11 min

0.4 Stomaco e Fegato Storie dal Cimitero

    • Drama

“Pronto… Ciao, sono io.”
“Ciao Leo, lo so che sei tu, ho visto il nome sullo schermo.”
“Volevo sapere come stai.”
“E come vuoi che stia? I bambini continuano a piangere. I miei genitori non la smettono di farmi domande e cercano di convincermi a ritornare a casa. Per il resto tutto bene.”
“Senti, perché non torni a casa così ne riparliamo con calma?”
“Certo, così costringiamo i bambini ad assistere all’ennesimo litigio!”
“Magari puoi lasciare i bambini dai tuoi, così ci prendiamo un attimo per noi. E poi, dopo aver chiarito, andiamo fuori a cena, così passiamo una bella serata insieme. Non è una bella idea?”
“Sei incredibile! Per te è tutto facile: ‘lascia i bambini dai tuoi’, tanto, come al solito, per te loro non esistono!”
“Ma perché devi dire così? Mi sto preoccupando per voi e sto cercando di sistemare le cose. Ti tendo la mano e tu me la mordi. Non potresti lasciar correre per una volta e cercare di essere costruttiva?”
“Ah, io sarei quella non costruttiva! Io sarei quella che dovrebbe lasciar correre!? Ma lo sai quante volte ho lasciato correre? Quante volte ho mandato giù per quieto vivere? E adesso sarei io quella stronza! Guarda, sei una roba incredibile!”
“Ma vedi come fai? Con te non si può parlare…”
“…”
“…”
“Senti Leo, cosa vuoi?”
“Mi sembra di essere stato chiaro: voglio che ritorni a casa.”
“Ascolta… Io ho già sentito un avvocato. Le ho spiegato tutta la situazione. Mi ha fatto tutta una serie di domande per capire se ci fosse una possibilità di riconciliazione, ma io sono stata irremovibile. Se non mi avessi chiamato tu lo avrei fatto io. Perché l’avvocato mi ha detto che non possiamo fare la consensuale. Anche se io da te non voglio nulla, dobbiamo per forza fare tutta la trafila, perché ci sono di mezzo dei minori. Quindi mi ha detto di chiamarti, perché anche tu devi prenderti il tuo avvocato, così loro possono portare avanti tutta la pratica.”
“…”
“Pronto? …Leo? …Ci sei ancora?”
“Sì, sì, ci sono…”
“Hai capito quello che ti ho detto!?”
“Sì, sì, ho capito.”
“Perfetto. Allora, appena lo senti, mandami un WhatsApp con i suoi recapiti, così li giro a Michela, che lo sentirà per sistemare il tutto.”
“…”
“Hai capito!?”
“Sì, ho capito.”
“E allora dì qualcosa! Cristo, mi sembra di parlare con un interdetto.”
“…”
“Senti, io adesso devo andare. Chiama subito l’avvocato! Al massimo domani mattina. Perché non ho voglia di fare come al solito, che devo ricordarti cinquecento volte di fare le cose e poi non le fai comunque. Sta storia la voglio tagliare fuori alla svelta. Hai capito!?”
“Capito.”
“Ciao Leo. Ci sentiamo.”
“Ciao Barbara.”
Il leone non ruggiva più. Non aveva più la forza di lottare. Era la prima volta che si trovava in quello stato d’animo. Una sensazione che non riusciva a definire. Era come se il suo corpo avesse perso ogni legame: i muscoli erano sordi agli stimoli dei nervi; i tendini slegati dalle ossa; il sangue non irrorava i tessuti; il cervello svuotato dai pensieri. Solo lo stomaco sembrava attivo. Sentiva una sorta di calore espandersi nelle viscere, che pulsava dolorosamente con una frequenza costante.
Rimase così per un paio di minuti con il cellulare in mano. Immobile. Incapace di muovere anche solo un dito. Leonardo rimase fermo, fissando il nulla.
Il suo ritorno alla realtà fu improvviso, come se una voce dentro di lui lo stesse spronando. Respirò profondamente, cercando di aspirare quell'energia invisibile che lo stava spingendo a reagire. Ogni respiro sembrava più pesante del precedente, eppure, con ogni esalazione, aveva la sensazione di riacquistare lucidità.
Poi, improvvisamente, sentì salire rapidamente un’ansia incontrollabile, una morsa che gli stringeva il petto con una forza inaspettata. La familiarità di quelle sensazioni non lo rassicurava; al contrario, gli ricordava quanto accaduto al

“Pronto… Ciao, sono io.”
“Ciao Leo, lo so che sei tu, ho visto il nome sullo schermo.”
“Volevo sapere come stai.”
“E come vuoi che stia? I bambini continuano a piangere. I miei genitori non la smettono di farmi domande e cercano di convincermi a ritornare a casa. Per il resto tutto bene.”
“Senti, perché non torni a casa così ne riparliamo con calma?”
“Certo, così costringiamo i bambini ad assistere all’ennesimo litigio!”
“Magari puoi lasciare i bambini dai tuoi, così ci prendiamo un attimo per noi. E poi, dopo aver chiarito, andiamo fuori a cena, così passiamo una bella serata insieme. Non è una bella idea?”
“Sei incredibile! Per te è tutto facile: ‘lascia i bambini dai tuoi’, tanto, come al solito, per te loro non esistono!”
“Ma perché devi dire così? Mi sto preoccupando per voi e sto cercando di sistemare le cose. Ti tendo la mano e tu me la mordi. Non potresti lasciar correre per una volta e cercare di essere costruttiva?”
“Ah, io sarei quella non costruttiva! Io sarei quella che dovrebbe lasciar correre!? Ma lo sai quante volte ho lasciato correre? Quante volte ho mandato giù per quieto vivere? E adesso sarei io quella stronza! Guarda, sei una roba incredibile!”
“Ma vedi come fai? Con te non si può parlare…”
“…”
“…”
“Senti Leo, cosa vuoi?”
“Mi sembra di essere stato chiaro: voglio che ritorni a casa.”
“Ascolta… Io ho già sentito un avvocato. Le ho spiegato tutta la situazione. Mi ha fatto tutta una serie di domande per capire se ci fosse una possibilità di riconciliazione, ma io sono stata irremovibile. Se non mi avessi chiamato tu lo avrei fatto io. Perché l’avvocato mi ha detto che non possiamo fare la consensuale. Anche se io da te non voglio nulla, dobbiamo per forza fare tutta la trafila, perché ci sono di mezzo dei minori. Quindi mi ha detto di chiamarti, perché anche tu devi prenderti il tuo avvocato, così loro possono portare avanti tutta la pratica.”
“…”
“Pronto? …Leo? …Ci sei ancora?”
“Sì, sì, ci sono…”
“Hai capito quello che ti ho detto!?”
“Sì, sì, ho capito.”
“Perfetto. Allora, appena lo senti, mandami un WhatsApp con i suoi recapiti, così li giro a Michela, che lo sentirà per sistemare il tutto.”
“…”
“Hai capito!?”
“Sì, ho capito.”
“E allora dì qualcosa! Cristo, mi sembra di parlare con un interdetto.”
“…”
“Senti, io adesso devo andare. Chiama subito l’avvocato! Al massimo domani mattina. Perché non ho voglia di fare come al solito, che devo ricordarti cinquecento volte di fare le cose e poi non le fai comunque. Sta storia la voglio tagliare fuori alla svelta. Hai capito!?”
“Capito.”
“Ciao Leo. Ci sentiamo.”
“Ciao Barbara.”
Il leone non ruggiva più. Non aveva più la forza di lottare. Era la prima volta che si trovava in quello stato d’animo. Una sensazione che non riusciva a definire. Era come se il suo corpo avesse perso ogni legame: i muscoli erano sordi agli stimoli dei nervi; i tendini slegati dalle ossa; il sangue non irrorava i tessuti; il cervello svuotato dai pensieri. Solo lo stomaco sembrava attivo. Sentiva una sorta di calore espandersi nelle viscere, che pulsava dolorosamente con una frequenza costante.
Rimase così per un paio di minuti con il cellulare in mano. Immobile. Incapace di muovere anche solo un dito. Leonardo rimase fermo, fissando il nulla.
Il suo ritorno alla realtà fu improvviso, come se una voce dentro di lui lo stesse spronando. Respirò profondamente, cercando di aspirare quell'energia invisibile che lo stava spingendo a reagire. Ogni respiro sembrava più pesante del precedente, eppure, con ogni esalazione, aveva la sensazione di riacquistare lucidità.
Poi, improvvisamente, sentì salire rapidamente un’ansia incontrollabile, una morsa che gli stringeva il petto con una forza inaspettata. La familiarità di quelle sensazioni non lo rassicurava; al contrario, gli ricordava quanto accaduto al

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