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Francesco Dilaghi traccia un percorso, necessariamente antologico, sulla forma del concerto per pianoforte e orchestra, da Bach a Bartók.
Qual’è l’etimologia della parola “concerto”: aspra contesa o intreccio pacifico? Vivace contrapposizione o accordo armonioso? Entrambe sono possibili, ed è forse proprio questa la ragione del successo di questo genere strumentale in cui lo strumento a tastiera dialoga con la multiforme compagine dell’orchestra dai mille diversi aspetti.
Una forma che ha conosciuto una crescente fortuna soprattutto tra la fine del ‘700 e tutto il secolo successivo. E che solo verso la metà del Novecento sembra aver perso quella posizione di centralità nel repertorio e nel favore del pubblico.

Le origini del concerto pianistico Rete Toscana Classica

    • Arte

Francesco Dilaghi traccia un percorso, necessariamente antologico, sulla forma del concerto per pianoforte e orchestra, da Bach a Bartók.
Qual’è l’etimologia della parola “concerto”: aspra contesa o intreccio pacifico? Vivace contrapposizione o accordo armonioso? Entrambe sono possibili, ed è forse proprio questa la ragione del successo di questo genere strumentale in cui lo strumento a tastiera dialoga con la multiforme compagine dell’orchestra dai mille diversi aspetti.
Una forma che ha conosciuto una crescente fortuna soprattutto tra la fine del ‘700 e tutto il secolo successivo. E che solo verso la metà del Novecento sembra aver perso quella posizione di centralità nel repertorio e nel favore del pubblico.

    Le origini: Bach e Haendel

    Le origini: Bach e Haendel

    Alle origini del concerto pianistico troviamo la grande figura di J.S. Bach, anche se certamente già coadiuvato dai suoi due figli maggiori Wilhelm Friedmann e Carl Philip Emanuel. In realtà questi concerti destinati al clavicembalo, ma entrati anche nel repertorio del moderno pianoforte, nascono come trascrizioni di altre precedenti composizioni per venire incontro alla pressante richiesta di musica di una società di musicofili di Lipsia, il Collegium Musicum. Anche i concerti “per organo o clavicembalo” di Haendel nascono come trascrizioni e adattamenti, anche se non sono mai entrati nel repertorio del pianoforte.

    • 1 hr 4 min
    I figli di Bach

    I figli di Bach

    I due figli maggiori di Bach, Wilhelm Friedmann e Carl Philipp Emanuel, ebbero parte attiva, forse anche come interpreti, nella realizzazione dei Concerti destinati alle esecuzioni del Collegium Musicum di Lipsia: e in seguito coltivarono e interpretarono questa forma partendo dal modello paterno, ma per poi svilupparla in modo originale. Fu però il figlio più giovane, Johann Christian, a coltivare il genere del concerto – adesso con il fortepiano al posto del clavicembalo – e a rinnovarlo radicalmente adattandolo alla nascente forma sonata, e aprendo la strada al concerto classico e a Mozart in particolare

    • 1 hr 8 min
    Nell’Impero Austro-Ungarico

    Nell’Impero Austro-Ungarico

    Dalla Germania dei Bach, il genere del concerto per strumento a tastiera e orchestra trova terreno fertile anche nell’Impero Austro-Ungarico. A Vienna musicisti quali Wagenseil – autore stranamente ignorato anche dalla discografia – e Schroeter adattano a questa forma i nuovi dettami di gusto dello “stile galante”, in termini analoghi e paralleli alle raccolte di concerti pubblicate negli anni ‘70 da Johann Christian Bach; ma è soprattutto Haydn che, nella sua produzione più matura, si affianca ai primi capolavori del giovane Mozart: i concerti per pianoforte e orchestra di Haydn restati in repertorio sono soprattutto tre, tra i quali spicca decisamente il Concerto in re maggiore.

    • 1 hr 3 min
    Preistoria del concerto pianistico di Mozart

    Preistoria del concerto pianistico di Mozart

    Nella preistoria della parabola del concerto pianistico di Mozart troviamo in primo luogo il nome e l’opera di Johann Christian Bach, per il quale il giovanissimo musicista austriaco nutre un’amicizia personale e ammirazione per la sua opera. Mozart poco più che bambino si esercita in questa forma partendo da brani di vari autori per tastiera, e poi trasformando tre sonate dell’amico in altrettanti concerti per tastiera e archi: solo dopo questo apprendistato è pronto a partire con il suo primo lavoro originale, il Concerto n.5 in re maggiore, K.175, che sarà un suo cavallo di battaglia a Salisburgo e ancora nei suoi primi anni viennesi.

    • 1 hr 1 min
    I concerti salisburghesi di Mozart

    I concerti salisburghesi di Mozart

    I concerti salisburghesi di Mozart sono al centro di questa puntata a partire dall’esordio con il Concerto K.175, che apre uno straordinario percorso. Il genere si rivela subito congeniale a Mozart per le implicite connotazioni teatrali nel rapporto, sempre più articolato, del solista con l’orchestra. Nei suoi ultimi anni salisburghesi nascono altri tre concerti per pianoforte, nonché i due curiosi quanto felici “esperimenti” di un concerto per due pianoforti e uno per tre pianoforti. Questo primo momento creativo si conclude con un capolavoro, nel quale si rivelano tutte le potenzialità di questa forma e la geniale originalità dell’autore: il Concerto in mi bemolle K.271 “Jeunhomme”.

    • 1 hr 2 min
    I primi concerti viennesi di Mozart

    I primi concerti viennesi di Mozart

    Dopo i concerti salisburghesi passiamo ai primi concerti viennesi di Mozart. Nel 1781 il giovane musicista decide di lasciare l’ambiente un po’ provinciale della natia Salisburgo per lanciarsi alla conquista della grande capitale, Vienna, che lui stesso definisce “il regno del pianoforte”. L’esordio con il nuovo pubblico è affidato a tre nuovi concerti che lui stesso definisce perfettamente: « una via di mezzo tra il troppo facile e il troppo difficile; molto brillanti, gradevoli all’orecchio e naturali, ma senza cadere nella vacuità. In alcuni punti solo gli intenditori possono ricavarne diletto, ma in modo che anche i non intenditori restino contenti, pur senza sapere perché». Questi concerti segnano l’inizio del suo grande successo a Vienna come pianista-compositore.

    • 1 hr 2 min

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