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Verranno a chiederti del nostro amore. Storia di un impiegato, il podcast‪.‬ Storia di un impiegato. Il podcast.

    • Storia della musica

In origine recava un altro titolo, Lettera alla donna, ed è una lettera che dal carcere dove è stato rinchiuso, l’ex-impiegato scrive all’indirizzo della sua donna. Insieme al brano successivo, costituisce lo scioglimento narrativo dell’intera vicenda, degradando inesorabilmente verso il finale ultimo e definitivo; ma questo momento ne interrompe e ne addolcisce per un attimo il corso.

Partorita per esaudire la sua intenzione di scrivere, del Sessantotto, con un intento più poetico, su di essa dirà:“è venuta spontanea, forse perché mi ero accorto che il disco era arido, senza umanità”, ed è anche un brano in cui emerge quel motivo per cui De André si doleva di aver scritto l’album, nel momento in cui sembra di insegnare ad un altro come comportarsi.

E dal carcere dove ora è rinchiuso, a seguito del fallito attentato, l’impiegato inizia a prefigurarsi anche come la stampa si scaglierà su di lei per sbattere, come si suol dire, il mostro in prima pagina. Cosa lei risponderà di lui, cosa dirà sul suo conto? Ricorderà di come non siano riusciti a cambiarsi reciprocamente ma di come saranno stati condizionati dall’ambiente in cui vivevano.

Inanellando i ricordi dei vissuti insieme dai due, ecco un affresco in cui vengono alla luce, seppur mediati dal tema amoroso, nel tessuto narrativo che così continua ad allargarsi e ad ampliarsi, altri generi di rivendicazioni verso altri generi di autoritarismo.

Tasselli fondamentali delle lotte, infatti, furono anche quello sentimentale, la rivoluzione sessuale e quella femminista contro la presunta superiorità dell’uomo, in quel periodo storico in cui ancora vigeva il delitto d’onore. E poi c’è il benessere borghese, col suo potere corruttivo, a pesare come un macigno, “come una pietra al collo”, sulla loro relazione in cui si insinua, cercando di voler cambiare i loro ideali iniziali… riuscendoci. Il riserbo e il tatto dei racconti deandreiani qui si fondono con gli abbellimenti melodici di Piovani a sottolineare la condizione di stanca e di consunzione della relazione e di promesse, che vanno a corrente alternata e spesso sono destinate a spegnersi… nelle pieghe di riferimenti e allusioni, anche intimi, della vita di coppia che si combinano con un motivo melodico lineare che non si espande, si inviluppa, non riesce ad esprimersi compiutamente e non mette le ali, proprio come l’amore dei due protagonisti.

È la sola canzone dell’album che riproporrà durante i concerti, a parte la prima tournée che seguirà l’album, in cui Storia di un impiegato sarà riproposto per occupare l’intero primo tempo dello spettacolo.

[...]

Se, nell’album, la donna cui si rivolge è senza dubbio quella dell’impiegato, sono emerse perplessità su chi ne fosse l’ispiratrice nella realtà. Fuori dal gossip, a detta di Fabrizio, “l’ho scritta per la mia ragazza di allora, che poi è la stessa per la quale ho composto Giugno ‘73. Non è né la mia prima moglie né Dori, ma una donna di cui sono stato molto innamorato”.

[...]

Nei versi conclusivi, alla stregua di quanto operato nel sogno dal giudice nei suoi confronti, nella realtà è il protagonista ad esortare lei ad una scelta. Se già in precedenza ha avuto modo di invitarla a riflettere sul senso di una relazione amorosa, se la stessa debba valere per quello che è o meramente per avercela garantita, nel finale c’è il tempo per un’esortazione e una richiesta al contempo ad una scelta coscienziosa, già difficile di per sé per l’incertezza che la caratterizza, mettendo la destinataria, indirettamente, soprattutto in guardia dai compromessi.

In una scelta d’amore, si sa, entrano in gioco i fattori più svariati: intesa, complicità, passione, poesia… e l’amore, come ricordano una canzone francese di quel periodo e, in seguito, Fromm nel suo Avere o essere?, è figlio, non a caso, della libertà, fine non ultimo del disordine di quei sogni, sostanziati anche d’amore.

In origine recava un altro titolo, Lettera alla donna, ed è una lettera che dal carcere dove è stato rinchiuso, l’ex-impiegato scrive all’indirizzo della sua donna. Insieme al brano successivo, costituisce lo scioglimento narrativo dell’intera vicenda, degradando inesorabilmente verso il finale ultimo e definitivo; ma questo momento ne interrompe e ne addolcisce per un attimo il corso.

Partorita per esaudire la sua intenzione di scrivere, del Sessantotto, con un intento più poetico, su di essa dirà:“è venuta spontanea, forse perché mi ero accorto che il disco era arido, senza umanità”, ed è anche un brano in cui emerge quel motivo per cui De André si doleva di aver scritto l’album, nel momento in cui sembra di insegnare ad un altro come comportarsi.

E dal carcere dove ora è rinchiuso, a seguito del fallito attentato, l’impiegato inizia a prefigurarsi anche come la stampa si scaglierà su di lei per sbattere, come si suol dire, il mostro in prima pagina. Cosa lei risponderà di lui, cosa dirà sul suo conto? Ricorderà di come non siano riusciti a cambiarsi reciprocamente ma di come saranno stati condizionati dall’ambiente in cui vivevano.

Inanellando i ricordi dei vissuti insieme dai due, ecco un affresco in cui vengono alla luce, seppur mediati dal tema amoroso, nel tessuto narrativo che così continua ad allargarsi e ad ampliarsi, altri generi di rivendicazioni verso altri generi di autoritarismo.

Tasselli fondamentali delle lotte, infatti, furono anche quello sentimentale, la rivoluzione sessuale e quella femminista contro la presunta superiorità dell’uomo, in quel periodo storico in cui ancora vigeva il delitto d’onore. E poi c’è il benessere borghese, col suo potere corruttivo, a pesare come un macigno, “come una pietra al collo”, sulla loro relazione in cui si insinua, cercando di voler cambiare i loro ideali iniziali… riuscendoci. Il riserbo e il tatto dei racconti deandreiani qui si fondono con gli abbellimenti melodici di Piovani a sottolineare la condizione di stanca e di consunzione della relazione e di promesse, che vanno a corrente alternata e spesso sono destinate a spegnersi… nelle pieghe di riferimenti e allusioni, anche intimi, della vita di coppia che si combinano con un motivo melodico lineare che non si espande, si inviluppa, non riesce ad esprimersi compiutamente e non mette le ali, proprio come l’amore dei due protagonisti.

È la sola canzone dell’album che riproporrà durante i concerti, a parte la prima tournée che seguirà l’album, in cui Storia di un impiegato sarà riproposto per occupare l’intero primo tempo dello spettacolo.

[...]

Se, nell’album, la donna cui si rivolge è senza dubbio quella dell’impiegato, sono emerse perplessità su chi ne fosse l’ispiratrice nella realtà. Fuori dal gossip, a detta di Fabrizio, “l’ho scritta per la mia ragazza di allora, che poi è la stessa per la quale ho composto Giugno ‘73. Non è né la mia prima moglie né Dori, ma una donna di cui sono stato molto innamorato”.

[...]

Nei versi conclusivi, alla stregua di quanto operato nel sogno dal giudice nei suoi confronti, nella realtà è il protagonista ad esortare lei ad una scelta. Se già in precedenza ha avuto modo di invitarla a riflettere sul senso di una relazione amorosa, se la stessa debba valere per quello che è o meramente per avercela garantita, nel finale c’è il tempo per un’esortazione e una richiesta al contempo ad una scelta coscienziosa, già difficile di per sé per l’incertezza che la caratterizza, mettendo la destinataria, indirettamente, soprattutto in guardia dai compromessi.

In una scelta d’amore, si sa, entrano in gioco i fattori più svariati: intesa, complicità, passione, poesia… e l’amore, come ricordano una canzone francese di quel periodo e, in seguito, Fromm nel suo Avere o essere?, è figlio, non a caso, della libertà, fine non ultimo del disordine di quei sogni, sostanziati anche d’amore.

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