98 episodi

Prologo.
Mi chiamo Fabio Fabiano sono un giallista appassionato di storia del crimine ed ho deciso di raccontarvi la mafia d’america. Per narrare questo fenomeno ho quasi perso la vista leggendo i rapporti ufficiali dell’FBI, quelli dei dipartimenti di polizia degli stati che l'hanno combattuta, le leggi, le sentenze dei Tribunali, gli articoli della stampa e dalle pubblicazioni più autorevoli. E’ stato un lavoro duro ma credetemi ne è valsa proprio la pena. Dopo tanto impegno e studio sono approdato ad un’importante conclusione. Pensate è la stessa a cui arrivò un ragazzo siciliano, ucciso dilaniato dall'esplosivo mafioso nel 1978. Questo ragazzo si chiamava Peppino Impastato è a lui che si deve questa asserzione che io condivido pienamente “La mafia è una montagna di m***a” e ciò vale sia per quella italiana che per quella americana.
Ho impiegato molto tempo ma adesso mi è tutto chiaro, la mafia siciliana più che essere stata trapiantata negli Stati Uniti è da considerarsi un ibrido tra il modello criminale isolano e quello statunitense. Ciò è dovuto alla sua storia che si è svolta tra le due sponde e agli scambi durati più di un secolo tra l’isola e il continente americano.
Dobbiamo riflettere sul fatto che la mafia come fenomeno criminale ottenne la popolarità planetaria grazie alla centralità dell’esperienza statunitense e alla sua diffusione tramite l’industria cinematografica. E vi posso garantire che se la mafia fosse un fenomeno ristretto all'ambito isolano siciliano non avrebbe avuto mai la sua triste e sinistra rilevanza mondiale.

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STORIA DELLA MAFIA AMERICANA Fabio Fabiano

    • Cultura e società
    • 4,0 • 4 valutazioni

Prologo.
Mi chiamo Fabio Fabiano sono un giallista appassionato di storia del crimine ed ho deciso di raccontarvi la mafia d’america. Per narrare questo fenomeno ho quasi perso la vista leggendo i rapporti ufficiali dell’FBI, quelli dei dipartimenti di polizia degli stati che l'hanno combattuta, le leggi, le sentenze dei Tribunali, gli articoli della stampa e dalle pubblicazioni più autorevoli. E’ stato un lavoro duro ma credetemi ne è valsa proprio la pena. Dopo tanto impegno e studio sono approdato ad un’importante conclusione. Pensate è la stessa a cui arrivò un ragazzo siciliano, ucciso dilaniato dall'esplosivo mafioso nel 1978. Questo ragazzo si chiamava Peppino Impastato è a lui che si deve questa asserzione che io condivido pienamente “La mafia è una montagna di m***a” e ciò vale sia per quella italiana che per quella americana.
Ho impiegato molto tempo ma adesso mi è tutto chiaro, la mafia siciliana più che essere stata trapiantata negli Stati Uniti è da considerarsi un ibrido tra il modello criminale isolano e quello statunitense. Ciò è dovuto alla sua storia che si è svolta tra le due sponde e agli scambi durati più di un secolo tra l’isola e il continente americano.
Dobbiamo riflettere sul fatto che la mafia come fenomeno criminale ottenne la popolarità planetaria grazie alla centralità dell’esperienza statunitense e alla sua diffusione tramite l’industria cinematografica. E vi posso garantire che se la mafia fosse un fenomeno ristretto all'ambito isolano siciliano non avrebbe avuto mai la sua triste e sinistra rilevanza mondiale.

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    PROLOGO

    PROLOGO

    Prologo.
    Mi chiamo Fabio Fabiano sono un giallista appassionato di storia del crimine ed ho deciso di raccontarvi la mafia d’america. Per narrare questo fenomeno ho quasi perso la vista leggendo i rapporti ufficiali dell’FBI, quelli dei dipartimenti di polizia degli stati che l'hanno combattuta, le leggi, le sentenze dei Tribunali, gli articoli della stampa e dalle pubblicazioni più autorevoli. E’ stato un lavoro duro ma credetemi ne è valsa proprio la pena. Dopo tanto impegno e studio sono approdato ad un’importante conclusione. Pensate è la stessa a cui arrivò un ragazzo siciliano, ucciso dilaniato dall'esplosivo mafioso nel 1978. Questo ragazzo si chiamava Peppino Impastato è a lui che si deve questa asserzione che io condivido pienamente “La mafia è una montagna di m***a” e ciò vale sia per quella italiana che per quella americana.
    Ho impiegato molto tempo ma adesso mi è tutto chiaro, la mafia siciliana più che essere stata trapiantata negli Stati Uniti è da considerarsi un ibrido tra il modello criminale isolano e quello statunitense. Ciò è dovuto alla sua storia che si è svolta tra le due sponde e agli scambi durati più di un secolo tra l’isola e il continente americano.
    Dobbiamo riflettere sul fatto che la mafia come fenomeno criminale ottenne la popolarità planetaria grazie alla centralità dell’esperienza statunitense e alla sua diffusione tramite l’industria cinematografica. E vi posso garantire che se la mafia fosse un fenomeno ristretto all'ambito isolano siciliano non avrebbe avuto mai la sua triste e sinistra rilevanza mondiale.

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    • 2 min
    LE GRAVI DIFFICOLTÀ DI INTEGRAZIONE

    LE GRAVI DIFFICOLTÀ DI INTEGRAZIONE

    Buona parte dell’opinione pubblica americana percepiva gli immigrati italiani di quel periodo come "ultimi, diversi, poiché di religione cattolica, in generale godevano di pessima reputazione, infatti si affrontano in duelli con coltelli ed erano vendicativi". Provenivano per lo più dal Mezzogiorno d’Italia e non parlano la lingua inglese.

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    • 4 min
    NON È L’AMERICAN DREAM

    NON È L’AMERICAN DREAM

    Non è l’american dream a spingere i nostri migranti a raggiungere le coste americane. La storia dell'emigrazione italiana fu ricca di tragedie individuali e collettive, sfruttamento, schiavismo, incidenti sul lavoro che provocarono stragi. Una delle più tragiche avvenne il 6 dicembre 1907, nella miniera di carbone di Monongah, West Virginia dove morirono 362 minatori di cui 171 le vittime "ufficiali" italiane.

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    • 2 min
    I FATTI DI NEW ORLEANS

    I FATTI DI NEW ORLEANS

    I FATTI DI NEW ORLEANS
    A differenza di quanto si può pensare, la mafia fece la sua prima comparsa ufficialmente documentata negli Stati Uniti nel 1890 a New Orleans e non a New York. Il 5 ottobre 1890, il capo della polizia di New Orleans Capitano Hennessy, fu ucciso in un agguato da alcuni uomini, che l'opinione pubblica riteneva fossero italiani. Hennessy era molto popolare e ben visto a New Orleans Già in quegli anni nella città bagnata dal Mississippi era presente una comunità di circa un migliaio di migranti italiani, giunti con quelle che venivano definite le “Barche dei limoni”, così dette per il loro carico di agrumi che trasportavano assieme ai migranti italiani provenienti dal mezzogiorno d’Italia.In quella città del sud degli Stati Uniti era in corso una faida tra le famiglie criminali dei Provenzano e quella dei Matragna. Oggetto del contendere era il controllo degli affari illeciti del porto. Il capo della polizia aveva messo sotto accusa ed arrestati diversi elementi della famiglia Provenzano ed il processo di appello era in arrivo. A seguito dell'omicidio L'opinione pubblica pressò la polizia affinché fossero presi gli assassini. La risposta non tardò ad arrivare e furono tratti in arresto 19 italiani lì residenti. I sospettati vennero incarcerati nella prigione della Parrocchia. A conclusione del processo, svoltosi a marzo, alcuni di questi furono assolti. Ciò determinò la reazione violenta degli abitanti tanto che il giorno dopo un'enorme folla si formò fuori dalla prigione. I facinorosi forzarono le porte della prigione ed 11 degli arrestati furono linciati a morte. Alcuni riuscirono a sfuggire al linciaggio tra questi Charles Matragna. A causa di questo terribile fatto di sangue, si trattò del più grave linciaggio di massa avvenuto in America, i rapporti diplomatici tra il governo statunitense e quello italiano si incrinarono. Di rilievo è la sentenza del Grand Jury di New Orleans, che nel 1891, chiamato a pronunciarsi in merito a quei fatti criminosi, sentenziò: “La portata delle nostre indagini ha individuato l’esistenza della organizzazione segreta denominata mafia.”

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    • 5 min
    L’IMMIGRAZIONE A NEW YORK

    L’IMMIGRAZIONE A NEW YORK

    Adesso spostiamo la nostra storia a New York. In quegli anni l’industria americana si sviluppava a ritmi serrati. L’intera nazione era assetata di manovalanza, erano sempre di più ricercati uomini robusti da impegnare in cave, miniere, ferrovie, scavi e costruzioni. Il centro di questo sviluppo era proprio New York, una delle città più prosperose e cosmopolita del mondo. L’ottanta per cento delle società con i fatturati più grossi d'america avevano sede in questa metropoli. Tutto avveniva in quelle strade, infatti si incrociavano i capitali provenienti da Wall Street con la manodopera dei migranti italiani sbarcata dai transatlantici a Ellis Island. Nell’isola li attendevano un centinaio di ispettori e ufficiali sanitari all'interno di un enorme centro per l’immigrazione. I Migranti venivano interrogati sulle loro prospettive di lavoro e gli uomini dovevano dimostrare di possedere già un’occupazione ad attenderli e dovevano possedere il denaro per mantenersi. Venivano anche visitati per accertare che non avessero delle malattie. Coloro che erano sospettati di essere affetti da patologie venivano trattenuti per ulteriori accertamenti all’interno del centro e segnati con delle lettere in base alla malattia sospettata. Coloro che venivano dichiarati non idonei venivano rispediti al loro paese d’origine. Finiti i controlli l'ondata di migranti si riversò sulla “est side” degli Stati uniti d’america. I primi italiani che si stabilirono a New York nel 1870 provenivano dalle città industrializzate del nord Italia. Erano per lo più operai specializzati e professionisti e ricevettero un’accoglienza cordiale. Con la seconda e più numerosa ondata, avvenuta intorno al 1980, l’immigrazione verso gli Stati Uniti fu sostenuta dai governi liberali italiani come necessaria valvola di sfogo per riuscire in parte a limitare il malcontento in alcune zone, in special modo nel Mezzogiorno. Erano per lo più contadini poveri e ignoranti.
    E’ anche vero che in alcune aree degli Stati Uniti l’integrazione procedette meglio rispetto che in altre: in un articolo pubblicato dal New York Times il 6 ottobre 1895, sul quartiere di Little Italy a Manhattan, si affermava:
    “Dopo aver imparato i nostri costumi, sono diventati cittadini industriosi”.
    Ma a questa vicenda positiva se ne contrapposero anche tante negative. Successe anche che alcuni lavoratori furono ingaggiati nelle piantagioni di canna da zucchero in Louisiana, di fatto andarono a sostituire gli schiavi liberati qualche anno prima. I lavoratori italiani si sentirono esclusi dalla società sudista, a larga maggioranza protestante, tanto da solidarizzare spontaneamente con la comunità dei neri liberi, trattandoli da pari.
    Intorno al 1910 il numero degli italiani che vivevano a New York era di quasi mezzo milione di cui due terzi tra coloro che arrivavano erano uomini. Essi vivevano in promiscuità e nella quasi totale assenza di igiene. Vivendo in comunità così chiuse riproducevano il microcosmo della società che avevano lasciato in Italia. Per gran parte dei Siciliani e dei napoletani gli Stati Uniti erano solo un luogo dove lavorare guadagnare spendere il meno possibile accumulare il denaro per poi progettare di ritornare a vivere in patria. Gli italiani che venivano concentrati presso l’Ellis Island venivano trovati quasi tutti in possesso di armi, pistole, coltelli. In America allora non vi era una legge che vietasse il porto di queste armi e pertanto la città si riempì di uomini armati. Altro elemento che favorì la l'infiltrazione di criminali in America fu l'inesistente collaborazione tra le autorità di polizia italiane e quella degli Stati Uniti. In realtà il governo americano si interessava di conoscere i precedenti dei singoli soggetti in Italia solo quando si trattava di delin quenti che si erano macchiati di diversi gravi delitti in America e avevano pertanto intenzione di espellerli.
    I quartieri in cui andavano ad abi

    • 8 min
    DON VITO CASCIO FERRO

    DON VITO CASCIO FERRO

    Vito Cascioferro. può essere considerato il tramite tra le organizzazioni criminali dalla Sicilia con quelle già ramificate negli Stati Uniti. Ai tempi dei fasci siciliani si avvicinò ai movimenti socialisti e anarchici che chiedevano l'occupazione dei latifondi, tanto da emergere quale presidente dei Fasci di Bisacquino nel 1892. La sua spregiudicata ambivalenza gli permette di costruire una rete di traffici, connivenze, favori, omicidi, avvalendosi anche del sostegno popolare che vede in lui un paladino degli oppressi, in quel momento diventa agli occhi dei suoi conterranei un Padrino. Processato per questa vicenda ricevette una condanna a tre anni. Per sfuggire alla sorveglianza speciale della polizia in Sicilia, partì per gli Stati Uniti. Arrivò a New York City alla fine di settembre 1901. Con lo scopo di controllare meglio il traffico dei migranti alloggiò presso la sorella a Manhattan. A Little Italy diventa una figura di spicco degli ambienti mafiosi. Si può attribuire a lui l’invenzione di Cosa Nostra negli Stati Uniti e la creazione del racket, parola che deriva dal nostro “ricatto”. A lui è attribuita la parola ‘pizzo.’ Termine che deriva dalla frase “Fateci bagnare u’pizzu”, cioè il becco. Don Vito viene anche accolto come un rivoluzionario dagli anarchici italiani immigrati tra i quali cerca manovalanza per i suoi crimini. E’ proprio dagli anarchici che Cascioferro prende il simbolo della Mano Nera. L'ambiente anarchico americano era il risultato dell'oppressione degli italiani nella società americana ed era spesso contiguo a quello della mafia. Secondo la fonte più accreditata morì per cause naturali nel 1945, mentre scontava la pena nel carcere dell'Ucciardone a Palermo, come un comune delinquente, nonostante fosse stato considerato uno dei capi della mafia di quei tempi sia in Italia che negli USA.

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    • 14 min

Recensioni dei clienti

4,0 su 5
4 valutazioni

4 valutazioni

May Frayn ,

Ottima idea, esecuzione di bassa qualità

Per quanto l’argomento sia molto interessante ed encomiabile lo sforzo dell’autore nel cercare tutte queste informazioni, questo podcast ha seri problemi di scrittura ed interpretazione che lo rendono noiosissimo. I testi (nonostante l’autore si definisca scrittore, con alcuni libri in curriculum) avrebbero bisogno di un forte editing visti i numerosi problemi di consecutio temporum, tempi dei verbi, utilizzo delle congiunzioni (esagerato) e di sinonimi (mancante). L’interpretazione soffre dell’incapacità di lettura a livello professionale, con pause legate a dove finisce la frase stampata sul foglio che sta leggendo e non alla punteggiatura (nonostante i testi li abbia scritti lui, sembra che li affronti per la prima volta quando registra il podcast). I nomi delle città americane vengono pronunciati in maniera non corretta ed il forte accento regionale non aiuta. Peccato.

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