20 episodi

Uno dei viaggi più conosciuti e ambiti dagli uomini facoltosi del passato, il Grand Tour in Italia, è nato anche grazie a Goethe e al suo racconto emozionante lungo la penisola. Lasciati trasportare in questo viaggio e rivivi il tragitto del grande poeta e scrittore tedesco.
In questa seconda puntata Goethe lascia il lago di Garda e ammira l'arena di Verona, le ville Palladiane a Vicenza e le statue di Padova.
Una produzione Loquis
Editing: Andrea Calvo
Voce: Niccolò Morrone
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Il Viaggio in Italia di Goethe Loquis Originals

    • Cultura e società
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Uno dei viaggi più conosciuti e ambiti dagli uomini facoltosi del passato, il Grand Tour in Italia, è nato anche grazie a Goethe e al suo racconto emozionante lungo la penisola. Lasciati trasportare in questo viaggio e rivivi il tragitto del grande poeta e scrittore tedesco.
In questa seconda puntata Goethe lascia il lago di Garda e ammira l'arena di Verona, le ville Palladiane a Vicenza e le statue di Padova.
Una produzione Loquis
Editing: Andrea Calvo
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    3 settembre 1786, Carlsbad - Karlovy Vary -

    3 settembre 1786, Carlsbad - Karlovy Vary -

    Alle 3 del mattino partii di soppiatto da Carlsbad, Karlovy Vary, alle 3 del mattino, all'insaputa di tutti: altrimenti non mi avrebbero lasciato andar via,. Gli amici, che avevan voluto festeggiare con tanta cortesia il ventotto agosto, mio natalizio, s'erano acquistati anche il diritto di trattenermi un po' di più, ma oramai non m'era più possibile differire. Salii, del tutto solo in una sedia di posta, le carrozze che mettevano a disposizione alla posta per i viaggiatori, portando con me soltanto un portamantello ed una valigia [...]

    4 settembre 1786, Waldassen

    4 settembre 1786, Waldassen

    Toccata appena la Baviera, s’incontra la badia di Waldsassen possessione stupenda di quei membri del clero, i quali furono avveduti prima degli altri uomini. Giace in fondo ad una valle, o per meglio dire di un vero bacino, al centro di stupende praterie, attorniate da colline di dolce pendìo, e fertilissime. Le proprietà del monastero si stendono, a grande distanza, tutto intorno. Il terreno è formato di argilla, e di ardesia decomposte. Il quarzo che si trova pure nei monti di questa specie, e che non si scioglie nè si decompone, rende la terra mobile, leggera, e pertanto fertile. Le acque scendono all’Eger ed all’Elba, e si continua a salire sino a Thirschenreuth. Da questo si scende verso mezzogiorno, e le acque vanno al Danubio.

    Mi formo facilmente un’idea di ogni contrada, osservando attentamente il corso delle acque, la loro direzione, ed il bacino, o conca fluviale, a cui appartengono; e dopo di ciò, anche nelle regioni le quali che si percorrono soltanto di sfuggita è facile formarsi anche un idea del complesso dei monti e delle valli. Da quel punto comincia una strada postale di tale bontà che non la si potrebbe immaginare migliore: la ghiaia granitica, e la terra argillosa con le quali è formata, si uniscono così bene, da formare una massiciata dura, compatta, e liscia, quanto mai si possa dire. Per contro, non è nè bella, nè fertile la contrada attraversata da quella strada stupenda; non si scorgono che pianure sabbiose, ed in parte anche paludose. Siccome però si scende sempre, si viaggia rapidamente verso i confini della Boemia.

    5 settembre 1786, Ratisbona

    5 settembre 1786, Ratisbona

    Il mattino seguente, verso le dieci, arrivai a Ratisbona. Avevo quindi già impiegato trentanove ore a percorrere ventiquattro miglia e mezzo di strada. La posizione di Ratisbona è propriamente amena, i dintorni allettavano a fondarvi una città, ed anche qui il clero non ha perso tempo. Quasi tutto il territorio della città gli appartiene; e a Ratisbona le chiese sorgono a fianco di altre chiese, i monasteri a fianco di altri monasteri.

    Il Danubio mi ricorda la parte antica di Magonza. A Francoforte il fiume ed i ponti porgono migliore aspetto, ma qui, dal fiume, la vista è comunque molto gradevole. Mi affrettai ad andare al collegio dei gesuiti, dove vi era lo spettacolo che danno gli allievi ogni anno; vidi la fine dell’opera, ed il principio della tragedia. Quei giovani non recitavano male, non erano inferiori a qualsiasi compagnia di dilettanti, ed erano pure vestiti splendidamente. Ed anche questa pubblica rappresentazione mi persuase sempre più dell’accortezza dei gesuiti. Nulla trascurano di quanto vale ad acquistare influenza, e lo sanno trattare con amore, e con avvedutezza [...] e nello stesso modo che adornano splendidamente le loro chiese, sanno pure, piegarsi ai gusti mondani, innalzando un teatro, intorno al quale nulla vi è da ridire.
    [...] Le loro chiese, i loro campanili, tutti i loro edifici hanno aspetto grandioso, imponente, che ispira agli uomini, senza che neppure questi se ne avvedano, rispetto. Nella decorazione delle loro chiese fanno un tale sfoggio d’oro, d’argento, di metalli, di marmi preziosi, che deve propriamente acciecare i poveri, che pongono il piede al loro interno.
    Si adopera qui per le costruzioni una singolare qualità di pietra, di aspetto cupo, antico, di natura porosa...una specie di porfido di colore verdastro [...] Avrei desiderato prenderne un campione con me, ma pesano e ho giurato di non caricarmi più di sassi in questo viaggio.

    6 settembre, Kunstareal, Monaco di Baviera

    6 settembre, Kunstareal, Monaco di Baviera

    Arrivai a Monaco alle sei del mattino, ma non essendomi trattenuto più di dodici ore, poco ne potrei dire. Nella galleria dei quadri vidi cose pregevoli, e gli schizzi di Rubens della galleria del Lussemborgo, mi procurarono molta soddisfazione.
    Vidi pure un bellissimo modello della colonna Traiana. Il fondo è di lapis lazzuli, le figure sono in oro; e quantunque non la si possa dire opera d’arte seria, però la si contempla con piacere.
    Nella sala delle sculture antiche ho capito, che i miei occhi non ancora abituati a quella vista, e per non sprecare il tempo, mi trattenni poco. Molte cose non mi producono impressione, senza che io valessi a rendermi conto del motivo. La mia attenzione fu fissata da un Druso; mi piacquero molto due Antonini, e così ancora alcuni altri oggetti. Nel gabinetto di storia naturale trovai oggetti pregevoli, del Tirolo specialmente, dei quali avevo visto già campioni in piccolo, ed anzi taluni ne possedo.
    Trovai una donna la quale vendeva fichi, ed essendo i primi che io abbia gustato, mi parvero eccellenti, ma l’uva sotto il quarantottesimo grado, non si può dire ancora buona. Qui tutti si lagnano dell’umidità e del freddo, e infatti nell’arrivare trovai una nebbiaccia, alla quale si sarebbe quasi potuto dare il nome di pioggia. [...] Ora, mentre vi scrivo, il sole che sta per tramontare illumina la sommità di un campanile, che spunta davanti alla mia finestra. Vogliate scusarmi se vi parlo così di sovente del vento, del sole, e della pioggia. Il viaggiatore si trova alle dipendenze del tempo, e sarebbe spiacevole dovessi trovare, viaggiando, un autunno altrettanto cattivo, quanto la pessima estate che ho vissuto a casa.

    7 settembre 1786, Mittenwald

    7 settembre 1786, Mittenwald

    Erano le quattro e mezzo, quando arrivai a Wallensee, e a un'ora di distanza da questa località, mi avvenne un caso curioso. Incontrai un uomo che portava un arpa, accompagnato da una sua figlia, di undici anni circa, che il padre mi pregò di accogliere nella mia carrozza. [...] Feci sedere al mio fianco la ragazza, [...] una creaturina graziosa, educata, e assuefatta a girare il mondo. Era già stata con sua madre a piedi alla Madonna di Einsiedeln, ed erano sul punto di intraprendere il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, quando la madre venne a morire, e non potè compiere il suo voto. Quella ragazza aveva grande devozione per la Vergine[...] Narrava di aver visto coi propri occhi una casa rovinata da un grande incendio, e un'immagine della Madonna sotto vetro che stava sopra la porta, rimasta totalmente illesa, la qual cosa non si poteva spiegare in altro modo, che per mezzo di un miracolo. Aveva fatti tutti i suoi viaggi a piedi; ultimamente aveva suonato a Monaco alla presenza del principe elettore. Parlava propriamente benino; aveva occhi neri, grandi e belli, una fronte intelligente, che talvolta si corrugava diventando seria. Parlava con grazia, con naturalezza, soprattutto sorrideva in modo fanciullesco; per contro quando taceva pareva stesse riflettendo, e faceva con il labbro superiore una smorfia propriamente curiosa. Le parlai di molte cose [...] Mi domandò il nome di un albero. Era un grande acero, il primo ch’io avessi incontrato lungo il cammino. Mi disse che stava andando alla fiera di Bolzano, dove supponeva fossi diretto pure io, e mi disse che qualora io l’avessi incontrata, avrei dovuto farle regalo, cosa che io le promisi.

    8 settembre 1786, Innsbruck e dintorni

    8 settembre 1786, Innsbruck e dintorni

    Innsbruck giace stupendamente in una valle ampia e fertile, circondato da alte rupi, e da monti. Volevo fermarmi, ma non si trovarono stanze. Mi divertì per poco tempo con il figliuolo dell’albergatore, giovane vivacissimo. La città era tutta addobbata a festa per solennizzare la Natività della Madonna. Tutti si avviavano a Wilden, punto di pellegrinaggio, un santuario a tre quarti d’ora dalla città, sui monti, e quando ripartì, la mia carrozza era attorniata dall folla variopinta, lieta, e chiassosa.
    Partendo da Innsbruck la strada diventa sempre più pittorica. Si entra in una gola, dove corre un affluente dell’Inn, e la vista varia ad ogni istante. Mentre la strada sale sù per una rupe ripida, e quasi la si può dire scavata in quella, la pendice di fronte scende più dolcemente al basso, tutta coltivata. Si vedono sorgere sulle rupi fra i boschi, o posare su piccoli alti piani villaggi, case, casipole, capanne, il tutto colorato accuratamente di bianco. Ad una certa altezza lo spettacolo cambia; si scorgono pascoli salire fino alla sommità dei monti.

    Poco per volta l’oscurità venne crescendo; i particolari si perdevano; non si scorgeva più che il paesaggio nel suo complesso, ma sempre più grandioso, più splendido. Questo pure a sua volta scomparì, ma non tardò a ricomparire ai raggi della luna sorta sulle vette nevose, ed aspettai che il giorno venisse a rendere la luce a questa gola alpestre, nella quale mi trovavo, stretto ai confini fra il mezzogiorno e il settentrione.

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