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Il meglio degli scrittori classici e contemporanei in tutti gli stili, ma sempre con la ricerca della verità al primo posto

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Il meglio degli scrittori classici e contemporanei in tutti gli stili, ma sempre con la ricerca della verità al primo posto

    Il fuoco segreto che anima Tolkien è la sua fede cattolica

    Il fuoco segreto che anima Tolkien è la sua fede cattolica

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7673

    IL FUOCO SEGRETO CHE ANIMA TOLKIEN E' LA SUA FEDE CATTOLICA di Fabio Piemonte
    «Ho esposto il mio cuore perché gli sparassero», scrive Tolkien all'indomani della pubblicazione del primo volume de Il Signore degli Anelli. I suoi detrattori ne liquidarono subito l'opera, poiché delineava a loro avviso in maniera semplicistica il confine tra bene e male. Eppure i «temi dell'opera sono la chiave d'accesso alle sue più profonde preoccupazioni, comprese la morte e l'immortalità, la nostalgia del paradiso, la creazione e la creatività, la realtà della virtù e del peccato, della corretta gestione della natura, dei rischi morali che il possesso del potere tecnologico comporta. Dal momento che credeva nelle verità di certi dogmi, egli le utilizzò come torce o lampade di cristallo, che diffondevano la luce nei luoghi bui. Si tratta di una storia che ci dice cose che abbiamo bisogno di sapere».
    Nel prezioso saggio Il fuoco segreto (Lindau 2023, pp. 191) recentemente ripubblicato, Stratford Caldecott - direttore del Chesterton Institute di Oxford - illumina così il tema della ricerca spirituale di Tolkien a partire da un'analisi acuta di opere, personaggi e simboli che popolano l'immaginario epico del grande scrittore britannico.
    «Tolkien era un esploratore. Le storie a cui dedicò così tanto tempo ed energia sono appunti delle sue spedizioni alla ricerca di un mondo più antico o "interiore". Sapeva di scrivere finzioni, ma allo stesso tempo sentiva che stava raccontando la verità sul mondo». Tolkien fa esperienza infatti dell'amore vero per Edith che diventerà presto sua moglie; del dolore familiare (orfano del padre, perde anche la madre a 12 anni) e collettivo (partecipa alla Prima Guerra Mondiale); dell'amicizia in particolare con Lewis. Tutte esperienze che trasfigura nella mitopoiesi dei suoi racconti epici, dove il linguaggio è rivelativo della realtà profonda, nel contempo misteriosa e concreta, delle cose.
    L'EROE CRISTIANO
    Di qui, rileva Caldecott, «la 'Terra di mezzo' prende il nome dalla sua posizione tra paradiso e inferno». Come Lo Hobbit anche il suo capolavoro è un viaggio «"andata e ritorno" dal terreno all'epico, dal quotidiano all'eroico, per poi far ritorno al terreno». Al contrario de Lo Hobbit ne Il Signore degli Anelli «non vi è la riconquista di un tesoro, ma la sua perdita: l'anello deve essere "disfatto" nel fuoco in cui era stato forgiato. Il nemico non può sospettare che coloro che custodiscono l'Anello si rifiutino di utilizzarlo, o addirittura vogliano distruggerlo».
    In questo modo, «via via che l'avventura procede, Frodo emerge come modello d'eroe molto "cristiano". L'eroe cristiano si lascia umiliare e crocifiggere, rifiuta il rispetto e la gloria terreni in nome di qualcosa di molto più grande: non solamente la propria integrità, ma la volontà del Padre nei cieli; non per se stesso, ma per Dio e per il prossimo. Frodo fa quello che sa di dover fare per il bene degli altri: "Ho tentato di salvare la contea ed è stata salvata, ma non per merito mio"». Una missione che inizia, non a caso, il 25 dicembre.
    E in effetti i riferimenti cristologici sono, fuor di metafora, molteplici. Per esempio, come Gesù nell'orto degli ulivi, così nella tana di Shelob Frodo subisce le conseguenze del tradimento di Gollum; oppure, come Gesù cade sotto il peso della croce e necessita dell'aiuto del Cireneo, così quando l'Anello cresce in peso e potere l'hobbit cade a terra e Sam si offre di portare "il fardello". Tuttavia nell'ora finale non è Frodo a salvare il mondo, né Gollum che gli stacca il dito con un morso; «la salvezza giunge come conseguenza della misericordia e del perdono che Frodo aveva dimostrato precedentemente nei confronti di Gollum», ossia in sostanza è Dio che, nella sua provvidenza, sa...

    • 6 min
    Gender, sesso degli angeli e oblio dell'occidente

    Gender, sesso degli angeli e oblio dell'occidente

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7619

    GENDER, SESSO DEGLI ANGELI E OBLIO DELL'OCCIDENTE di Fabio Piemonte
    «Il gender è il prodotto di una società il cui obiettivo è quello di condurre una guerra totale alla natura in modo tale che tutto, assolutamente tutto, diventi artefatto, prodotto, cosa, artificio, utensile. La sinistra aveva promesso di cambiare la società e ha fallito; ora si propone di cambiare l'uomo. Sopprimere la differenza sessuale con il pretesto che una differenza è una disuguaglianza è intraprendere la strada della costruzione di un nuovo essere umano, liberato dal suo sesso. La teoria del gender è il tentativo di liberare l'uomo e la donna dalla costrizione identitaria prima e ultima, quella della nascita. I transgender sono eroi del nostro tempo, incarnazione della dignità assoluta dell'uomo divinizzato che vuole disfarsi delle catene di ciò che siamo originariamente e autenticamente». Così scrive con grande acume Giulio Meotti nel suo recente saggio "Gender. Il sesso degli angeli e l'oblio dell'Occidente" (Liberliberi 2023, pp. 150).
    Sembrava una moda passeggera e invece l'ideologia di genere «è diventata dogma e la libertà di pensiero e di espressione diminuisce man mano che si espande questo regno dell'irragionevolezza e dell'indottrinamento. È partito dalle accademie per arrivare al cuore pulsante della nostra società, con i suoi simboli, le sue aziende, le sue pubblicità, ossia con le immagini che ci mostrano ciò che vogliamo desiderare, ciò che vorremmo essere». Lo sanno bene le sue vittime illustri, come la Rowling ostracizzata per le sue esternazioni, e quelle comuni, come i genitori che, per esempio in Spagna, se si oppongono alla transizione di genere dei propri figli rischiano la denuncia dei servizi sociali.
    Sul piano culturale invece il lavaggio del cervello lo fa la neolingua: persino l'Oxford Dictionary, accanto ai dizionari dei Paesi scandinavi, ha accolto il pronome personale di genere neutro. La scrittura inclusiva fa scuola anche negli ospedali. Al Brighton and Sussex University Hospitals Nhs Trust si parla ormai, contro ogni senso comune, di «allattamento al torace», «latte umano» e «genitore che partorisce». A New York la festa della mamma è diventata la festa «delle persone che partoriscono». Le più importanti riviste scientifiche a livello internazionale sono prone a tale ideologia al punto che The Lancet parla di «corpi con la vagina» al posto di donna; Nature si propone di rifiutare articoli con «punti di vista esclusivisti», quali quelli di quanti sostengono la binarietà dei sessi. Di qui, in barba alla genetica dei cromosomi, si arriva alle formule grottesche di slogan quali «Non solo le donne possono avere figli» o «I maschi trans sono donne».
    Insomma, come rivela la finestra di Overton, un'idea dapprima ritenuta impensabile può divenire gradualmente condivisibile al punto da dettar legge. Coi suoi dogmi, precetti e riti, adepti e apostati, l'ideologia di genere si presenta ormai alla stregua di una nuova religione di matrice chiaramente gnostica che ha alle sue fondamenta la cancellazione del dato biologico e della differenza sessuale. Assume il dualismo cartesiano mente corpo, demonizza il corpo, all'insegna di un'assoluta fluidità di genere, allo scopo di «consentire ai bambini di considerare la loro identità di genere non correlata al loro sesso biologico; e anzi incoraggiarli in questa direzione; facilitare l'accesso dei bambini ai trattamenti ormonali, ai bloccanti della pubertà e agli interventi chirurgici che cambiano irreversibilmente i loro corpi; persuadere i giovani che le difficoltà tipiche dell'adolescenza - accettazione delle trasformazioni del proprio corpo, scoperta della propria sessualità, adattamento alla vita in società - sono principalmente causate dalla disforia di genere e possono essere...

    • 6 min
    Tolkien e il Signore degli anelli 50 anni dopo

    Tolkien e il Signore degli anelli 50 anni dopo

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7543

    TOLKIEN E IL SIGNORE DEGLI ANELLI 50 ANNI DOPO di Paolo Gulisano
    Il 2 settembre del 1973, cinquant'anni fa, moriva in Inghilterra John Ronald Tolkien. È trascorso mezzo secolo, e questo autore deve essere ormai considerato un vero e proprio classico della Letteratura. L'opera di Tolkien ha continuato a conoscere un grande successo di pubblico, incrementato dalle versioni cinematografiche dei suoi libri.
    Sono finiti i tempi degli ostracismi ideologici nei confronti del professore di Oxford, e anzi si tenta di darne nuove letture politicamente corrette. Tentativi che lasciano il tempo che trovano, perché Tolkien si staglia con la sua opera al di sopra di ogni lettura riduttiva. La chiave interpretativa per comprendere tutta la bellezza offerta dal Signore degli Anelli, dallo Hobbit, dal Silmarillion, è quella religiosa. Tolkien era un cattolico inglese, perfettamente consapevole della storia religiosa del suo Paese, dai monaci santi del Medioevo ai Martiri che avevano reso la loro testimonianza fino al sangue sotto Enrico VIII, sotto Elisabetta I, sotto Cromwell.
    Tolkien rivela nitidamente una propria teologia della storia, che riprende la concezione agostiniana delle due città: la Città terrena, opera degli uomini in cui agisce il male, e la Città di Dio, meta verso la quale indirizzare attese, sforzi e speranze. È da sottolineare che sant'Agostino si trovò a vivere al confine tra il crepuscolo di un mondo antico un tempo grandioso e l'alba di una nuova era dai contorni ancora incerti, e insegnò che la storia è guidata dalla Provvidenza e che quindi ogni avvenimento - dalla piccola vicenda personale alle grandi svolte dell'umanità - possiede un significato che dissipa l'oscurità e sorregge le forze dell'uomo. Le rovine, i numerosi segni di civiltà cresciute, ascese a grandezza e poi irrimediabilmente finite e dimenticate costellano ovunque la Terra di Mezzo, ricordandoci la caducità della Città terrena.
    L'EROISMO, LA BELLEZZA E LA GRAZIA
    Se la storia è questa, è necessario affrontarla con eroismo, secondo la concezione che ne offre Tolkien: non è quello della forza e dell'orgoglio, ma dell'amore e del sacrificio. Riecheggiano in questa via le parole di uno degli autori più cari al professore di Oxford, G.K.Chesterton: «È assolutamente necessario essere un uomo buono: avere il senso dell'amicizia e dell'onore e una tenerezza profonda. Soprattutto è necessario essere apertamente e indecorosamente umani, confessare appieno tutte le pietà e le paure primordiali di Adamo». Oltre all'eroismo, Tolkien ci invita a cercare la bellezza, che è segno visibile della grazia.
    La bellezza trova la sua origine e la sua consistenza in Dio, e rende presente nelle realtà create la bellezza divina. Nella teologia medievale la bellezza sensibile era considerata un riflesso, una traccia di Dio che ne può favorire la percezione. Tolkien riprende questa concezione della bellezza come luce della forma e splendore della verità. Nella contemplazione dello spettacolo di un bosco, dei fiori, delle montagne, degli alberi tanto cari al professore di Oxford, nell'ammirazione per le cose ben fatte dei nani o degli hobbit, c'è l'amore per questa bellezza che ci può ricondurre a Dio e salvare il mondo. Questa bellezza, che come dimostra la tanta sofferenza che percorre la Terra di Mezzo, la fatica del cammino di rinuncia di Frodo, la dura condizione dell'esilio di Aragorn e la sua lotta per la giustizia e il diritto, non prescinde dal problema del male, è visibile e presente come grazia.
    LA LEGGIADRIA DEGLI ELFI
    È grazia la sensazione che si prova di fronte alle cose per la loro naturale armonia, per la loro delicatezza, per la loro semplicità; è grazia la gradevolezza del creato con i suoi sapori e profumi; è grazia la leggiadria...

    • 5 min
    Don Camillo, Peppone e la costruzione dei muri

    Don Camillo, Peppone e la costruzione dei muri

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7487

    DON CAMILLO, PEPPONE E LA COSTRUZIONE DEI MURI di Lorenzo Bertocchi
    L'impresa per la costruzione del muro di confine della canonica procedeva e Don Camillo supervisionava i lavori perché tutto filasse secondo il progetto regolarmente autorizzato. Supervisionava anche di notte, perché la faccenda aveva fatto scaldare i motori a possibili sabotatori di crinale.
    "Io l'avverto" gli aveva ricordato Peppone al bar, "la sua muraglia è considerata un atto reazionario contro la liberta del popolo". Ma Don Camillo, che delle libertà che si prendevano Gianni e la sua gang nel prato della canonica non ne poteva più, aveva sventolato il regolare permesso e dichiarò la sua intenzione a procedere. "Il prato della canonica", rispose, "è di proprietà privata e riguarda la corte della Chiesa, quindi il popolo e la sua libertà può andare ad esercitarla da un'altra parte oppure chiedere permesso passando dalla porta".
    La vicenda era arrivata persino sulla stampa. "Il parroco di crinale costruisce muri e non ponti", aveva titolato in prima pagina L'Eco di crinale. E si faceva presente che "chi alza i muri ne resta prigioniero". Don Camillo aveva chiamato a raccolta quelli della Confraternita per dire di tenersi pronti a tutto, ma che il muro si sarebbe fatto. La questione muraria era nata perché il prato della canonica rimaneva in una strada buia e risultava comoda per combinare affari che si addicevano alle pertinenze di un edificio sacro. Il Gianni e la sua gang si appartavano regolarmente per combinare i loro traffici conditi alla solita gazzarra. Una mattina sul muro in costruzione apparve una scritta lasciata per mano ignota: "più prati, meno preti" e fu la goccia che fece traboccare Don Camillo. Si precipitò dal Cristo dell'altar maggiore: "Signore non c'è più rispetto per un povero prete!" "Don Camillo... non sarà certo un muro a liberare il cuore dell' uomo. Hai visto la fine che hanno fatto i muri della storia?" "Mi perdoni Signore se oso precisare, ma il mio è un muro che non vuole fare della storia, si accontenta della geografia locale"
    Peppone intanto stava già tenendo il suo comizio davanti al muro. "Il prato è del popolo il popolo risponde all'arroganza clericale che non si apre alla fratellanza e alla diversità. Non fatevi ingannare da coloro i quali vi parlano di patrie e di regole da rispettare. Noi, il popolo, siamo la libertà! Noi, il popolo, siamo la democrazia! E noi i muri li buttiamo giù!". partì un applauso liberatorio.
    Don Camillo uscì dal sagrato e, mani sui fianchi, richiamò l'attenzione della piccola folla. " Cari cittadini, sono sicuro che in nome della fratellanza e della libertà il nostro amico Peppone saprà offrirvi libera ospitalità nel giardino di casa sua, che è ampio e ben servito. Anche lui così saprà mettere il suo mattone per la conquista della libertà". L'applauso fu più debole, ma la gang di Gianni parve gradire. Peppone incassò il colpo. E la sera aprì il suo cancello al libero bivacco dei moderni giovani. Il giorno dopo Peppone si recò in Chiesa. "Don Camillo, lei questa volta ha passato il limite! Quelli mi hanno distrutto il giardino e poi io ho dei nipoti che non possono vedere e sentire certe cose... mi capisce no!?"
    "Eh no, caro Peppone non mi parli di limiti. Certe parole non stanno bene in bocca ai profeti di libertà. Però la capisco, perché siamo liberi davvero solo quando ci sono dei muri che ci ricordano che non siamo dei Padreterni. E che per entrare c'è una porta sola, quella di Nostro Signore. Chi non passa da lì è un ladro e un brigante".
    E il giorno dopo i muri ripresero ad essere costruiti. " Signore", disse Don Camillo al crocifisso, " forse con i muri un cuore lo abbiamo cambiato. Ma questi sono i muri con le porte, che fanno solo la geografia locale, quelli della...

    • 6 min
    Ci hanno preso per il Covid, il primo libro che raccoglie gli articoli di BastaBugie 2020-2023

    Ci hanno preso per il Covid, il primo libro che raccoglie gli articoli di BastaBugie 2020-2023

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7463

    CI HANNO PRESO PER IL COVID, IL PRIMO LIBRO CHE RACCOGLIE GLI ARTICOLI DI BASTABUGIE 2020-2023
    Per non dimenticare tre anni di lockdown, mascherine, vaccini e abusi di potere (prefazione del direttore della Bussola Quotidiana al corposo volume di 512 pagine)
    di Riccardo Cascioli
    «Per non dimenticare». Perché è giusto non dimenticare e addirittura raccogliere gli articoli che hanno giudicato i tre anni di follia che vanno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 alla fine della furia vaccinista? A cosa serve continuare a ricordare?
    Mantenere il ricordo delle ingiustizie subite, dei soprusi di Stato, delle menzogne dei nostri governanti, delle cure negate, dei ricatti che hanno messo in difficoltà lavoratori e famiglie, potrebbe certo favorire il permanere del risentimento, del rancore verso chi questo male ha provocato e verso chi ne è stato complice. Ma non è per questo che noi vogliamo "non dimenticare", coltivare il risentimento non ripara le ingiustizie e non costruisce nulla.
    "Non dimenticare" è invece e anzitutto uno stimolo a comprendere il senso di quanto è accaduto, è una spinta a capire come è stato possibile paralizzare un popolo con la paura di un virus, rendendolo inebetito e docile a qualsiasi comando dall'alto. E più irrazionale il comando era, più l'adesione si faceva cieca: a passeggio con il cane sì, col bambino no; puoi fare 5 chilometri per attraversare la città, ma non puoi attraversare la strada perché entri in un altro comune; al bar soltanto in piedi, poi soltanto seduti; chiusi a Pasqua per salvare l'estate, poi in casa in autunno per salvare il Natale, e ancora sacrificio a Natale per salvare la Pasqua; il vaccino che arriva in processione come il Sacro Graal con un frigorifero a -70°C e poi si può distribuire anche in spiaggia senza problemi; una puntura e tutto passa, poi cinque punture e la prospettiva di continuare ogni anno. Potremmo continuare a lungo, ma su ognuno di questi argomenti guai a porre domande o a mettere in rilievo le contraddizioni: tuttora sei coperto di improperi e di maledizioni.
    È importante capire perché quel che è accaduto non è un episodio estemporaneo, un incidente di percorso, ma è l'esito di un processo iniziato da molto tempo e preparazione di tempi ancora peggiori. "Non dimenticare" significa prendere consapevolezza che la questione sanitaria è stata il pretesto per un grande esperimento di controllo sociale fondato sulla paura. La paura è uno strumento fondamentale per acquisire il potere sugli altri, è un fantastico strumento di dominio. Diceva Edmund Burke: «Nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura».
    PICCOLE E GRANDI PAURE
    E si può dire che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato un susseguirsi di piccole e grandi paure che hanno condizionato prima il nostro pensiero e poi il nostro comportamento. Si è cominciato con la paura della sovrappopolazione, "la bomba demografica" come è stata definita con una immagine molto efficace visto che è stata coniata pochi anni dopo l'esplosione di Hiroshima e Nagasaki (1945) e il rischio di guerra nucleare nel conflitto di Corea (1950-1953). Paura che si è poi coniugata con quella della catastrofe climatica, oggi più attuale che mai. Basta vedere le dichiarazioni dei ragazzi che vandalizzano le città per lottare contro i cambiamenti climatici: sono veramente terrorizzati dall'idea che il mondo possa finire a causa delle emissioni di CO2. E nel frattempo abbiamo vissuto paure più limitate nel tempo come quella per il famoso bug del 2000 che avrebbe dovuto bloccare tutti i computer paralizzando di fatto tutta la nostra società. E poi la famosa fine del mondo nel 2012, basata su una "profezia" Maya.
    E infine eccoci alla...

    • 8 min
    La fede nei personaggi dei promessi sposi

    La fede nei personaggi dei promessi sposi

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7426

    LA FEDE NEI PERSONAGGI DEI PROMESSI SPOSI di Samuele Pinna
    Il 22 maggio 1873, esattamente centocinquant'anni fa, Alessandro Manzoni, nato nel 1785, tornava alla casa del Padre. È da settembre che impegno attenti ascoltatori nel mio ostinarmi a presentare in chiave spirituale i personaggi del romanzo per eccellenza dello scrittore milanese, proprio mosso nel mio recondito intento da questo importante anniversario. Convinto che sarebbe bastato un anno di catechesi per dipanare la storia dei due sposi promessi del lecchese, ci si è arenati, dopo aver incontrato diversi protagonisti, sulla presentazione del padre Cristoforo.
    Rimango stupito per come gli attori che si danno il cambio nel racconto siano descritti con poche pennellate, ma tanto ben disegnate da consentire di scoprire il loro mondo interiore così ricco e profondo per chi legge.
    DON ABBONDIO: LA FEDE PUSILLANIME
    C'è don Abbondio dalla fede pusillanime che «non era nato con un cuor di leone», anzi «fin da' primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que' tempi, era quella d'un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d'esser divorato». Nonostante i buoni consigli della sua perfida servente - Perpetua di nome e di fatto - il curato faceva ogni cosa per schivare le tumultuose vicende che si agitavano intorno a lui, ma neanche a farlo apposta in questa storia fu preso, suo malgrado, al laccio da esse.
    RENZO: LA FEDE GENUINA (LUCIA: LA FEDE DEVOTA)
    C'è poi Renzo dalla fede genuina che, ingenuo e onesto, tira dietro a sé la trama delle pagine vergate dal Manzoni, e gli fa da coppia, in tutti i sensi, Lucia, «d'una modesta bellezza» e dalla fede devota, attraversata da «una gioia temperata da un turbamento leggiero».
    FRA' CRISTOFORO: LA FEDE EROICA
    C'è il roboante padre cappuccino poco sopra citato, al secolo Lodovico, dall'indole «onesta insieme e violenta» che lo condurrà a testimoniare una fede eroica.
    DON RODRIGO: LA MALAFEDE (LA MONACA DI MONZA: LA FEDE INFEDELE)
    C'è don Rodrigo, traditore e tradito, che esercita senza pudore una malafede e Gertrude, monaca per scelta altrui, di una fede infedele che soltanto alla fine di tutto l'intreccio letterario riuscirà a riscattarsi in una profonda conversione di vera religiosità.
    L'INNOMINATO: LA POTENZA DELLA FEDE
    C'è la celebre figura dell'Innominato che mostra la potenza della fede di chi si lascia toccare il cuore da Dio e quella insigne del cardinal Federigo, il quale «fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d'una grand'opulenza, tutti i vantaggi d'una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell'esercizio del meglio».
    DONNA PRASSEDE: LA FEDE CIECA
    Non manca donna Prassede dalla fede cieca, «una vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene: mestiere certamente il più degno che l'uomo possa esercitare; ma che pur troppo può anche guastare, come tutti gli altri».
    IL POPOLO: TROPPA FEDE O TROPPO POCA
    Altri interessanti soggetti si muovono sulla scena, così come il popolino che agisce a volte con troppa fede e a volte con troppa poca. Il tutto ben ricamato in una delle opere più sublimi mai scritte da mano d'uomo.
    IL SUGO DELLA STORIA
    Quale il motivo per cui affascina la vicenda di due innamorati che non possono coronare il loro sogno? Perché, senza nominare una solta volta Gesù, le pagine che li riguardano mostrano tutta la potenza dei valori insegnati dal Cristo. E sono proprio Renzo e Lucia a consegnare il sugo della storia che la voce narrante del Manzoni non ha dubbi a scegliere per concludere il suo scritto: la "morale", «benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di...

    • 6 min

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