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i pezzi miei | s01e09 / il grande romanzo italiano i pezzi miei

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in questo ultimo episodio (nel 10, che in realtà è l'undicesimo, che registro e pubblico in settimana, farò solo un bilancino di questo progetto, così, a braccio) passo in esame gli anni (molti, oramai quasi dieci) in cui ho provato, senza molto successo, a prendermi sul serio e a scrivere qualcosa di 'grande'.

riassumendo molto, così se a qualcuno non interessa può levarsi dal cazzo subito: parlo di mio nonno, della mia ossessione per franzen e per le correzioni (e per quello che ci leggevo io dentro le correzioni e che forse non c’era dentro le correzioni). e poi parlo del dolore - un termine tragico e inutilmente retorico che mi serve sia così però qui, perché parlo di quel dolore lì, il dolore che ci si concede, di cui non si fa mai a meno di parlare con gli altri, che giustifica imprese creative altrimenti - probabilmente - superflue o addirittura del tutto inutili. il dolore che ho sempre presunto fosse il comune denominatore delle nostre vite così apparentemente diverse eppure così clamorosamente simili se guardate con il filtro della sola miseria (che è uguale per tutti, pensavo). dolore che alla fine, invece, forse è diverso anche quello.

il pezzo che leggo è una bozza su medium, ma non credo uscirà a breve.

in questo ultimo episodio (nel 10, che in realtà è l'undicesimo, che registro e pubblico in settimana, farò solo un bilancino di questo progetto, così, a braccio) passo in esame gli anni (molti, oramai quasi dieci) in cui ho provato, senza molto successo, a prendermi sul serio e a scrivere qualcosa di 'grande'.

riassumendo molto, così se a qualcuno non interessa può levarsi dal cazzo subito: parlo di mio nonno, della mia ossessione per franzen e per le correzioni (e per quello che ci leggevo io dentro le correzioni e che forse non c’era dentro le correzioni). e poi parlo del dolore - un termine tragico e inutilmente retorico che mi serve sia così però qui, perché parlo di quel dolore lì, il dolore che ci si concede, di cui non si fa mai a meno di parlare con gli altri, che giustifica imprese creative altrimenti - probabilmente - superflue o addirittura del tutto inutili. il dolore che ho sempre presunto fosse il comune denominatore delle nostre vite così apparentemente diverse eppure così clamorosamente simili se guardate con il filtro della sola miseria (che è uguale per tutti, pensavo). dolore che alla fine, invece, forse è diverso anche quello.

il pezzo che leggo è una bozza su medium, ma non credo uscirà a breve.

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