime e dei carnefici, della fine di Carosello e dell'inizio della Tv a colori, c'erano i rapimenti, le stragi e la paura. (The final countdown)
    Nato a Roma il 14 agosto 1971, figlio di Rosa e di Giuseppe, dipendente di Alitalia,

    Gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Raoul Bova

    «Se chiudo gli occhi e torno bambino mi viene in mente l'estate in Calabria a Roccella Ionica in un posto di mare dove c'erano le sdraio e io in braccio a mia mamma guardavo il cielo, guardavo le stelle e nella luna rivedevo il volto di mio papà, perché mi mancava molto, costretto a lavorare a Roma mentre eravamo al mare, e non vedevo l'ora arrivasse. E tuttora quando guardo la luna mi sembra di vederlo. Poi se chiudo gli occhi ricordo anche una casa di quando ero bambino: le mattonelle a forma di fiore marroni gialle e bianche, una cosa non bellissima. Mi ricordo poi l'odore del fritto che arrivava dalla cucina, perché mia madre preparava la pizza fritta napoletana o i supplì o le cotolette. Quando tornavo a casa c'era spesso questo odore».

    Un programma di Lavinia Farnese

    • 5 min
    Lorella Cuccarini: «Voce di madre»

    Lorella Cuccarini: «Voce di madre»

    Non è il caso, di giudicarci senza tempo. Che il tempo è un bastardo, siamo d’accordo? Ci fa svegliare ogni mattina, vivere ogni giorno e addormentare ogni sera abituandoci alla durata. La sua, la nostra. Come fosse interminabile, come non finisse mai, e non fosse invece quel che è: un orologio che a un certo punto che non sappiamo, di colpo o dandoci avvisaglie, si fermerà. Spariremo. E non c’è niente che possiamo fare per evitarlo. Per la stessa «non ragione» per cui, dalla nostra nascita in avanti, siamo qui, dalla nostra morte in poi non ci saremo più. «La verità», canta Dario Brunori, «è che ti fa paura, l’idea di scomparire, l’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà finire».

    Cosa resterà? I ricordi. Almeno per un po’. Oggi ci racconta i suoi più lontani una donna che è «la più amata dagli italiani». E’ entrata nelle nostre case da dentro la Tv, e ci è rimasta per pomeriggi interi, ricordate? È con lei che torniamo indietro e ci fermiamo. Nel cortile di una casa, la sua, a Prenestina, alla periferia di Roma. Siamo tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta e la televisione da Pippi Calzelunghe e Candy Candy.

    John Lennon intanto pubblica Imagine, Gli Eagles Hotel California; è un agosto, e sta nascendo Raoul Bova, al cinema esce Il padrino, per strada c’è l’omicidio Calabresi, ci si emoziona per la prima telefonata da un telefono portatile, mentre sta finendo la guerra in Vietnam e viene inaugurato Gardaland, e il vaiolo è finalmente debellato, e da tutte le sale del mondo si va nello spazio, è l’inizio di Guerre Stellari.

    Nata a Roma il 10 agosto 1965, figlia di Vero, ragioniere, e di Maria, sarta..

    Gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Lorella Cuccarini

    «La vedo, è ancora qui davanti a me, la merenda: una fetta di pane casereccio, con su olio e zucchero. Me la preparava mia madre al ritorno da scuola, dopo le lezioni, la campanella, i cinque piani a piedi per raggiungere la porta di casa. E io l’ho ripetuta: da grande, con i miei figli piccoli. La finivo di corsa, per poi scendere giù in cortile a giocare con le amichette. A palla, con i gessi a terra, a disegnare una campana e poi a saltarci su. A volte, crescendo, ce ne stavamo lì anche solo a vivere un po’ per strada, a chiacchierare. Con lei, mia madre, che mi chiamava dalla finestra di casa, al quinto piano, appunto, e io che avevo il pensiero di farmi sempre trovare - era quello il patto - tanto che a volte facevo il giro del palazzo a grandi passi, perché non lo tradissi. Erano strutture enormi, quelle in cui abitavamo, a Prenestina. Rosa come sono spesso gli intonaci delle periferie popolari di Roma. Intorno il panettiere, il cartolaio, il chioschetto all’angolo, che vendeva fotoromanzi di seconda mano. La voce di mia madre che mi chiamava per rassicurarsi che fosse tutto a posto era calda, accogliente, pacata. Non si vorrebbe mai risalire per cena, quando sei un bambino con le mani sporche di resina. Lei la ricordo da buona sarta tutta la vita davanti alla macchina da cucire, faceva maglioni bellissimi, all’epoca andavo pazza per le Barbie e lei confezionava i vestiti per loro e per me, uguali, a misura. Col risultato che mi sentivo fighissima, proprio come gli somigliassi. Mi mettevo davanti allo specchio della mia camera, chiudevo la porta e prendevo a cantare, a ballare, improvvisando. Il mio primo pubblico sono state le mie bambole. Perché...intimidita poi smettevo, non appena qualcuno di "vero" della mia famiglia si affacciava. Su tutti, ero la cocca di mio nonno. Mi chiamava “Pollo e patatine”, ancora il mio pranzo più ambito».

    • 5 min
    Giulia Valentina, Frank Matano, Sofia Viscardi: «Quando l’estate non finiva mai»

    Giulia Valentina, Frank Matano, Sofia Viscardi: «Quando l’estate non finiva mai»

    «C’era la luna, c’erano le stelle, c’era una nuova emozione sulla pelle…». La ricordate? «Il tempo va, passano le ore e finalmente faremo l’amore solo una volta o tutta la vita, speriamo prima che l’estate sia finita». È Alex Britti e siamo nel 1998, e con lui entriamo nei ricordi di tre ragazzi di oggi nati su Internet, tra YouTube e Instagram.
    Rispettivamente classe ‘90, ’89, ’98, professione influencer, declinazioni: modella, comico e conduttore, scrittrice. Giulia Valentina, Frank Matano e Sofia Viscardi sono stati bambini mentre intorno succedevano varie cose: erano le Notti magiche di Italia 90, facevamo i palloni con le big bubble, Silvio Berlusconi scendeva in campo, nasceva Google mentre la Playstation era la console più venduta al mondo e al cinema eravamo tutti in fila per Titanic. Portavamo, fieramente, il Barbour, facevamo collezione di schede telefoniche, intrecciavamo Scoubidou, ascoltavamo i Take That e i Backstreet Boys. Le Spice Girl. E avevamo Piccoli problemi di cuore, come il cartone che guasrdavamo. Intanto tra Britney Spears e Justin Timberlake tutto sembrava procedere a gonfie vele.

    È anche, questo, un ventennio di morti dolorose per la musica: se ne vanno Domenico Modugno, Mia Martini, Ivan Graziani, Lucio Battisti, Fabrizio De Andre. Mentre nascono gli Articolo 31 ed esplode er Piotta e c’è un tormentone su tutti che balliamo tutti, dei Las Ketchup, prima della canzone del capitano di Dj Francesco.

    In tv intanto guardiamo Un medico in famiglia con nonno Libero/Lino Banfi, innamorandoci di Lele e Alice, e sul comodino in casa abbiamo i tamagotchi, pulcini virtuali da accudire. Capita l’ 11 settembre, che travolge le certezze dell’Occidente e durante il G8 di Genova muore un giovane manifestante, Carlo Giuliani, mentre un primo gennaio ci svegliamo diversi: non c’è più la lira, è arrivato l’euro. Ai distributori di benzina chiudono le pompe della rossa e della super: è la nuova era della verde o del Diesel.


    Dicevamo puntata un po’ speciale questa con un trio di influencer guest star. Li abbiamo incontrati al Jova beach party, con l'Estate addosso, data di Rimini, ospiti di Sammontana, e quella sabbia li ha subito riportati ai tempi in cui una preparava feste di compleanno a sorelle nate in agosto, l’altro dava il primo bacio e scopriva il sesso per la prima volta con una ragazza che non riesce più a trovare, l’ultima veniva buttata al mare da un papà appassionato di kite surf e avventura.

    Giocano con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino (in quest’ordine) Giulia Valentina, Frank Matano e Sofia Viscardi.

    Giulia Valentina

    «Se chiudo gli occhi e torno bambina penso al compleanno di mia sorella che è ad agosto e a quelle tutte le povere ragazze che hanno compleanno ad agosto e quindi non lo festeggiano con amiche ma con quelle estive, che le conoscono di meno, all’organizzazione di una festa che fosse giorno speciale per lei e penso alle passeggiate in montagna... forse sono una delle poche che pensa alla montagna e non al mare quando pensa all’estate. Quando ero piccola passavo tanto tempo in montagna es era molto divertente, come adesso con i miei cani, momenti indimenticabili forse i più belli.
    L’Estate è un momento prima del nuovo inizio: nonostante i miei 28 anni per me comincia a settembre con la scuola, quindi è il momento in cui sono più tranquilla, ho meno pensieri perché tra poco inizia tutto da capo. Quindi è un momento di calma».

    Frank Matano
    Se chiudo gli occhi più che bambino l’estate mi fa pensare ai miei 15 anni perché ho perso la verginità in spiaggia in estate a Scauri che è nel Lazio con una ragazza che si chiama Valentina e mi colpì molto perché lei era nata il 25.12. Non l’ho mai più rivista l’ho anche cercata sui social quindi questo magari è anche un appello “Cara Valentina vorrei sentirci e ricordarci di quei giorni”. Eravamo nella spiaggia dei sassolini e ho perso la verginità è ho...

    • 9 min
    Irama - I baci delle bambine

    Irama - I baci delle bambine

    Qui possiamo confessarcelo: non sappiamo un sacco di cose, del mondo in cui siamo venuti al mondo. Perché ci siamo finiti. Che cosa ci stiamo a fare. Com'è il modo migliore di starci. Claudio Baglioni quando s'immaginava il figlio, ci ha provato, a mettere insieme tutte le cose che avrebbe avuto nella vita. Ci ha provato in quella canzone-elenco meravigliosa che s'intitola Avrai.

    Quello che è divertente ricordare è quanto eravamo già "noi" nei nostri primi tratti, quali sono stati i nostri primi trucchi, le prime astuzie. Lo sa bene l'ospite di oggi, amatissimo dal pubblico da quella volta in cui si presentò sul palco dell'Ariston nel 2016 con Cosa resterà , e poi vinse la 17esima edizione di Amici dove Maria De Filippi lo chiamava «Paranoia», perché è uno che pensa tanto, a volte pure troppo. Non è un caso che all'ultimo Festival di Sanremo ha raccontato la storia - delicata - di una Ragazza con il cuore di latta, lui. Che è stato piccolo con il nome di Filippo Maria Fanti, mentre viene clonata la pecora Dolly e il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton fa i conti con il sexgate, lo scandalo per la sua relazione sessuale con la stagista Monica Lewinsky, e impazza Forrest Gump, e l'11 settembre 2001 trema il pianeta, per l'attacco alle Torri gemelle di New York.

    Nato a Carrara il 20 dicembre 1995, mamma Patrizia e papà Marco che gli fanno amare l'Avvelenata di Francesco Guccini e le favole di Fabrizio De André, nome d'arte che vuol dire "ritmo" in malese e all'orecchio una piuma, simbolo-ambizione di leggerezza, gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Irama.

    «Chiudo gli occhi torno bambino e mi ricordo che magari non è il pensiero più profondo ma mi diverte molto mi ricordo che giocavo all'asilo, a Monza, e giocavo alle superchicche con le bambine e io non ricordo tutti i ruoli però facevo il cattivo e morivo ogni volta e dicevo alle bambine che per farmi rivivere dovevano baciarmi quindi queste bambine salivano sul castello a darmi i baci e io continuavo a morire per avere i baci di queste bambine: è un ricordo molto bello d'infanzia, devo dire».

    Un programma di Lavinia Farnese.

    • 5 min
    Vittoria Puccini - Profumo di ragù

    Vittoria Puccini - Profumo di ragù

    Grace Paley è stata una scrittrice e poetessa americana che - oltre ad avere concepito titoli bellissimi per le sue creature (L'importanza di non capire tutto, Più tardi nel pomeriggio, Piccoli contrattempi del vivere, Fedeltà, Enormi cambiamenti all'ultimo momento) in pochi versi è riuscita a raccontare con parole esatte quanto crescere sempre significhi anche riempirsi di vuoti e mancanze. Sono pochi versi i suoi, caldi. Fanno: «Un giorno stavo ascoltando la radio. Sentii una canzone: Oh, I long to see my mother in the doorway. Dio mio! dissi, la capisco. Tante volte ho desiderato vedere mia madre sulla soglia». Che in fondo è quello che cantavano i New Trolls in Quella carezza della sera.

    Insomma, ne sappiamo qualcosa tutti, dai, e con noi condivide quelle sensazioni anche una delle attrici che più ci fa fieri d'averla. È entrata nelle nostre case ragazza dalla Tv, con Elisa di Rivombrosa (era il 2003 e fu consacrazione), e da allora non se n'è più andata. Dai cinema, dai teatri, dai monologhi, dai giornali. Dopo Tutto l'amore che c'è per Sergio Rubini, fa Baciami ancora per Gabriele Muccino e Tutta colpa di Freud per Paolo Genovese, diventa Anna Karenina e Oriana Fallaci. Ma qui, oggi, saltiamo tutto questo, con lei, e riavvolgiamo il nastro fino all'infanzia. Erano tempi, quelli, la fine degli Ottanta e gli inizi dei Novanta, in cui in discoteca si aspettavano i lenti, per provarci, quel «Tu non sei sola» di Michael Jackson, si portavano poi le spalline, a Natale mettevamo su il vinile di Last Christmas che era una canzone tristissima, e ci riprendevamo allora poi i colori con le sigle dei cartoni di Cristina d'Avena.

    Nata a Firenze il 18 novembre 1981, papà avvocato, professore universitario di Diritto pubblico, e mamma insegnante elementare «amata sopra ogni cosa», che la richiamava per pranzo mentre lei si attardava in giardino, con in braccio un coniglio di pezza che poi passerà alla figlia, Elena, gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Vittoria Puccini.

    «Se chiudo gli occhi e torno bambina, prima di vedere qualcosa sento - nitido, forte, qui - un profumo. Ed è il profumo della cucina di mia madre. Mia madre che ora non c’è più e che allora, nonostante lavorasse, si occupava di noi, e cucinava tanto, per noi, e amava starsene lì, in tutta la sua bellezza, a guardarci giocare da quella cucina aperta che dava sul salone, e quando cucinava il suo profumo misto a quello del suo ragù si espandeva come una luce per tutta la casa di Firenze. Era una costruita da mio nonno. La casa dove sono nata e cresciuta.
    E poi... vedo il mestolo. Il mestolo che usava. È un mestolo di legno, che poi abbiamo conservato, ce l’ha mio fratello, ha un taglio nella parte centrale, ma funziona ancora benone, e ogni volta che lo ritocco torno lì. A lui, che gira in continuazione nel sugo, alle mani di mia madre che a forza di girarlo in continuazione nel sugo se l’è consumate, a noi che la osserviamo a metà tra attesa e contemplazione, e poi corriamo nel giardino che è una distesa di ulivi, tra le colline verdi e la città vicina, in mezzo ai versi degli uccellini. È ancora quello, il mio posto del cuore. Sono ancora loro, le mura che mi accolgono, mi coccolano, mi ridanno equilibrio, in momenti faticosi e stressanti. Sono state testimoni di tante vite, amori, storie diverse, quelle mura, e quando torno a chiedere loro di abbracciarmi, mi sembra ancora tanto grande, quella casa lì, ma non per questo dispersiva: è ancora capace di proteggermi. Con me che torno lì tornano le risate di ieri, che ci facevamo davanti alla Tv di Renzo Arbore e Nino Frassica, i pomeriggi interi all’aria aperta, a bagnarci - vestiti o nudi - con lo spruzzino che annaffia l’erba, e quel gioco bellissimo in cui vinceva solo uno di noi. Chi trovava, tra i fili d’erba tutti simili e nessuno uguale, il fiore con più colori dentro. Ma che meraviglia».

    Un programma di Lavinia Farnese

    • 8 min
    Mika - Tutti quei colori

    Mika - Tutti quei colori

    Mika: «Tutti quei colori»

    Roberto Vecchioni, che professore lo è stato oltre che di mestiere, per la vita, anche di certi ingranaggi personali che ci stanno dentro, sintetizza il passato così: «Chiudere gli occhi e vedere tutti i colori del buio» (https://www.youtube.com/watch?v=0jREi6l51dU).

    In effetti quando mai a guardare indietro ci ricordiamo in bianco e nero? Anche quando i momenti non sono stati facili, o splendenti, c'è come una luce che li avvolge proprio perché non ci appartengono più se non in un tempo che diventa interiore.

    L'ospite di oggi è una popstar internazionale che è statA piccolA tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, e che ha dovuto attraversare la porta stretta del bullismo, a scuola. Racconterà ormai adulto: «Vestivo bizzarro, ero dislessico, e molto timido: mi tiravano lattine di Coca Cola e altre cose dietro la schiena davanti a tutti. Sono sempre sopravvissuto grazie alle mie fantasie», per poi chiudere: «Io credo in una legge: la bellezza si provoca con la bellezza».

    In Kids canta «I bambini stanno giocando al sole, pensano che la loro vita sia appena iniziata» (https://www.youtube.com/watch?v=S4zFrKg8E_E) ma voi, noi, tutti lo conosciamo soprattutto per questa Grace Kelly (https://www.youtube.com/watch?v=EaEPCsQ4608), e lo ringraziamo per ricordarci che We are golden, Siamo d'oro (https://www.youtube.com/watch?v=hEhutIEUq8k).

    Nato a Beirut il 18 agosto 1983, terzo di cinque fratelli con mamma libanese che ogni volta che le cose si mettevano male accendeva la radio - ed erano balli e salti come fossero prove di un'opera lirica - e papà americano che a un certo punto decide che meglio fuggire dalla guerra civile trovando casa a Parigi, e poi a Londra, gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino (anche se poco è stato il tempo che abbiamo avuto, dietro le quinte del concerto di Radio Italia), Mika.

    «Se io chiudo i miei occhi per immaginare che sono bambino ancora una volta è cibo, l'unica cosa che vedo davanti a me è cibo, cibo libanese di tutti i colori, con i pomodori, con l'hummus, con i tabbouleh, con il pollo arrosto, con i kafta, capite che non ho mangiato da stamattina?».

    • 4 min

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