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Messe in streaming e altari portatili. La peste a Gorizia nel Seicento Epidemie nel tempo

    • 역사

Cos’hanno in comune gli altari portatili del Seicento e le messe in streaming del XXI secolo? Entrambi, a modo loro, sono stati strumenti che la Chiesa ha adottato per non far mancare, al popolo dei fedeli, la propria presenza in periodo di epidemia e di quarantena. In una città di confine, come fu ed è Gorizia, un ordine religioso in particolare, quello dei Gesuiti, si prodigò nel XVII secolo per fornire alla cittadinanza i servizi ecclesiastici essenziali. La peste si palesò a Gorizia nel 1682, con il tramite di un mercante proveniente dalle terre slave. Pronta e ferma fu la risposta delle autorità gesuitiche, che supplirono, tra le altre cose, all’assenza dei nobili cittadini, i quali alle prime avvisaglie della pestilenza se la diedero a gambe, rifugiandosi in campagna. I Gesuiti, noti soprattutto per le loro istituzioni educative, chiusero la propria scuola e la propria chiesa nei giorni immediatamente successivi alla registrazione del primo contagio. Al contempo, non rinunciarono a fornire ai fedeli i loro servizi spirituali e medici. Subito venne preparato un altare portatile, condotto nei pressi delle abitazioni cittadine per dare conforto a donne e uomini e per ricevere le elemosine. Si dovette aspettare il 1683 per veder cessare l’epidemia di peste a Gorizia. Ma l’esperienza insegnò - e insegna ancora oggi - che la Chiesa deve leggere con attenzione e solerzia i momenti di cambiamento, specie quelli che comportano l’allontanamento fisico dei fedeli dai luoghi di culto. Solo così l’Ecclesia può vincere le sfide che il tempo le presenta. In tempi barocchi come in epoca di dirette streaming.

Da un testo di Claudio Ferlan, ricercatore presso l’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler

Cos’hanno in comune gli altari portatili del Seicento e le messe in streaming del XXI secolo? Entrambi, a modo loro, sono stati strumenti che la Chiesa ha adottato per non far mancare, al popolo dei fedeli, la propria presenza in periodo di epidemia e di quarantena. In una città di confine, come fu ed è Gorizia, un ordine religioso in particolare, quello dei Gesuiti, si prodigò nel XVII secolo per fornire alla cittadinanza i servizi ecclesiastici essenziali. La peste si palesò a Gorizia nel 1682, con il tramite di un mercante proveniente dalle terre slave. Pronta e ferma fu la risposta delle autorità gesuitiche, che supplirono, tra le altre cose, all’assenza dei nobili cittadini, i quali alle prime avvisaglie della pestilenza se la diedero a gambe, rifugiandosi in campagna. I Gesuiti, noti soprattutto per le loro istituzioni educative, chiusero la propria scuola e la propria chiesa nei giorni immediatamente successivi alla registrazione del primo contagio. Al contempo, non rinunciarono a fornire ai fedeli i loro servizi spirituali e medici. Subito venne preparato un altare portatile, condotto nei pressi delle abitazioni cittadine per dare conforto a donne e uomini e per ricevere le elemosine. Si dovette aspettare il 1683 per veder cessare l’epidemia di peste a Gorizia. Ma l’esperienza insegnò - e insegna ancora oggi - che la Chiesa deve leggere con attenzione e solerzia i momenti di cambiamento, specie quelli che comportano l’allontanamento fisico dei fedeli dai luoghi di culto. Solo così l’Ecclesia può vincere le sfide che il tempo le presenta. In tempi barocchi come in epoca di dirette streaming.

Da un testo di Claudio Ferlan, ricercatore presso l’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler

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