6 min

Canzone del padre. Storia di un impiegato, il podcast Storia di un impiegato. Il podcast.

    • Storia della musica

… o, si potrebbe dire, sogno numero tre, dove il conflitto continua e dalle barricate, passando per il processo, si trasferisce nell’animo, nell’intimo del protagonista e con cui inizia la seconda parte dell’album, il lato B del vinile.

In una dimensione più psicologica, nella sublimazione onirica, la richiesta di negoziazione, di addivenire a più miti consigli, conduce il sogno e l’udienza in cui la stessa è ambientato in un’altra direzione, trasformandoli in una conversazione, in un colloquio alla pari, dove l’asimmetria tra organo giudicante e imputato si azzera.

[...]

In questi tre brani di stampo “onirico” (“reichiani”, come li definisce Dané), l’album vive un equilibrio narrativo, che è anche un equilibrio psicologico, raggiunto apparentemente dall’impiegato, allorquando finisce per ritrovarsi, sempre all’interno di quella dimensione, nei più rassicuranti panni del padre.

[...]

Dopo essere stato chiamato a decidere di se stesso e in piena autonomia sull’esito del processo, il giudice, quasi come ad incalzarlo, gli chiede delle sue reali intenzioni per un progetto di vita e, in alternativa ai sogni che non fanno svegliare, gli offre il posto del padre.

Gli scenari che gli si prospettano, mentre riflette sull’accettazione, eventuale, pura e semplice della proposta, sono una galleria di immagini che, in filigrana, paiono rivelare altre richieste dei movimenti sessantottini. In una celebre intervista a Gianni Minà, De André, con particolare riguardo al poeta beat Gregory Corso, al quale, nell’occasione, regalò una copia dell’album, ebbe a sottolinearne l’importanza nei confronti di quella generazione, avendo rivestito, anche per lui stesso, uno sprone significativo nello scrivere laddove Dante Alighieri, invece, a suo parere, aveva chiuso una porta poiché sembrava che, dopo di lui, nessun altro potesse esprimersi, scrivere o esprimersi scrivendo. E questa è una di quelle cifre che caratterizzarono le proteste: cioè, la rivendicazione di una maggiore libertà espressiva.

C’era poi quella di un più concreto riconoscimento del diritto allo studio, laddove Berto, compagno di scuola, figlio di un’umile lavandaia, vistoselo negare, continua, nel suo anelito verso la conoscenza, a imparare a contare ma sulle antenne dei grilli. Successivamente, il protagonista, si vede prendere il posto del padre. Finisce per identificarsi col più potente dei simboli del potere che avrebbe voluto eliminare, quello genitoriale. Con tutto il carico che sempre più spesso appartiene a quel clichè … il naufragio di una relazione coniugale, ad esempio, in una immedesimazione quasi totale, negli anni in cui cominciavano i primi movimenti sul divorzio.

Le voci che si levavano sul tema in quegli anni e soffiate da quei venti di protesta affiorano anche nell’immagine dell’ultimo figlio, “il meno voluto”, col “suo primo hashish”, in cui ribollono le problematiche nascenti sia dall’interruzione di gravidanza, sia dalla tragicità dell’assunzione di droghe.

Così, egli comprende le perplessità e le difficoltà di quella determinata realtà, fatta davvero di sogni da cui sempre più spesso non ci si sveglia o da cui non ci si vuole svegliare. Il fiume di immagini e il risveglio hanno un sapore sempre più angoscioso e pericoloso, “prendono fuoco”,
tanto da proiettarlo, fiondarlo repentinamente fuori dal sogno e a ricominciare da capo nel suo intento rivoluzionario.

[...]

I tentennamenti ideologici, pur presenti qua e là nel disco e derivanti dalla collaborazione con i coautori, non distolgono De André dalla sua posizione che è sempre quella di non “avere nessuna verità assoluta in cui credere e di non avere nessuna certezza in tasca”.

[...]

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Podcast curato da Pietro Cesare
Riferimenti bibliografici: clicca qui.

… o, si potrebbe dire, sogno numero tre, dove il conflitto continua e dalle barricate, passando per il processo, si trasferisce nell’animo, nell’intimo del protagonista e con cui inizia la seconda parte dell’album, il lato B del vinile.

In una dimensione più psicologica, nella sublimazione onirica, la richiesta di negoziazione, di addivenire a più miti consigli, conduce il sogno e l’udienza in cui la stessa è ambientato in un’altra direzione, trasformandoli in una conversazione, in un colloquio alla pari, dove l’asimmetria tra organo giudicante e imputato si azzera.

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In questi tre brani di stampo “onirico” (“reichiani”, come li definisce Dané), l’album vive un equilibrio narrativo, che è anche un equilibrio psicologico, raggiunto apparentemente dall’impiegato, allorquando finisce per ritrovarsi, sempre all’interno di quella dimensione, nei più rassicuranti panni del padre.

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Dopo essere stato chiamato a decidere di se stesso e in piena autonomia sull’esito del processo, il giudice, quasi come ad incalzarlo, gli chiede delle sue reali intenzioni per un progetto di vita e, in alternativa ai sogni che non fanno svegliare, gli offre il posto del padre.

Gli scenari che gli si prospettano, mentre riflette sull’accettazione, eventuale, pura e semplice della proposta, sono una galleria di immagini che, in filigrana, paiono rivelare altre richieste dei movimenti sessantottini. In una celebre intervista a Gianni Minà, De André, con particolare riguardo al poeta beat Gregory Corso, al quale, nell’occasione, regalò una copia dell’album, ebbe a sottolinearne l’importanza nei confronti di quella generazione, avendo rivestito, anche per lui stesso, uno sprone significativo nello scrivere laddove Dante Alighieri, invece, a suo parere, aveva chiuso una porta poiché sembrava che, dopo di lui, nessun altro potesse esprimersi, scrivere o esprimersi scrivendo. E questa è una di quelle cifre che caratterizzarono le proteste: cioè, la rivendicazione di una maggiore libertà espressiva.

C’era poi quella di un più concreto riconoscimento del diritto allo studio, laddove Berto, compagno di scuola, figlio di un’umile lavandaia, vistoselo negare, continua, nel suo anelito verso la conoscenza, a imparare a contare ma sulle antenne dei grilli. Successivamente, il protagonista, si vede prendere il posto del padre. Finisce per identificarsi col più potente dei simboli del potere che avrebbe voluto eliminare, quello genitoriale. Con tutto il carico che sempre più spesso appartiene a quel clichè … il naufragio di una relazione coniugale, ad esempio, in una immedesimazione quasi totale, negli anni in cui cominciavano i primi movimenti sul divorzio.

Le voci che si levavano sul tema in quegli anni e soffiate da quei venti di protesta affiorano anche nell’immagine dell’ultimo figlio, “il meno voluto”, col “suo primo hashish”, in cui ribollono le problematiche nascenti sia dall’interruzione di gravidanza, sia dalla tragicità dell’assunzione di droghe.

Così, egli comprende le perplessità e le difficoltà di quella determinata realtà, fatta davvero di sogni da cui sempre più spesso non ci si sveglia o da cui non ci si vuole svegliare. Il fiume di immagini e il risveglio hanno un sapore sempre più angoscioso e pericoloso, “prendono fuoco”,
tanto da proiettarlo, fiondarlo repentinamente fuori dal sogno e a ricominciare da capo nel suo intento rivoluzionario.

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I tentennamenti ideologici, pur presenti qua e là nel disco e derivanti dalla collaborazione con i coautori, non distolgono De André dalla sua posizione che è sempre quella di non “avere nessuna verità assoluta in cui credere e di non avere nessuna certezza in tasca”.

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Podcast curato da Pietro Cesare
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