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Viene vissuta convenzionalmente come una scelta individuale: fare o non fare figli, oppure quanti figli fare. Viene spesso associata esclusivamente alla dimensione femminile, quasi sempre in relazione all’identità della donna. Questo progetto serve a dimostrare che la Natalità è soprattutto altro: è il Futuro.
Associare le due parole, Natalità e Futuro, vuol dire fare una netta scelta di campo. Non a favore della maternità, o meglio della genitorialità, che deve restare un’esperienza libera e non imposta o suggerita. Non servono campagne pro-vita. Si tratta invece di una scelta di campo che si fonda sulle implicazioni sociali, economiche e culturali del tema demografico.
Partendo da alcune evidenze da approfondire: la desiderabilità individuale e quella sociale della genitorialità, che spesso non coincidono; le storie che descrivono il viaggio alla ricerca di un figlio, non sempre lineare e non per forza positivo; le decisioni della politica economica e quelle della classe dirigente che contribuiscono a creare l’ambiente esterno, fatto di opportunità ma anche di ostacoli per la natalità; le conseguenze del calo, o del declino demografico, per lo sviluppo del Paese e per la tenuta del sistema previdenziale e di welfare.

La Natalità è Futuro Fortune Italia

    • Health & Fitness

Viene vissuta convenzionalmente come una scelta individuale: fare o non fare figli, oppure quanti figli fare. Viene spesso associata esclusivamente alla dimensione femminile, quasi sempre in relazione all’identità della donna. Questo progetto serve a dimostrare che la Natalità è soprattutto altro: è il Futuro.
Associare le due parole, Natalità e Futuro, vuol dire fare una netta scelta di campo. Non a favore della maternità, o meglio della genitorialità, che deve restare un’esperienza libera e non imposta o suggerita. Non servono campagne pro-vita. Si tratta invece di una scelta di campo che si fonda sulle implicazioni sociali, economiche e culturali del tema demografico.
Partendo da alcune evidenze da approfondire: la desiderabilità individuale e quella sociale della genitorialità, che spesso non coincidono; le storie che descrivono il viaggio alla ricerca di un figlio, non sempre lineare e non per forza positivo; le decisioni della politica economica e quelle della classe dirigente che contribuiscono a creare l’ambiente esterno, fatto di opportunità ma anche di ostacoli per la natalità; le conseguenze del calo, o del declino demografico, per lo sviluppo del Paese e per la tenuta del sistema previdenziale e di welfare.

    Silvia Misiti: “Finanziare il futuro: il ruolo delle fondazioni”

    Silvia Misiti: “Finanziare il futuro: il ruolo delle fondazioni”

    Un altro duro colpo alla natalità: al 31 dicembre 2021 i residenti in Italia sono scesi a quota 58.983.122 per effetto di quello che ormai gli esperti chiamano inverno demografico. Il calo della popolazione residente in Italia fa registrare un -0,4%, con 399.431 nuovi nati, in diminuzione dell'1,3% rispetto al 2020. In questi mesi ci siamo interrogati su come  contribuire a invertire questo trend, oggi ne parliamo con Silvia Misiti, della Fondazione per la ricerca scientifica di Ibsa.

    Nell’Italia che si scontra con il calo continuo delle nascite, come trasformare la sfida della denatalità in un’opportunità? "Stiamo vivendo un momento di crisi e grande trasformazione, una transizione che si collega con quella dell'intera società. Pensiamo solo al dibattito sulla fluidità del concetto di genere". Come tutti i momenti di transizione, "questa fase offre anche delle opportunità per declinare in modo diverso il concetto di famiglia, di genitorialità. Ed è proprio su tutto questo che ci si può interrogare", risponde Misiti, invitando a "riappropriarsi della scienza come componente significativa di risposta a un cambiamento". Misiti pensa a "una scienza partecipata", che sappia coinvolgere le persone.

    Quale può essere il ruolo delle Fondazioni per affrontare la crisi della natalità? "Le Fondazioni - risponde Misiti - hanno una grande opportunità. Le aziende hanno numerosi vincoli produttivi e di risultato, elementi che non sono facilitanti rispetto all'assunzione del rischio di sperimentare nuove soluzioni".

    Le Fondazioni, al contrario, "possono uscire da questi perimetri più classici, legati al business, e possono avere un ruolo di guida, approfondimento. Possono andare oltre, anticipare delle azioni, sperimentare nuove tematiche culturali, o metodologie". In questo quadro la Fondazione Ibsa, "che nasce nel 2012, può interpretare un ruolo come laboratorio e motore d'innovazione. La cultura per noi è lavorare sulle rappresentazioni sociali, la contaminazione dei saperi. Un lavoro su una cultura immateriale, intesa come risorsa per il benessere della persona. La nostra è anche una Fondazione internazionale, e questo ci permette di attrarre competenze diversificate anche a livello internazionale".

    Qual è l’obiettivo, in questo senso, di Fondazione Ibsa? "La genitorialità è stata uno dei temi chiave dell'attività della nostra Fondazione - dice Misiti - Ci sono i progetti relativi all'education, dai progetti formativi che abbiamo scelto di far partire con le scuole medie, alle borse di studio per incentivare lo sviluppo dei talenti e il sostegno alla ricerca. Poi abbiamo scienza, cultura e arte: tutto gioca un ruolo nell'ottico della ricerca della sperimentazione".

    Misiti ricorda il progetto Let's science, "un percorso creativo plurisensoriale di divulgazione scientifica, accompagnando ragazzi e professori in un percorso di approfondimento", diventato anche una collana di 10 volumi a fumetti. "Poi abbiamo il progetto 'Parole fertili'" sulla fertilità , "che si è trasformato nel tempo, aggregando una community sempre più numerosa. 'Parole fertili' è un grande laboratorio, per sperimentare come cultura e salute possano assumere importanti dimensioni di cura". Il tema dell'infertilità "è sicuramente una grande sfida, che non possiamo considerare solo sotto il profilo medico". E con lo stesso spirito "dobbiamo affrontare il tema della natalità e della denatalità, se vogliamo davvero fare la differenza".

    • 9 min
    Giuliana Salmaso: Cos'è e a cosa serve il life-design

    Giuliana Salmaso: Cos'è e a cosa serve il life-design

    Nell'Italia delle culle sempre più vuote conciliare vita e lavoro non è sempre semplice, e l'impresa si è complicata in pandemia, un periodo in cui molte coppie hanno rinviato il progetto di un figlio. Un aiuto a sostegno della natalità (e non solo) può arrivare da un approccio innovativo, il life design. Ne parliamo con Giuliana Salmaso, architetto esperta in spazi che rigenerano, co-fondatrice dell’associazione di Life Design “La Tua Svolta”.

    Che cos’è il life design e in che modo può essere alleato della natalità? "Il life design è una tecnica efficace che permette ad ogni persona di immaginare con chiarezza la vita che vuole vivere e di redigere un piano d'azione per realizzarla - spiega Salmaso - E' la progettazione di un percorso strutturato verso la realizzazione dei propri desideri". Pensiamo a un Gps, suggerisce l'architetto, dove il punto di partenza è la situazione attuale la destinazione è l'obiettivo desiderato e la rotta è il piano d'azione. "Proprio perché la natalità è futuro, il life design può essere lo strumento ideale per architettare con lucidità il percorso più efficace per passare da dove si è, alla gioia di tenere tra le braccia il proprio figlio".

    Come la scelta di avere un figlio deve essere inserita in un progetto di vita? "La ricerca scientifica - ricorda Salmaso - mostra come una vita piena gratificante e realizzata nasca dall'equilibrio di 7 aree del benessere che sono: la dimensione del benessere fisico, di quello ludico, relazionale, evolutivo, lavorativo, finanziario e spazio-ambientale (che comprende la propria abitazione e l'area geografica dove si abita o si vorrebbe abitare). L'arrivo di un figlio impatta spesso come uno tsunami su ognuna di queste dimensioni. Ecco che, per evitare stress e conflitti", spiega l'esperta, quando inizia a delinearsi il desiderio di avere un figlio, "è una buona idea intraprendere un percorso di life design che lo includa all'interno del proprio progetto di vita". Per una scelta di natalità consapevole, ma anche per "creare lo spazio fisico, mentale ed emozionale per accogliere al meglio la nuova vita".

    Ci sono differenze nell’approccio al life design tra uomini e donne? "Questa disciplina, nata negli Stati Uniti, integra creatività e logica in un flusso che, oltre ad essere efficace, è anche molto divertente. Dalla mia esperienza - assicura Salmaso - ho notato che appassiona in egual modo donne e uomini". La difficoltà maggiore incontrata dalle persone "è quella di immaginare una vita migliore, di osare, di pensare in grande. Ci vuole del tempo per superare forme e pensieri limitanti, e autorizzarsi a immaginare se stessi con una vita piena, realizzata e felice", conclude.

    • 4 min
    Cristina Cenci: "Raccontare il viaggio alla ricerca di un figlio"

    Cristina Cenci: "Raccontare il viaggio alla ricerca di un figlio"

    Secondo le proiezioni Istat l’Italia è destinata a perdere 12 mln di abitanti nei prossimi 50 anni. Se molti rinunciano alla genitorialità, oggi il viaggio alla ricerca di un figlio può rivelarsi complesso e ricco di ostacoli. E anche le parole sono importanti. Ne parliamo con Cristina Cenci, antropologa, ideatrice del progetto ‘Parole fertili’. Ma di che si tratta? "Parole fertili è una comunità narrativa digitale che ho creato nel 2016 con il Center for Digital Health Humanities, continuando nel tempo grazie al contributo incondizionato ma appassionato del team di Ibsa Farmaceutici. Offre uno spazio narrativo online a chi affronta il percorso alla ricerca di un figlio, ed è diventata anche una community su Facebook con più di 25mila follower", spiega Cenci.

    Parole fertili nasce dalla constatazione che la difficoltà a generare è "ancora un'area di grande tabù. A differenza di altre patologie non ha una definizione biomedica. Si diventa pazienti solo nel momento in cui si desidera un figlio. Senza il desiderio - dice Cenci - si resta fertili, anche se medicalmente sterili. E', quindi, il desiderio" di natalità "che segna la distinzione fra normale e patologico". E questo riguarda uomini e donne. "Per certi versi nascondere il desiderio di un figlio nelle reti amicali aiuta a non presentarsi come inferitili. Dall'altra parte tutto il carico di paure grava all'interno della coppia, che affronta vissuti anche molto dolorosi". Parole fertili consente di uscire dalla solitudine, "un'intimità anonima" e, dunque, forse più facile.

    Quali sono gli ostacoli alla genitorialità che emergono dalle narrazioni? "Leggendo le storie di Parole fertili sorprende come si mantenga una struttura così rigida dei tempi sociali - spiega Cenci - sembra che sia diventato impossibile seguire percorsi non lineari, come ad esempio avere figli appena si conquista il primo lavoro, senza per questo pensare che ciò possa pregiudicare il futuro. I figli possono accompagnare l'età adulta", non per forza arrivare al suo culmine.

    Secondo l'esperta andrebbero evitate anche le colpevolizzazioni, come il riferimento all'orologio biologico e al deserto demografico. Mettendo invece l'accento sul "valore dei figli per la persona e per la comunità". Mentre le nostre società tendono a generare un senso di colpa in chi vuole un figlio all'inizio della vita adulta, come se un figlio potesse venire solo "dopo tanti prima, che lo devono rendere legittimo". Altro elemento, la continua insistenza "sul bilanciamento dei tempi di lavoro e della famiglia, che trasforma la natalità in un problema da risolvere, non in una risorsa di creatività" e in un'opportunità di cambiamento. "La denatalità non può essere affrontata solo come un problema individuale". Occorre trasformare prima di tutto le parole che usiamo per affrontare questo tema.

    Le storie di Parole Fertili possono aiutarci a migliorare la comunicazione sull’infertilità e sulle sfide della natalità?  "Queste storie sono uno straordinario punto di osservazione sulle trasformazioni del desiderio di un figlio oggi. Dalle storie emerge come i tempi sociali e lavorativi siano cambiati e come sembra sia sempre troppo presto per un figlio". Cenci sottolinea "la continua dissonanza tra progetto di vita, valori sociali e desiderio individuale e collettivo di genitorialità. Emerge l'importanza di un nuovo patto sociale che riduca questa dissonanza".

    • 10 min
    Enrico Pozzi: La denatalità è anche la conseguenza di una scelta culturale

    Enrico Pozzi: La denatalità è anche la conseguenza di una scelta culturale

    • 13 min
    Ilaria dalla Riva: Cosa possono fare le aziende: la gestione delle risorse umane

    Ilaria dalla Riva: Cosa possono fare le aziende: la gestione delle risorse umane

    Conciliare vita e lavoro è diventata un’esigenza ancor più forte dopo questa pandemia, un periodo in cui molte coppie hanno rinviato la scelta di un figlio. Cosa possono fare in concreto le aziende per favorire la natalità e al contempo un nuovo equilibrio vita-lavoro, più vicino alle esigenze dei genitori? Ne abbiamo parlato con Ilaria Dalla Riva, responsabile People & Culture Italia Unicredit.

    "Quello che le aziende possono fare è costruire una cultura per la quale la nascita di un figlio riguarda entrambi i genitori, quindi parlare di genitorialità piuttosto che di maternità - sottolinea Dalla Riva - Questo con segni tangibili, ad esempio introducendo il concetto di flessibilità. Un altro aspetto è quello di lavorare sul welfare: noi a esempio abbiamo la possibilità di dare il premio di risultato in welfare, andando a rendere netto il valore e pagando direttamente asili, istruzione e altri aspetti". Un altro aspetto "importante - continua - è quello di supportare con gli asili nido e le convenzioni" ad hoc con "nidi e colonie estive".

    Lo smart working può essere un alleato o un boomerang per i lavoratori con figli piccoli? "Più che di smart working bisogna parlare di flessibilità. Lo smart working può essere una bomba per la mamma, perché" in questi casi di solito "chi fa smart working nella coppia è la mamma", riflette Dalla Rica. In questo modo non solo il carico di 'lavoro' raddoppia, ma si crea un allontanamento anche fisico rispetto allo stare con i colleghi. "Mentre se ci spostiamo sul concetto di flessibilità intesa come gestione responsabile del tempo, questo diventa un elemento importante e di supporto per la famiglia".

    Uno dei fattori che spesso porta a rinviare la decisione di avere figli, e che dunque ha inciso sulla natalità in Italia, è legato all’indipendenza economica. Ma cosa possono fare le imprese per ottenere una progressione di carriera che aiuti a raggiungere prima l’indipendenza economica? "Intanto bisogna assicurarsi che tutte le aziende considerino la maternità come un elemento inclusivo. La maternità", avverte Dalla Riva, non deve "pesare sulla carriera di un genitore. Oggi l'età in cui si fa un figlio è molto avanzata, e questo è legato alla difficoltà di entrare nel mondo aziendale in età giovane. Quello che possono fare le aziende è anticipare i tempi tra l'assunzione e, ad esempio, il contratto a tempo determinato".

    • 5 min
    Alessandro Rosina: Natalità in crisi, quanto incidono gli squilibri fra le generazioni?

    Alessandro Rosina: Natalità in crisi, quanto incidono gli squilibri fra le generazioni?

    Sembra ormai inarrestabile la crisi della natalità in Italia. Gli aggiornamenti che arrivano periodicamente dall'Istat segnalano ormai, di anno in anno, nuovi record negativi. E per i giovani italiani mettere su famiglia sembra essere diventata una 'mission impossible'. Ma se l’Italia non è un Paese di giovani, cosa ci dicono i dati, e come peserà il crollo delle nascite sulla tenuta del sistema previdenziale? Ne abbiamo parlato con Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale dell'Università Cattolica.

    "Il nostro Paese si trova, dalla metà degli anni '80 del secolo scorso, con un tasso di fecondità sotto 1,5, valore molto più basso rispetto alla soglia che consente uno sviluppo equilibrato fra le generazioni . All'interno dell'Ue ci sono Paesi che non sono mai scesi sotto i 2 figli per donna, come la Francia, e altri che si sono trovati con dinamiche simili a quelle dell'Italia, ma poi sono riusciti a invertire la rotta", spiega Rosina. E' il caso, ad esempio, della Germania.

    La situazione italiana è ormai oltre il livello di guardia. "Nel 2020 le nascite sono scese a 404mila, ovvero 550mila in meno rispetto agli attuali cinquantenni". Squilibri "tra i peggiori al mondo nei rapporti tra generazioni". Così non stupisce che l'Italia sia "fra i Paesi sviluppati che più rischiano di trovarsi a metà di questo secolo con un rapporto 1:1 tra lavoratori e pensionati. Uno scenario assolutamente da evitare, perché - sottolinea l'esperto - comprometterebbe il sistema di welfare".

    Ci siamo accorti del problema troppo tardi? "Forse non è troppo tardi, ma dobbiamo agire in modo urgente. Più si diluisce nel tempo l'impatto degli interventi a favore della fecondità, e più debole sarà l'impulso sulle dinamiche demografiche". Il primo obiettivo sono i trentenni. "Chi ha 30 anni oggi - raccomanda Rosina - deve poter trovare subito incoraggiamento a realizzare scelte che finora ha rinviato, prima che si trasformino in una rinuncia definitiva. Nel frattempo è necessario mettere i venticinquenni in condizione di non rinviare troppo le loro scelte". L'idea è quella di fare in modo che le giovani coppie possano pensare a "un figlio in più, anziché uno in meno. Solo in questo modo il tasso di fecondità potrà salire". Insomma, occorre agire subito e "imporci di diventare, a livello europeo, l'esempio da seguire nelle politiche pro natalità dal 2022 in poi".

    Ma in che modo? Occorre combinare al meglio "l'uso delle risorse del Next generation Eu, l'attuazione delle misure del Family Act e un clima del Paese incoraggiante" nei confronti della natalità.

    Un approccio alla francese, con tasse più leggere per le famiglie che superano un certo numero di figli, sarebbe praticabile? Secondo Rosina la carenza e l'inefficacia dei sostegni economici e degli interventi a favore delle famiglie veicolano implicitamente "il messaggio culturale che avere un figlio sia considerato un costo individuale e non un bene sul quale collettivamente investire. Una nuova stagione di politiche familiari deve partire dal valore collettivo da riconoscimento alla scelta di avere un figlio".

    La natalità, conclude Rosina, è divenuto "l'indicatore più sensibile nei Paesi più avanzati rispetto alle condizioni oggettive del presente e alle prospettive future. Nei contesti caratterizzati da fiducia e aspettative positive, aumenta la presenza di giovani e si rafforza il loro contributo allo sviluppo sostenibile".

    • 5 min

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