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Calcolatrici e spietate. Agguerrite e spregiudicate. Non sono solo mogli, madri, sorelle e compagne, sono donne cresciute in un abisso che non rinnegheranno mai. Convinte di essere nel giusto in un mondo dove sono altre le leggi da rispettare e far rispettare. Ma soprattutto da tramandare e insegnare.

Maria Licciardi, Aurora Spanò, Patrizia Messina Denaro, Angela Di Trapani, Rosetta Cutolo, Cinzia Lipari, Angela e Teresa Strangio: Donne di mala che per anni hanno governato o aiutato alcune delle più note organizzazioni mafiose italiane. Donne che hanno cresciuto ed allevato i figli inculcando loro quei disvalori che fanno delle associazioni criminali italiane un unicum mondiale. Perché come nelle famiglie, sono loro il “nocciolo” duro dell'organizzazione. Dalla 'ndrangheta alla camorra, fino a cosa nostra.

Donne al vertice che prendono il posto di mariti, padri, fratelli e compagni carcerati e mandano avanti gli affari dei clan, le estorsioni, lo spaccio. Comandano agguati, si fanno scivolare addosso gli omicidi che servono per ristabilire l'ordine, quando questo viene incrinato da faide e guerre. Vestono gli abiti di “messaggere” per portare fuori dalle case circondariali gli ordini dei boss confinati al 41bis. Sfregiano i volti di chi non paga i debiti usurai o si permette il lusso di offendere e deridere le proprie persone. Dodici come gli apostoli, dodici come il numero che simboleggia l'unità, dodici Donne di mala che neanche da dentro una cella hanno mai guardato al loro passato provando pentimento e vergogna.

Dodici puntate, ognuna dedicata a una donna di mala, raccontate da Camilla Mozzetti con l'Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato.

Donne di mala Il Messaggero

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Calcolatrici e spietate. Agguerrite e spregiudicate. Non sono solo mogli, madri, sorelle e compagne, sono donne cresciute in un abisso che non rinnegheranno mai. Convinte di essere nel giusto in un mondo dove sono altre le leggi da rispettare e far rispettare. Ma soprattutto da tramandare e insegnare.

Maria Licciardi, Aurora Spanò, Patrizia Messina Denaro, Angela Di Trapani, Rosetta Cutolo, Cinzia Lipari, Angela e Teresa Strangio: Donne di mala che per anni hanno governato o aiutato alcune delle più note organizzazioni mafiose italiane. Donne che hanno cresciuto ed allevato i figli inculcando loro quei disvalori che fanno delle associazioni criminali italiane un unicum mondiale. Perché come nelle famiglie, sono loro il “nocciolo” duro dell'organizzazione. Dalla 'ndrangheta alla camorra, fino a cosa nostra.

Donne al vertice che prendono il posto di mariti, padri, fratelli e compagni carcerati e mandano avanti gli affari dei clan, le estorsioni, lo spaccio. Comandano agguati, si fanno scivolare addosso gli omicidi che servono per ristabilire l'ordine, quando questo viene incrinato da faide e guerre. Vestono gli abiti di “messaggere” per portare fuori dalle case circondariali gli ordini dei boss confinati al 41bis. Sfregiano i volti di chi non paga i debiti usurai o si permette il lusso di offendere e deridere le proprie persone. Dodici come gli apostoli, dodici come il numero che simboleggia l'unità, dodici Donne di mala che neanche da dentro una cella hanno mai guardato al loro passato provando pentimento e vergogna.

Dodici puntate, ognuna dedicata a una donna di mala, raccontate da Camilla Mozzetti con l'Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato.

    Maria Stella e Giovanna - Le donne di "Piddu" Madonia

    Maria Stella e Giovanna - Le donne di "Piddu" Madonia

    Maria Stella Madonia e Giovanna Santoro. Si potrebbero definire donne eccellenti e per il carisma e per la capacità di tenere in mano, per un periodo, la rotta di comando dentro cosa nostra nissena. La prima è la sorella e la seconda la moglie di Giuseppe Madonia, condannato all'ergastolo nel 2006 per le stragi di Capaci e di via D'Amelio. La sentenza divenne definitiva nel 2008. Con il dottor Marco Garofalo, direttore della Prima divisione del Servizio Centrale Operativo della polizia di Stato, racconteremo queste figure femminili, legate tra loro non solo da vincoli parentali, accomunate sì dalla stagione stragista di cosa nostra, ma ancor di più simboli di quella gestione del potere che ha tra i suoi punti cardinali il concetto di fedeltà e la seguente fidelizzazione. Un binomio che ha permesso loro non solo di essere rispettate ma anche ascoltate all'interno del groviglio criminale siciliano dove erano gli uomini i primi e soli a comandare. Una scriverà a Bernardo Provenzano per favorire all'interno di alcuni appalti un uomo di fiducia, l'altra si avvierà in tempi ancora non matura agli affari illeciti nelle scommesse. Entrambe commenteranno omicidi, come quello di Lorenzo Vaccaro, non solo per parlarne ma dando prova di essere non solo a conoscenza di quello che accadeva dentro cosa nostra ma di indirizzarne in un certo senso anche le sorti

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    Mamma eroina, la storia di Maria Serraino

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    La chiamavano così, mamma o nonna eroina, Maria Serraino morta nel 2017 all'età di 86 anni. Gran parte della sua vita l'ha trascorsa a Milano, foraggiando una delle principali piazze di spaccio con quella che era la droga del momento, dunque l'eroina, ma cambiando poi, come ha fatto la città che è diventata la “Milano da bere”, e sostituendo all'eroina la cocaina. Aveva messo su un impero e ai suoi piedi aveva un esercito di gente che spacciava e filava dritto. In strada ci aveva messo pure i ragazzini e questo lo vedremo nel corso della puntata le creò non pochi problemi. Antesignana anche delle consegne a domicilio, la Serraino faceva recapitare la droga in ogni dove, a tutti quelli che la chiedevano. E ci era partita da un piccolo comune di appena 1.300 abitanti che non si trova senza una cartina geografica a portata di mano: Cardeto, nella provincia di Reggio Calabria. Dunque eccola Mamma eroina e poi mamma cocaina raccontata oggi dal Tenente colonnello Andrea Leo, del servizio centrale del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri.

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    Angela Di Trapani - La "picciridda" di cosa nostra

    Angela Di Trapani - La "picciridda" di cosa nostra

    Da picciridda Maria Angela Di Trapani avrebbe voluto studiare, crearsi un futuro affrancandosi da quella famiglia che già negli anni ottanta comandava in una zona di Palermo. Lo dirà il fratello in una delle tante intercettazioni captate in carcere: "Maria Angela era brava poi però ci ha dovuto seguire" perché sia lui che il padre erano latitanti. E questo non fa di lei una persona "nobile" ma una persona debole. La Di Trapani, nata a Cinisi nell'aprile del 1968, sposerà poi uno degli appartenenti alla famiglia Madonia che nel quartiere di Resuttana aveva, alla stregua dei Di Trapani, il proprio peso. Da lì inizierà il suo percorso che la vedrà non solo "messaggera" prediletta del volere dei capi mandamento rinchiusi al 41 bis e il territorio ma anche abile e credibile interlocutrice all'interno di cosa nostra. La racconta in questa nuova puntata di Donne di Mala, il tenente colonnello Antonello Parasiliti, a capo del reparto anticrimine del Ros - il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri - di Palermo. Maria Angela Di Trapani prenderà parte alle decisioni che contano, come l'eliminazione di un capo mandamento quale Giovanni Bonanno. La Di Trapani parlerà per conto della propria famiglia con i vertici di cosa nostra, gestirà le risorse economiche della famiglia e non si pentirà. Nell'ultimo arresto datato 2017, uscirà di casa, con le manette ai polsi, il volto scoperto e lo sguardo alto. Quello di chi crede di essere nel giusto.

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    Teresa, la "reggente" della ndrina Gallico

    Teresa, la "reggente" della ndrina Gallico

    Nelle aule dei tribunali, dove si presentava in qualità di imputata, entrava sempre prima degli avvocati che la difendevano. A testa alta, con lo sguardo puntato dritto alla corte quasi in segno di sfida. Si chiama Teresa Gallico, attualmente al 41bis dopo esser stata condannata per associazione mafiosa. Si trova nel carcere di massima sicurezza de L'Aquila. Da qui uscirà - salvo ulteriori condanne al termine di altri processi che pure la riguardano - quando avrà ormai 80 anni ma fin da quando era una ragazza si è sporcata le mani, deliberatamente e senza mai esitazione, con gli affari sporchi dell'omonima famiglia. Tutt'altro che clan secondario, quello dei Gallico: attiva fin dagli anni Settanta del secolo scorso questa 'ndrina ha conquistato il potere imponendosi su altre famiglie nel territorio di Palmi, in Calabria. Tolti i "capi" Domenico e Giuseppe che pure condannati all'ergastolo hanno sempre impartito ordini, Teresa Gallico è stata la vera reggente della cosca per anni. Ha gestito gli affari e le estorsioni, rappresentando un modello "unico" di donna di mala sullo scenario criminale calabrese, come racconta, in questa nuova puntata, Alfonso Iadevaia, oggi dirigente della Squadra Mobile di Reggio Calabria. "La Gallico - dice - va oltre le regole della 'ndrangheta stessa".

    • 33 мин.
    Nella Serpa e la sua "Tela di ragno"

    Nella Serpa e la sua "Tela di ragno"

    Paola, in provincia di Cosenza, è una piccola cittadina che si affaccia sul mar Tirreno. Qui, per un reiterato errore storico, si crede che la 'ndrangheta non abbia messo radici ma la storia di Nella Serpa racconta tutt'altro. Chi la conosceva prima ancora che decidesse di scalare l'omonima cosca mettendo da parte cugini e parenti, non avrebbe scommesso su di lei. La chiamavano la "bionda" per via dei suoi capelli chiari e per il colorito della carnagione. Docile all'apparenza riuscì, animata da una sete di vendetta, a diventare l'unico capo della cosca. Strinse alleanze con famiglie criminali di Cosenza, coprì latitanze e foraggiò l'acquisto di armi al fine solo di avere poi le spalle coperte. E quando le ammazzarono il fratello, decise di vendicarsi e ci riuscì: il mandante di quell'omicidio fu crivellato di colpi mentre si trovava in un ristorante su quella statale che da Scalea costeggia tutta la costa, uno degli esecutori fu fatto a pezzi e buttato in una porcilaia. Nella Serpa voleva "firmare" quegli omicidi ma dovette "accontentarsi" di restare a guardare: non è bene, in certi contesti, che i capi si sporchino le mani. La sua storia la raccontiamo con il Tenente Colonnello Giovanni Migliavacca a capo del Ros - il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri - di Catanzaro. Nella Serpa tuttavia anche per quegli omicidi nonché per i reati di estorsione e associazione mafiosa è stata condannata all'ergastolo. Non si è mai pentita. E' tuttora detenuta al 41bis nel carcere di massima sicurezza de L'Aquila.

    • 13 мин.
    Occhi di ghiaccio - La donna del clan Licciardi

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    Donna minuta e pure aggraziata con lo sguardo vitreo, lo sguardo di chi non conosce sentimenti. Uno dei suoi soprannomi più celebri sarà appunto "occhi di ghiaccio" anche se Maria Licciardi, nata nella primavera del 1951, passerà alla storia come la mamma della camorra. A raccontare il carattere e la caratura criminale saranno, in questa nuova puntata di "Donne di mala" la dottoressa Nunzia Brancati a capo della Divisione Anticrimine della Questura di Napoli e il tenente colonnello Andrea Manti, comandante del reparto Anticrimine del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri di Napoli. Ambiziosa, decisa a vedersi riconoscere un ruolo non marginale all'interno del clan. Aiutata in questo anche dal marito, quel principe consorte come spiegava la dottoressa Brancati che proprio per il ruolo e la posizione che decise di assumere permise alla moglie di emergere. E donna poi intraprendente, quasi spavalda, a tal punto che alla fine degli anni Novanta fu fermata casualmente durante un controllo in auto con una delle sorelle: trasportava quasi 300 milioni delle vecchie lire. Nasce così: come donna che pensava a mantenere le famiglie dei detenuti, a impartire gli ordini che arrivavano dal fratello, fino ad arrivare poi all'apice dell'alleanza di Secondigliano.

    • 52 мин.

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