Costanza Monti Perticari Pietre Parlanti

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Una targa tutta per te no, eh? Dovevi essere la figlia di, la moglie di e di chi poi... E allora, cara Costanza, questa pietra parlante è per te e per tutte quelle che furon lì lì ma non furono.
-Sei nata in questa casa di via dei Prefetti 22, nel 1792, da Teresa Pikler, attrice chiacchierata che ti amò ben poco e da papà Vincenzo, Monti, il poeta. T’adorava, ma sempre a caccia di un potente da adulare non aveva tempo per te. Così ti mandò in Romagna, a studiare dalle Orsoline.
-Crescevi bene, piena di grazia, dottissima, un gioiello. Poi, come sempre accade, perle ai porci. A 20 anni convolasti a nozze con un conte pesarese scelto da mamma, che al solito scelse per te il peggio.
-Pretese una cospicua dote, in cambio ti offrì titoli e corna e se provavi a prenderti i tuoi spazi la macchina del fango in moto andava.
-Ma tu volevi solo essere qualcuno perchè sapevi fare tutto, prosa, poesia, teatro, per poi non dire del tuo amato Dante, che commentavi con perizia vera. Oltre la siepe volevi volare, così convincesti il conte a trasferirvi a Roma, la tua città, che tua, però non era più.
–Gente oziosa, ladra e peggio se vi è, qual contrasto fra Roma antica e Roma ora meschina scrivevi disperata. Nella Biblioteca Vaticana non potevi entrare, nei salotti del Papa non volevi, il signor conte continuava a rincorrere sottane, ebbe anche un figlio, mentre il tuo morì neonato.
-Tornaste a Pesaro, più lontani che mai. Il conte si ammalò, i medici non capirono, morì. Contro di te l’inferno, dicevano perfino l’avessi avvelenato. Fu tutto un combattere, per discolparti, per la tua dote. E quando, finalmente, dalle tue Orsoline, ti rifugiasti a tirare il fiato, nel petto un sussulto: il primo segnale del tumore che ti portò via, a nemmeno 50 anni.

Una targa tutta per te no, eh? Dovevi essere la figlia di, la moglie di e di chi poi... E allora, cara Costanza, questa pietra parlante è per te e per tutte quelle che furon lì lì ma non furono.
-Sei nata in questa casa di via dei Prefetti 22, nel 1792, da Teresa Pikler, attrice chiacchierata che ti amò ben poco e da papà Vincenzo, Monti, il poeta. T’adorava, ma sempre a caccia di un potente da adulare non aveva tempo per te. Così ti mandò in Romagna, a studiare dalle Orsoline.
-Crescevi bene, piena di grazia, dottissima, un gioiello. Poi, come sempre accade, perle ai porci. A 20 anni convolasti a nozze con un conte pesarese scelto da mamma, che al solito scelse per te il peggio.
-Pretese una cospicua dote, in cambio ti offrì titoli e corna e se provavi a prenderti i tuoi spazi la macchina del fango in moto andava.
-Ma tu volevi solo essere qualcuno perchè sapevi fare tutto, prosa, poesia, teatro, per poi non dire del tuo amato Dante, che commentavi con perizia vera. Oltre la siepe volevi volare, così convincesti il conte a trasferirvi a Roma, la tua città, che tua, però non era più.
–Gente oziosa, ladra e peggio se vi è, qual contrasto fra Roma antica e Roma ora meschina scrivevi disperata. Nella Biblioteca Vaticana non potevi entrare, nei salotti del Papa non volevi, il signor conte continuava a rincorrere sottane, ebbe anche un figlio, mentre il tuo morì neonato.
-Tornaste a Pesaro, più lontani che mai. Il conte si ammalò, i medici non capirono, morì. Contro di te l’inferno, dicevano perfino l’avessi avvelenato. Fu tutto un combattere, per discolparti, per la tua dote. E quando, finalmente, dalle tue Orsoline, ti rifugiasti a tirare il fiato, nel petto un sussulto: il primo segnale del tumore che ti portò via, a nemmeno 50 anni.