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Magazine di riferimento della Rete Due sulle questioni scientifiche. Si occupa sia dei grandi temi che riguardano direttamente la nostra vita quotidiana (inquinamento, allergie, alimentazione) sia delle ricerche di laboratorio (medicinali, nuove scoperte, invenzioni) sia di questioni che coinvolgono le scienze umanistiche, psicologia, filosofia. Partecipa così, con stile divulgativo, al dibattito su alcuni fondamentali temi di società.

Il giardino di Albert RSI - Radiotelevisione svizzera

    • Wetenschap

Magazine di riferimento della Rete Due sulle questioni scientifiche. Si occupa sia dei grandi temi che riguardano direttamente la nostra vita quotidiana (inquinamento, allergie, alimentazione) sia delle ricerche di laboratorio (medicinali, nuove scoperte, invenzioni) sia di questioni che coinvolgono le scienze umanistiche, psicologia, filosofia. Partecipa così, con stile divulgativo, al dibattito su alcuni fondamentali temi di società.

    Il dolore di sentirsi esclusi

    Il dolore di sentirsi esclusi

    Può succedere a chiunque ed è un’esperienza dolorosa… il sentirsi esclusi provoca un dolore che è pari a un dolore fisico. Le neuroscienze sociali hanno mostrato che quando viviamo un’esperienza di esclusione sociale si attivano le stesse aree cerebrali del dolore fisico. Oggi, l’esclusione passa spesso attraverso il mondo virtuale dei social… un gruppo whatsapp, o una qualsiasi social community… ma i meccanismi che si attivano nel cervello sono gli stessi. L’impatto però è diverso. Ma quanto fa male sentirsi esclusi? Spesso l’esclusione nasce in contesti persecutori, in cui si diventa vittime di bulli… o di cyberbulli. Sentirsi esclusi fa male a ogni età, ma in una mente giovane, in un cervello che sta crescendo, come quello di un adolescente, può avere conseguenze molto gravi, che possono portare anche a pensieri suicidari. Parlare di suicidio fra giovani è ancora oggi un tabù, si porta dietro uno stigma pesante, eppure è un fenomeno in aumento e affrontarlo a viso aperto può contribuire a ridurne l’incidenza. Di esclusione, cyberbullismo e del dolore sociale che ne deriva parleremo nel Giardino di Albert con Rosalba Morese, neuroscienziata dell’USI, esperta in neuroscienze sociali e Matteo Angelo Fabris psicologo e ricercatore presso l’Università di Torino.

    • 26 min.
    Cos’è la scienza?

    Cos’è la scienza?

    Che cos’è la scienza? Chi non è mai entrato in un laboratorio, chi si è fatto un’idea solo a scuola, o ascoltando qualche scienziato, è probabile che ne abbia un’immagine distorta o quantomeno semplificata. Abbiamo una vaga idea del lavoro e del pensiero di scienziati icone come Galileo o Einstein, usiamo le loro caricature per accompagnare l’immagine di una scienza che difficilmente corrisponde a quella che loro stessi avevano. Pensiamo che parlare di scienza significhi solo aver a che fare con la ricerca di una verità assoluta, con teorie, dati, esperimenti, con ciò che chiamiamo realtà… e ci dimentichiamo del ruolo fondamentale che hanno concetti come quello di errore, interpretazione, immaginazione, approssimazione e soprattutto che la scienza è un frutto del pensiero umano. A partire da alcune considerazioni sul concetto di verità nella scienza e sul lavoro dello scienziato fatte dal premio Nobel Thomas Südhof, dell’Università di Stanford, in occasione della presentazione, organizzata dalla Fondazione Sir John Eccles, del Piano nazionale per la salute cerebrale, lo scorso 26 aprile presso il Teatro Sociale di Bellinzona - Piano di cui lo stesso Südhof è uno degli autori - ci siamo chiesti cosa sia la scienza, se esista davvero il tanto decantato metodo scientifico a cui si fa riferimento ogni volta che citiamo il padre della scienza moderna, Galileo Galilei; ma anche cosa sia la verità? Quale sia il ruolo dell’esperienza nella conoscenza scientifica? Domande non scontate che ho affrontato con l’epistemologo Fabio Minazzi, filosofo della scienza dell’Università dell’Insubria, allievo di Ludovico Geymonat, e relatore della serata di Bellinzona: ne è emersa una riflessione che parte da Galileo, trova risonanze nei filosofi greci e con Einstein arriva fino ai giorni nostri, offrendoci un’immagine della scienza molto diversa dalla vulgata comune, ma più feconda, complessa e attuale.

    • 25 min.
    Trattato globale sulla plastica

    Trattato globale sulla plastica

    “Planet vs plastic” (il Pianeta contro la plastica) è il tema scelto dagli organizzatori dell’Earth Day 2024 ed è una «chiamata alle armi», come ha dichiarato Kathleen Rogers, presidente di Earth Day «una richiesta di agire ora per porre fine al flagello della plastica e salvaguardare la salute di ogni essere vivente sul nostro pianeta». L’obiettivo che ci si pone è quello della riduzione del 60% della produzione di plastica entro il 2040. Un obiettivo ambizioso se pensiamo che ogni anno nella sola Svizzera consumiamo circa un milione di tonnellate di materie plastiche. Quest’anno la Giornata della Terra ha coinciso con lo svolgimento della quarta e penultima fase dei negoziati per un trattato globale contro l’inquinamento da plastica. Alla sessione – che si è tenuta ad Ottawa, in Canda - hanno partecipato oltre 2.500 delegati, in rappresentanza di 170 paesi e oltre 480 organizzazioni di osservatori, tra cui organizzazioni non governative, organizzazioni intergovernative ed enti delle Nazioni Unite.La decisione di adottare uno strumento internazionale fu presa nel marzo 2022, in occasione della ripresa della quinta sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, con una storica risoluzione che chiedeva al Direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (l’UNEP) di convocare un Comitato di Negoziazione Intergovernativo per sviluppare un approccio globale che potesse affrontare l’intero ciclo di vita della plastica. Ne parliamo con Stefano Aliani, dirigente di ricerca all’istituto scienze marine del CNR – il consiglio nazionale delle ricerche – ad Ottawa in qualità di Membro del gruppo di esperti dell’International Science Council di Parigi e con Luisa Galgani, biologa e ricercatrice per il CNR attualmente impegnata in un progetto di ricerca sulla plastica nel mare.

    • 24 min.
    Neuro… architettura

    Neuro… architettura

    «Fare architettura – dice Renzo Piano – significa costruire edifici per la gente, università, musei, scuole, sale per concerti: sono tutti luoghi che diventano avamposti contro l’imbarbarimento». Un misto di arte e tecnica, il mestiere dell’architetto è sempre più terra di confine fra discipline, e oggi si arricchisce di competenze che arrivano anche dalle neuroscienze. Come dice lo studioso Harry Mallgrave, autore di testi come L’empatia degli spazi, l’architettura non è un’astrazione concettuale, è una pratica incarnata, e lo spazio architettonico si costituisce prima di tutto attraverso un’esperienza emotiva e multisensoriale, e per questo le neuroscienze possono dare un contributo importante alla progettazione e costruzione dei luoghi in cui viviamo. Il legame fra neuroscienze e architettura è stato anche al centro del Salone del mobile 2024 di Milano: in particolare, lo studio Lombardini22 che ha progettato due padiglioni secondo principi fondati su conoscenze neuroscientifiche, in collaborazione con il Myspace lab dell’Università di Losanna, ha condotto uno studio sperimentale per capire l’efficacia di una tale progettazione. Oggi, nel nostro Giardino della scienza esploreremo questi confini, incontrando chi ha condotto lo studio e la sperimentazione presso il Salone del mobile, Federica Sanchez, architetta e neuroscienziata di Lombardini22 e Tommaso Bertoni, fisico e neuroscienziato del Myspace Lab.

    • 25 min.
    Una memoria di ghiaccio

    Una memoria di ghiaccio

    Stiamo perdendo pezzi di memoria del nostro passato man mano che i ghiacciai scompaiono. I ghiacci perenni conservano informazioni importanti sul clima e sull’atmosfera che c’era sulla Terra in epoche remote. Informazioni essenziali per capire anche l’evoluzione del clima nel futuro. Al Paul Scherrer Institute, presso il Laboratorio di chimica ambientale, la Prof.ssa Margit Schwikowski, chimica e glaciologa, da molti anni svolge studi fondamentali sull’analisi delle carote di ghiaccio, da una parte all’altra del mondo, e oggi è impegnata col suo istituto in un progetto internazionale di recupero e conservazione di questa memoria, un progetto dal titolo emblematico “Ice Memory”, una vera e propria corsa contro il tempo per salvare la memoria conservata nei ghiacciai. Con lei lavora Francois Burgay, ricercatore e divulgatore, che con Margit Schwikowski condivide la passione per i ghiacciai, oggi per il Giardino di Albert ci ha aperto le porte del laboratorio dove lavora.

    • 23 min.
    Un’eclissi di sole particolare

    Un’eclissi di sole particolare

    È stata osservata nel cielo da oltre 40 milioni di nord-americani, dal Messico al Canada e da molti milioni di persone nel resto del mondo attraverso le dirette su vari siti Internet. Quella di lunedì 8 aprile è stata definita l’eclissi di sole (o eclisse, nella forma meno letteraria) più seguita della storia, anche tra le più spettacolari con i suoi quattro minuti e mezzo di totalità, in cui il giorno si è trasformato in quasi notte. Le eclissi di sole hanno sempre rappresentano per l’umanità un fenomeno celeste carico di meraviglia. In epoche remote, la scomparsa nel cielo diurno della nostra stella era considerata un presagio inquietante vissuto con timore ancestrale. In epoca moderna, le eclissi solari sono diventate fenomeni scientifici da… inseguire nel mondo intero, con manipoli di astronomi disposti ad affrontare pericolosi viaggi pur di poterle osservare. Quella celebre del 1919, ad esempio, fu un vero e proprio un fenomeno mediatico mondiale associato alla dimostrazione empirica della validità della teoria della relatività generale di Einstein. L’eclissi di sole americana dell’8 aprile scorso è diventata essa stessa un fenomeno di massa riunendo per alcune milioni di persone nell’impaziente attesa che il disco lunare coprisse completamente quello del sole. Cosa ci raccontano queste spettacolari manifestazioni della natura rispetto all’evoluzione del pensiero umano e della conoscenza astronomica? Ne abbiamo parlato con Marco Bersanelli, professore di fisica e astronomia all’Università degli studi di Milano, autore del libro Il grande spettacolo del cielo - Otto visioni dell’universo dall’antichità ai giorni nostri (Ed Sperling & Kupfer 2016).

    • 25 min.

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