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Ep. 05 | Umberto Saba | Cinque poesie per il gioco del calcio Lo stadio universale

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Il 15 ottobre 1933, per la sesta giornata del campionato di calcio di Serie A, allo stadio di Trieste, inaugurato l’anno precedente e intitolato al Littorio del regime fascista, la squadra di casa ospita l’Ambrosiana-Inter di Giuseppe Meazza. L’inviato della “Stampa” scrive che “Un pubblico foltissimo stipava tutti gli spalti del bel campo della Triestina. Il terreno e l’atmosfera erano ideali”. È una partita di grande agonismo: i padroni di casa sono ancora imbattuti e reduci da un inizio di campionato eccezionale, con 2 vittorie e 3 pareggi, grazie ai quali si trovano al terzo posto in classifica. L’Ambrosiana è già in testa, è la grande favorita per la vittoria finale e intende mostrare a Trieste tutta la sua forza. Ad assistere a quella sfida così attesa, sugli spalti, c’è anche un uomo che si guarda intorno tra incredulità e sorpresa. È la prima volta che mette piede allo stadio della sua città, ed è affascinato dall’atmosfera di eccitazione che si respira tra i tifosi più che dalle giocate dei calciatori in mezzo al campo. Ed è probabile che anche tra i suoi concittadini ci sia chi non crede ai suoi occhi nel vedere lì, tra loro, quell’uomo che passa da anni le sue giornate circondato da polverosi volumi della sua libreria antiquaria di via San Nicolò. Quell’uomo era Umberto Saba.

La Trieste di Saba non è solo una città, con le sue vie, il porto, il mare; ma è una comunità, un popolo. In quegli anni, iniziavano a espandersi in città l’atmosfera sportiva e l’orgoglio per la propria squadra di calcio, specialmente nei luoghi pubblici dove la gente commentava le partite. E il poeta oscillò sempre tra un’attrazione incondizionata per il semplice entusiasmo dei tanti umili protagonisti del suo Canzoniere e la consapevolezza di una diversità culturale e sociale nei loro confronti. Umberto Saba non seguiva il calcio. Ma si sentiva, ed era, un uomo del popolo. Lo rivendicava da anni nelle sue poesie, come "Il garzone con la carriola", del 1913: «Spalanchi le finestre o scendi tu / tra la folla: vedrai che basta poco / a rallegrarti». E a rallegrarlo poteva essere appunto un ragazzo con la carriola che canta a gran voce e corre veloce in discesa, facendo «fracasso»: oppure un animale, o ancora «un gioco». Ecco, molti anni dopo Saba si ritrova quasi per caso a cercare di comprendere, in prima persona, questo gioco che rallegra ogni lunedì il suo socio Carlo, quando l’Unione Triestina conquista la vittoria.

Quelle due ore trascorse allo stadio lasceranno al poeta un’emozione profonda, che si tradurrà poi nella composizione di alcuni dei versi più memorabili della letteratura italiana. La prima apparizione a stampa di questi versi avviene il 22 novembre 1933 sul quotidiano “La gazzetta del popolo”, assieme a un’altra celebre poesia dedicata al calcio, "Squadra paesana". Si tratta del primo nucleo di quelle che diventeranno le “Cinque poesie per il gioco del calcio”, un vero e proprio «evento poetico» nella storia della letteratura italiana, considerando il ruolo di questo sport nella produzione in versi di molti altri poeti del Novecento. E sono oggi tra le poesie più citate, anche nelle antologie scolastiche, del poeta triestino.

Il 15 ottobre 1933, per la sesta giornata del campionato di calcio di Serie A, allo stadio di Trieste, inaugurato l’anno precedente e intitolato al Littorio del regime fascista, la squadra di casa ospita l’Ambrosiana-Inter di Giuseppe Meazza. L’inviato della “Stampa” scrive che “Un pubblico foltissimo stipava tutti gli spalti del bel campo della Triestina. Il terreno e l’atmosfera erano ideali”. È una partita di grande agonismo: i padroni di casa sono ancora imbattuti e reduci da un inizio di campionato eccezionale, con 2 vittorie e 3 pareggi, grazie ai quali si trovano al terzo posto in classifica. L’Ambrosiana è già in testa, è la grande favorita per la vittoria finale e intende mostrare a Trieste tutta la sua forza. Ad assistere a quella sfida così attesa, sugli spalti, c’è anche un uomo che si guarda intorno tra incredulità e sorpresa. È la prima volta che mette piede allo stadio della sua città, ed è affascinato dall’atmosfera di eccitazione che si respira tra i tifosi più che dalle giocate dei calciatori in mezzo al campo. Ed è probabile che anche tra i suoi concittadini ci sia chi non crede ai suoi occhi nel vedere lì, tra loro, quell’uomo che passa da anni le sue giornate circondato da polverosi volumi della sua libreria antiquaria di via San Nicolò. Quell’uomo era Umberto Saba.

La Trieste di Saba non è solo una città, con le sue vie, il porto, il mare; ma è una comunità, un popolo. In quegli anni, iniziavano a espandersi in città l’atmosfera sportiva e l’orgoglio per la propria squadra di calcio, specialmente nei luoghi pubblici dove la gente commentava le partite. E il poeta oscillò sempre tra un’attrazione incondizionata per il semplice entusiasmo dei tanti umili protagonisti del suo Canzoniere e la consapevolezza di una diversità culturale e sociale nei loro confronti. Umberto Saba non seguiva il calcio. Ma si sentiva, ed era, un uomo del popolo. Lo rivendicava da anni nelle sue poesie, come "Il garzone con la carriola", del 1913: «Spalanchi le finestre o scendi tu / tra la folla: vedrai che basta poco / a rallegrarti». E a rallegrarlo poteva essere appunto un ragazzo con la carriola che canta a gran voce e corre veloce in discesa, facendo «fracasso»: oppure un animale, o ancora «un gioco». Ecco, molti anni dopo Saba si ritrova quasi per caso a cercare di comprendere, in prima persona, questo gioco che rallegra ogni lunedì il suo socio Carlo, quando l’Unione Triestina conquista la vittoria.

Quelle due ore trascorse allo stadio lasceranno al poeta un’emozione profonda, che si tradurrà poi nella composizione di alcuni dei versi più memorabili della letteratura italiana. La prima apparizione a stampa di questi versi avviene il 22 novembre 1933 sul quotidiano “La gazzetta del popolo”, assieme a un’altra celebre poesia dedicata al calcio, "Squadra paesana". Si tratta del primo nucleo di quelle che diventeranno le “Cinque poesie per il gioco del calcio”, un vero e proprio «evento poetico» nella storia della letteratura italiana, considerando il ruolo di questo sport nella produzione in versi di molti altri poeti del Novecento. E sono oggi tra le poesie più citate, anche nelle antologie scolastiche, del poeta triestino.

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