31 min

La TRISTE storia di DERRICK ROSE ||| L'ELETTO fermato dagli INFORTUNI Cronache di basket

    • Sport

Un racconto di Gianluca Fraula e Marco Gaetani.

«Stand on the right path». Nel breve discorso con cui Derrick Rose ringrazia tutti per avere ricevuto il premio di Mvp, nel maggio del 2011, c’è questo concetto che ricorre, che domina i suoi pensieri. Deve ancora compiere 23 anni e avrebbe tutto il diritto di sentirsi immortale. Nessuno si è mai aggiudicato questo ricevimento così giovane: ha appena scalzato dagli annali Wes Unseld, che nel 1969 era riuscito a imporsi contemporaneamente come rookie dell’anno e miglior giocatore della lega. Ma era un’altra pallacanestro, un’altra Nba, un altro mondo. Rose è appena diventato il simbolo dei Bulls tornati a spaventare la Lega, con un record di 62-20 che profuma di epoca jordaniana. Ovviamente è anche il primo giocatore di Chicago a vincere l’Mvp dopo Jordan e per il momento anche l’ultimo. Ma Rose, con il suo volto serio e l’espressione perennemente concentrata, facile da confondere per tristezza, nel guardare al futuro pensa a un passato difficile, agli sforzi fatti per rimanere perennemente sulla giusta strada, per evitare di perdersi mentre tutti, intorno a lui, facevano rumore. È un concetto prezioso, che gli servirà nel corso di una carriera dai mille volti, stravolta dagli infortuni. Eppure, nonostante questo, mai uscita davvero dai radar dell’Nba che conta. Perché il faro che ha guidato la vita di D-Rose è sempre stato quello: stand on the right path. Con il lavoro e con la serietà. Questa è la storia di Derrick Martell Rose.

Un racconto di Gianluca Fraula e Marco Gaetani.

«Stand on the right path». Nel breve discorso con cui Derrick Rose ringrazia tutti per avere ricevuto il premio di Mvp, nel maggio del 2011, c’è questo concetto che ricorre, che domina i suoi pensieri. Deve ancora compiere 23 anni e avrebbe tutto il diritto di sentirsi immortale. Nessuno si è mai aggiudicato questo ricevimento così giovane: ha appena scalzato dagli annali Wes Unseld, che nel 1969 era riuscito a imporsi contemporaneamente come rookie dell’anno e miglior giocatore della lega. Ma era un’altra pallacanestro, un’altra Nba, un altro mondo. Rose è appena diventato il simbolo dei Bulls tornati a spaventare la Lega, con un record di 62-20 che profuma di epoca jordaniana. Ovviamente è anche il primo giocatore di Chicago a vincere l’Mvp dopo Jordan e per il momento anche l’ultimo. Ma Rose, con il suo volto serio e l’espressione perennemente concentrata, facile da confondere per tristezza, nel guardare al futuro pensa a un passato difficile, agli sforzi fatti per rimanere perennemente sulla giusta strada, per evitare di perdersi mentre tutti, intorno a lui, facevano rumore. È un concetto prezioso, che gli servirà nel corso di una carriera dai mille volti, stravolta dagli infortuni. Eppure, nonostante questo, mai uscita davvero dai radar dell’Nba che conta. Perché il faro che ha guidato la vita di D-Rose è sempre stato quello: stand on the right path. Con il lavoro e con la serietà. Questa è la storia di Derrick Martell Rose.

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