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Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.

  1. 1 DAY AGO

    Beirut, Libano - 2 settembre 1980 - Prima parte

    La mattina del 2 settembre 1980 due giornalisti italiani, Italo Toni e Graziella De Palo, scomparvero a Beirut, in Libano. Erano partiti per documentare la guerra che da cinque anni era scoppiata nel paese e per cercare informazioni sul traffico di armi che avveniva in quegli anni tra Italia e Medio Oriente. Quando scomparvero si trovavano nella zona ovest della città, controllata dalle formazioni palestinesi, mentre Beirut est era sotto il controllo delle forze falangiste cristiano-maronite. Toni e De Palo erano partiti per il Libano dopo essersi accordati con l’Olp, l’organizzazione che riuniva tutte le forze palestinesi. Le indagini sulla scomparsa dei due giornalisti furono lente e difficili, affidate al servizio segreto militare italiano, il Sismi, che tentò di sviare le attenzioni proprio dalla possibile responsabilità palestinese. L’obiettivo era probabilmente proteggere il cosiddetto lodo Moro, l’accordo segreto di non belligeranza tra Italia e Olp. Ci sono state molte ipotesi negli anni, tra queste che Graziella De Palo e Italo Toni avessero scoperto qualcosa proprio sul traffico di armi che dall’Italia arrivavano in Libano e poi in parte tornavano in Italia, alle formazioni terroriste. Indagò anche la procura di Roma, ma sulla vicenda venne poi apposto il segreto di stato. Di ciò che accadde a Graziella De Palo e Italo Toni non si è mai saputo nulla con certezza. Sono passati più di 44 anni. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    9 min
  2. 1 JAN

    Carbonia, 28 giugno 1989 – Prima parte

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Gisella Orrù, 16 anni, scomparve a Carbonia, in Sardegna, la sera del 28 giugno 1989. Nonostante la denuncia di scomparsa non furono avviate ricerche da parte di polizia e carabinieri. Il suo corpo venne ritrovato il 7 luglio in fondo a un sifone collegato alla condotta idrica, nella campagna di San Giovanni Suergiu. Era stata assassinata con una stilettata al cuore, l’autopsia rivelò i segni di una brutale violenza sessuale. Anche come avvenne realmente il ritrovamento non è mai stato del tutto chiarito. Tutta l’indagine fu accompagnata da telefonate anonime, soprattutto da parte di una donna. Incredibilmente i nastri di quelle telefonate furono persi o forse sovrascritti. In seguito ad alcune di quelle telefonate furono arrestate quattro persone: una di loro, Salvatore Pirosu, amico della famiglia Orrù, ammise di essere stato presente la sera del delitto ma disse di non aver partecipato all’omicidio. Accusò le altre tre persone e in particolare un uomo, Licurgo Floris. Le dichiarazioni di Pirosu furono però spesso contraddittorie, piene di "non ricordo", con importanti particolari inverosimili. L’arma delitto non venne mai trovata e i risultati dell’autopsia si scontrarono con la sua ricostruzione. La famiglia di Gisella Orrù è sempre stata convinta, così come lo sono giornalisti che seguirono la vicenda, che Pirosu coprisse altri nomi, personaggi di Carbonia che avevano sequestrato o attirato con l’inganno Gisella Orrù così come avevano già fatto altre volte, secondo questa ipotesi, con altre ragazze. Salvatore Pirosu e Licurgo Floris furono condannati rispettivamente a 24 e 30 anni di reclusione. Floris si è ucciso in carcere nel 2007 dopo 14 anni di detenzione. Si era sempre dichiarato innocente. Salvatore Pirosu dopo la sua liberazione è invece scomparso. A Carbonia, e in generale in Sardegna, tutti ricordano l’omicidio di Gisella Orrù. Molti sono tuttora convinti che tanti aspetti di quella vicenda non siano stati in realtà scoperti. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    47 min
  3. 1 JAN

    Carbonia, 28 giugno 1989 – Seconda parte

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Gisella Orrù, 16 anni, scomparve a Carbonia, in Sardegna, la sera del 28 giugno 1989. Nonostante la denuncia di scomparsa non furono avviate ricerche da parte di polizia e carabinieri. Il suo corpo venne ritrovato il 7 luglio in fondo a un sifone collegato alla condotta idrica, nella campagna di San Giovanni Suergiu. Era stata assassinata con una stilettata al cuore, l’autopsia rivelò i segni di una brutale violenza sessuale. Anche come avvenne realmente il ritrovamento non è mai stato del tutto chiarito. Tutta l’indagine fu accompagnata da telefonate anonime, soprattutto da parte di una donna. Incredibilmente i nastri di quelle telefonate furono persi o forse sovrascritti. In seguito ad alcune di quelle telefonate furono arrestate quattro persone: una di loro, Salvatore Pirosu, amico della famiglia Orrù, ammise di essere stato presente la sera del delitto ma disse di non aver partecipato all’omicidio. Accusò le altre tre persone e in particolare un uomo, Licurgo Floris. Le dichiarazioni di Pirosu furono però spesso contraddittorie, piene di "non ricordo", con importanti particolari inverosimili. L’arma delitto non venne mai trovata e i risultati dell’autopsia si scontrarono con la sua ricostruzione. La famiglia di Gisella Orrù è sempre stata convinta, così come lo sono giornalisti che seguirono la vicenda, che Pirosu coprisse altri nomi, personaggi di Carbonia che avevano sequestrato o attirato con l’inganno Gisella Orrù così come avevano già fatto altre volte, secondo questa ipotesi, con altre ragazze. Salvatore Pirosu e Licurgo Floris furono condannati rispettivamente a 24 e 30 anni di reclusione. Floris si è ucciso in carcere nel 2007 dopo 14 anni di detenzione. Si era sempre dichiarato innocente. Salvatore Pirosu dopo la sua liberazione è invece scomparso. A Carbonia, e in generale in Sardegna, tutti ricordano l’omicidio di Gisella Orrù. Molti sono tuttora convinti che tanti aspetti di quella vicenda non siano stati in realtà scoperti. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    56 min
  4. Milano, 12 dicembre 1969

    10/12/2024

    Milano, 12 dicembre 1969

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Se hai già un abbonamento, puoi regalare il Post: significa regalare i podcast, le newsletter e tutto il sito senza pubblicità. Per un anno intero. Il Post lo facciamo insieme, e più siamo meglio è. Il 12 dicembre 1969 alle 16:37 una bomba esplose all’interno della Banca nazionale dell’agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Un uomo aveva posizionato una valigetta contenente l’ordigno sotto il grande tavolo al centro del salone. Morirono 13 persone, altre tre nei giorni successivi. Un uomo morì un anno dopo, per le conseguenze di quell’esplosione. Fu l’inizio di quella che poi venne chiamata strategia della tensione. Lo stesso giorno altri ordigni esplosero a Roma mentre a Milano fu rinvenuto un ordigno inesploso in una banca di piazza della Scala. Già poche ore dopo l’esplosione la polizia eseguì molti fermi di persone appartenenti all’area anarchica, in particolare militanti del circolo milanese Ponte della Ghisolfa. Tra i fermati, trattenuto in questura per oltre 70 ore senza che ci fosse alcun provvedimento da parte dei magistrati, ci fu il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli. La sera del 15 dicembre, Pinelli precipitò dal quarto piano della questura, dalla finestra dell’ufficio dove lo stavano interrogando. Ci furono anni di processi, nell’ultima sentenza fu scritto che Pinelli era precipitato per quello che venne definito «un malore attivo».Lo stesso giorno della morte di Pinelli, il 15 dicembre, fu arrestato un altro anarchico, Pietro Valpreda. Fu indicato da subito come l’uomo che aveva messo la bomba. I giornali lo descrissero, senza che venisse avanzato nessun dubbio, come “il mostro”. Contro di lui c’era la testimonianza di un tassista, Cornelio Rolandi, che disse di averlo caricato in piazza Beccaria, a poco più di 200 metri dalla banca nazionale dell’agricoltura, e di averlo lasciato in una via anch’essa molto vicina al luogo dell’attentato. Secondo questa ricostruzione l’attentatore avrebbe quindi preso un taxi per non percorre a piedi meno di cinque minuti di strada. Il confronto tra Valpreda e il tassista avvenne in maniera grottesca e falsata.Solo nel 1972, a tre anni dalla strage, emersero gli elementi che portarono a individuare come presunti autori dell’attentato di piazza Fontana un gruppo di neofascisti padovani e in particolare Franco Freda e Giovanni Ventura. Emerse anche la figura di Guido Giannettini, giornalista, neonazista, e agente del servizio segreto militare: secondo gli inquirenti veneti aveva svolto il compito di collegamento tra i neofascisti e i servizi segreti, ma vennero assolti al termine di un lungo processo. Anni più tardi un giudice milanese, Guido Salvini, riaprì le indagini e individuò come responsabili della strage gli appartenenti alla cellula veneta del movimento fascista Ordine Nuovo, tra questi anche Franco Freda e Giovanni Ventura che non poterono essere processati in base al principio del ne bis in idem: non può essere processato chi è già stato condannato o assolto per lo stesso fatto.La sentenza finale stabilì però che pur non essendoci prove sufficienti a condannare gli autori materiali dell’attentato, la strage del 12 dicembre 1969 in piazza Fontana era stata programmata e attuata dai neofascisti di OrdineNuovo, e le indagini depistate dei servizi segreti e di altri apparati dello Stato. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    10 min
  5. 01/12/2024

    Chiavenna, 6 giugno 2000 - Prima parte

    Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. La sera del 6 giugno 2000 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, venne assassinata una suora, Maria Laura Mainetti. Fu colpita violentemente alla testa più volte, con una pietra, e poi accoltellata. Dopo meno di un mese vennero arrestate e incriminate tre ragazze, due di 17 anni e una di 16. Confessarono velocemente. Fu difficile cercare di comprendere il movente, capire perché tre adolescenti fossero diventate assassine. Sia nel corso delle indagini sia nei processi che seguirono si parlò di satanismo, in particolare di satanismo giovanile, o acido, inteso come massima forma di trasgressione. Furono le tre ragazze a parlare di sedute spiritiche, fascinazione, patti di sangue, riti improvvisati, feroci e grotteschi. Ma parlarono soprattutto di noia, di mancanza di progetti, di ricerca a ogni costo di emozioni, anche le più distruttive e violente. I processi alle tre ragazze di Chiavenna furono seguitissimi e la conclusione provocò notevoli polemiche. La giustizia minorile ha presupposti, modalità e anche entità delle pene diverse dalla Giustizia ordinaria. Al centro delle polemiche furono soprattutto le perizie psichiatriche a cui furono sottoposte le tre indagate. Mentre per gli adulti la capacità di intendere e di volere è presunta, e al limite va dimostrato che non ci sia stata, per la Giustizia minorile avviene di fatto il contrario: la capacità di intendere e di volere va preventivamente dimostrata. Ed è su questo che si incentrarono i processi, con risultati molto diversi tra primo e secondo grado. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

    49 min
  6. 01/12/2024

    Chiavenna, 6 giugno 2000 - Seconda parte

    La sera del 6 giugno 2000 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, venne assassinata una suora, Maria Laura Mainetti. Fu colpita violentemente alla testa più volte, con una pietra, e poi accoltellata. Dopo meno di un mese vennero arrestate e incriminate tre ragazze, due di 17 anni e una di 16. Confessarono velocemente. Fu difficile cercare di comprendere il movente, capire perché tre adolescenti fossero diventate assassine. Sia nel corso delle indagini sia nei processi che seguirono si parlò di satanismo, in particolare di satanismo giovanile, o acido, inteso come massima forma di trasgressione. Furono le tre ragazze a parlare di sedute spiritiche, fascinazione, patti di sangue, riti improvvisati, feroci e grotteschi. Ma parlarono soprattutto di noia, di mancanza di progetti, di ricerca a ogni costo di emozioni, anche le più distruttive e violente. I processi alle tre ragazze di Chiavenna furono seguitissimi e la conclusione provocò notevoli polemiche. La giustizia minorile ha presupposti, modalità e anche entità delle pene diverse dalla Giustizia ordinaria. Al centro delle polemiche furono soprattutto le perizie psichiatriche a cui furono sottoposte le tre indagate. Mentre per gli adulti la capacità di intendere e di volere è presunta, e al limite va dimostrato che non ci sia stata, per la Giustizia minorile avviene di fatto il contrario: la capacità di intendere e di volere va preventivamente dimostrata. Ed è su questo che si incentrarono i processi, con risultati molto diversi tra primo e secondo grado. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices

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