Il Four Seasons di Milano Grand Hotel Italia

    • Platser och resor

Sono Mauro Delvai, concierge del Four Seasons di Milano, e faccio la differenza.
Al Four Seasons, quando abbiamo aperto, c’erano 98 camere e un personale di 150 ragazzi. A Milano per gli standard dell’epoca ci davano tra i due e i tre mesi di vita! Ma il servizio è ciò che fa la differenza. Un articolo uscito su «WWD», il giornale di moda americano, diceva che finalmente a Milano avevano aperto un vero albergo, dove se torni dopo le dieci di sera, puoi avere gli stessi servizi: lavanderia, servizio ai piani... E un servizio di concierge all’altezza che, in luoghi come questo, è altamente apprezzato. Il dottor Gallia diceva: «I portieri hanno un negozio in casa mia e non pagano l’affitto!» Ma la differenza la facevamo noi. Tanto che i clienti, quando sono altrove, ci chiamano per le richieste più strane. Un anno spedii negli Stati Uniti a un americano che si sposava trenta chili di mini gelati che faceva Bindi, quando era una pasticceria di Milano. C’era una principessa che doveva sposarsi cui piacevano le Pastiglie Leone. Andammo a Torino a comprare settantamila euro di prodotto: quando si sposano fanno regali a tutto il popolo. Un’altra volta mi trovai a fronteggiare un problema di ortodossia religiosa. Un cliente ebreo americano mi chiamò il 14 agosto dalla Costa Smeralda: «Domani devo fare un party in spiaggia per dodici persone però qui in Sardegna non c’è carne kosher...» L’impresa era disperata: tutti sanno che Milano a Ferragosto è una città fantasma. Ma ebbi un culo tremendo perché trovai la signora della macelleria che riordinava il negozio. Svuotammo tutti i frigoriferi. Il giorno dopo il vicedirettore partiva per la Sardegna. Sigillammo un bidone di plastica pieno di ghiaccio secco e carne. Il cliente lo recuperò all’aeroporto e il giorno dopo fece il suo party!
© add editore - Nicolò de Rienzo

Sono Mauro Delvai, concierge del Four Seasons di Milano, e faccio la differenza.
Al Four Seasons, quando abbiamo aperto, c’erano 98 camere e un personale di 150 ragazzi. A Milano per gli standard dell’epoca ci davano tra i due e i tre mesi di vita! Ma il servizio è ciò che fa la differenza. Un articolo uscito su «WWD», il giornale di moda americano, diceva che finalmente a Milano avevano aperto un vero albergo, dove se torni dopo le dieci di sera, puoi avere gli stessi servizi: lavanderia, servizio ai piani... E un servizio di concierge all’altezza che, in luoghi come questo, è altamente apprezzato. Il dottor Gallia diceva: «I portieri hanno un negozio in casa mia e non pagano l’affitto!» Ma la differenza la facevamo noi. Tanto che i clienti, quando sono altrove, ci chiamano per le richieste più strane. Un anno spedii negli Stati Uniti a un americano che si sposava trenta chili di mini gelati che faceva Bindi, quando era una pasticceria di Milano. C’era una principessa che doveva sposarsi cui piacevano le Pastiglie Leone. Andammo a Torino a comprare settantamila euro di prodotto: quando si sposano fanno regali a tutto il popolo. Un’altra volta mi trovai a fronteggiare un problema di ortodossia religiosa. Un cliente ebreo americano mi chiamò il 14 agosto dalla Costa Smeralda: «Domani devo fare un party in spiaggia per dodici persone però qui in Sardegna non c’è carne kosher...» L’impresa era disperata: tutti sanno che Milano a Ferragosto è una città fantasma. Ma ebbi un culo tremendo perché trovai la signora della macelleria che riordinava il negozio. Svuotammo tutti i frigoriferi. Il giorno dopo il vicedirettore partiva per la Sardegna. Sigillammo un bidone di plastica pieno di ghiaccio secco e carne. Il cliente lo recuperò all’aeroporto e il giorno dopo fece il suo party!
© add editore - Nicolò de Rienzo