Italia a Tavola - Il punto di Alberto Lupini

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Italia a Tavola - Il punto di Alberto Lupini

Italia a Tavola è il quotidiano che si occupa di food service, horeca, enogastronomia, pizzerie, pasticerie, bar, salute, turismo, travel e wellness. Italia a Tavola è un quotidiano online (www.italiaatavola.net) ed è attivo su tutti i principali social.

  1. Ristoranti, bar e alberghi abbandonati a se stessi: la categoria non ha voce ai piani alti

    14/05/2021

    Ristoranti, bar e alberghi abbandonati a se stessi: la categoria non ha voce ai piani alti

    Fra maltempo e polemiche tra i politici, la riapertura di bar e ristoranti non avviene nel migliore dei modi. È vero che si potrebbe traslare il detto “sposa bagnata, sposa fortunata…”, ma in questo momento terribile, con molte imprese ormai in ginocchio, e tante che hanno gettato la spugna, ci saremmo aspettati un clima ben più sereno e all’insegna di certezze. E invece, anche stavolta, la politica ci sa dare solo il peggio di se stessa, incapace di prendere decisioni chiare e tirata per la giacca dalla burocrazia, dai tecnici o dalla demagogia. Dalla gestione del coprifuoco ai consumi vietati al bancone, è purtroppo tutto un rincorrersi di polemiche, smentite e prese di posizione che lasciano stupiti. Sembrano discorsi fra marziani, oppure litigi fra giocatori di Risiko che considerano i pubblici esercizi come pedine o territori da conquistare a Risiko. Perché distruggere la poca speranza che si sta ritrovando? È ben vero che la situazione è ancora più che complicata e qualunque cosa si decida si rischia di sbagliare, ma un po’ di chiarezza e unità d’intenti non guasterebbe. Certo serve prudenza perché fra morti, contagi e ricoveri in ospedale siamo ai livelli di novembre (quando si decise di chiudere, non certo di allentare i vincoli...). Ma è anche vero che andiamo verso la bella stagione e giorno dopo giorno cresce il numero dei vaccinati. Insomma, se si comincia a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel, perché rovinarci anche quel minimo di speranza che possiamo ritrovare? In gioco non c’è solo il futuro di decine di migliaia di aziende e di centinaia di migliaia di famiglie che in molti casi sono alla disperazione. C’è in ballo un mondo di attività e professionalità che rappresenta, più di ogni altra realtà, lo spirito dello stile di vita italiano. I nostri bar, i ristoranti, le pizzerie o le pasticcerie non sono solo “locali”, sono il simbolo di una nostra cultura antica dell’accoglienza e del vivere “bene”. Sono i terminali della filiera agroalimentare di qualità, i custodi delle nostre tradizioni famigliari o di comunità, i simboli di territori, arte e paesaggio. E insieme agli hotel sono l’esercito di quel turismo che da solo è la più importante “industria” del nostro Paese. Questo mondo però, come andiamo denunciando da anni, non ha un referente istituzionale. Le sue competenze sono frazionate fra troppi ministeri e amministrazioni regionali, ognuno dei quali pensa più ai divieti o alle sanzioni che non a fare funzionare meglio il comparto. Ne abbiamo avuta la dimostrazione esplicita in questi giorni: oltre ad uno scontro politico fra destra e sinistra su come e quando allentare i vincoli, abbiamo assistito all’esplosione del caos più totale, senza che ci fosse una sola sede in cui definire regole e protocolli. Nessuno si è preso questa responsabilità, nemmeno il ministro del Turismo, la cui nomina aveva acceso tante speranze. Ed ecco che i partiti sguazzano in questa palude, in questa terra di nessuno... E comunque all’interno i clienti non dovrebbero proprio poter entrare fino al 1° giugno. Che senso avrebbe altrimenti la circolare del ministero degli Interni che vieta ai bar che non hanno dehors di servire al bancone, anche se pochi clienti, distanziati, per evitare che si ammassino sul marciapiede? E ciò ovviamente vale anche per chi ha lo spazio aperto, ma magari piove. E ancora più sconcertante è che non si può servire al bancone nemmeno all’aperto. Sarà curioso capire come potranno lavorare adesso i bar di piscine o stabilimenti balneari... E soprattutto, chi controllerà se lì si rispetta la circolare del Viminale? Ma nonostante queste aberrazioni ai politici piace litigare sul coprifuoco (in vigore tuttora anche a Londra...). E qui la politica sembra dare il peggio di sé. Salvini e Letta si invitano reciprocamente ad uscire dal governo (quasi che “riaprire” sia obiettivo di destra o di sinistra, assurdo!). La ministra

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  2. E ora pensiamo al Rinascimento del turismo e dei nostri locali

    14/05/2021

    E ora pensiamo al Rinascimento del turismo e dei nostri locali

    Queste settimane saranno centrali per il salvataggio del turismo estivo. L’aumento delle vaccinazioni e il decrescere dei contagi ridurranno progressivamente le restrizioni per permettere a bar, ristoranti e hotel di riorganizzare il loro lavoro. Da mesi c’è il tam-tam costante di chi, sfidando la logica, pronuncia il mantra del “riaprire” come fosse la parola magica con cui tornare alla “normalità”. Ma con buona pace dei politici o dei nuovi capipopolo che pensano basti urlare in piazza, se si apriranno le porte di ristoranti, palestre o teatri, non sarà certo per queste “pressioni”, ma perché lo permetteranno la scienza e il senso di responsabilità dei gestori. Non c’è nessun “apriti Sesamo”, né alcun genio della lampada che possa cambiare la situazione. Anzi, il “riaprire”, è un termine forse sbagliato. Almeno per un po’ non ci sarà alcun ritorno alla normalità. Finché il covid non sarà sconfitto in tutto il mondo, non saremo al sicuro. Potremo vivere certamente “più sicuri” di oggi, ma pensare che si possa tornare agli abbracci, alle resse di un tempo o ai locali sovraffollati sarebbe un’illusione che rischieremmo di pagare amaramente. Tutti vogliamo tornare a viaggiare, cenare al ristorante, prendere un aperitivo o dedicarci al tempo libero. Ma, lo ripetiamo, per un po’ di tempo nulla potrà essere come prima. E ciò vale anche per i pubblici esercizi, che hanno pagato il prezzo più alto di questa crisi. Per molti di quelli che sono sopravvissuti alla moria di chiusure e fallimenti non potrà essere un ritorno al tempo ante covid. Non ci sarà una semplice “riapertura”. Ci sarà invece una sorta di rifondazione di ogni locale per il dopo covid. Come nel Rinascimento dopo la peste erano cambiate molte cose, così avremo nuovi modelli. Dall’inizio della pandemia abbiamo illustrato tutti i cambiamenti che ci sarebbero stati. L’asporto e la delivery non potranno certo essere abbandonati. Né i nuovi sistemi di prenotazione o le relazioni online con i clienti. Le igienizzazioni e i distanziamenti dovranno tutti essere confermati e anzi rafforzati. Ci saranno nuovi menu nati dalla ricerca di questi mesi per valorizzare sempre più territorio e produzioni di qualità, all’insegna della tracciabilità e della sicurezza. Cambieranno i ricarichi sul vino e la sala avrà più peso vista la possibilità di dare più attenzione e servizio ai clienti che, ripetiamo, inizialmente saranno meno che in passato. Ci sarà l’impatto di nuove catene di fast food e lo sviluppo delle dark kitchen, da controllare per evitare rischi di massificazione e impoverimento della nostra cucina. Insomma, escluso un semplice “riaprire”, in molti casi ci saranno vere e proprie “nuove aperture” negli stessi locali e con lo stesso personale. Ciò che resterà intatto, ne siamo certi, sarà il desiderio di fare questo lavoro e valorizzare le Cucine italiane e la filiera agroalimentare. Sarà un Rinascimento del nostro turismo. Ed è a ciò che bisogna puntare con fiducia e ottimismo, resistendo nell’ultimo miglio senza cedere a scoramento o rabbia, utili solo a criminali o ai professionisti della demagogia. Ma sopra ogni cosa, non ci stancheremo di ricordarlo, oggi ciò che conta davvero non sono gli aiuti dei “Sostegni”, pure fondamentali, ma avere la volontà di vincere le nuove sfide con obiettivi e progetti chiari. E magari con locali covid-free. Le sciocchezze sulle “isole” più o meno grandi lasciamole a chi non conosce la geografia o la realtà del nostro turismo.

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  3. Tamponi gratis per tutti in settimana. Londra si prepara a riaprire anche i ristoranti

    14/05/2021

    Tamponi gratis per tutti in settimana. Londra si prepara a riaprire anche i ristoranti

    E ora il Regno Unito vara il provvedimento forse più rivoluzionario per uscire il più in fretta possibile dai vincoli imposti dalla pandemia: controllo coi tamponi gratis per tutti. Giusto ciò che Italia a Tavola sta proponendo finora inascoltata per garantire le vacanze estive in sicurezza e la riapertura di ristoranti, palestre e teatri. Alla faccia di negazionisti e no-vax, e cancellando definitivamente ogni stupidaggine sull’immunità di gregge da raggiungere “naturalmente” (iniziale progetto di un po’ tutti i sovranisti), Londra accelera sul ritorno ad una "quasi" normalità. Fra una settimana si allenterà il lockdown e si riapriranno parrucchieri e pub. In vista di questo appuntamento storico (mentre decessi e ricoveri in ospedale sono crollati ai minimi storici grazie al successo della campagna vaccinale) da venerdì 9 sarà attivata l’operazione “tamponi gratis” due volte a settimana per tutti i cittadini in Inghilterra. Una decisione presa in tempi brevissimi e senza le assurde liturgie italiane che avrebbero comportato passaggi fra Governo, Regioni, Cts, Parlamento, protezione civile e sindacati… Lo ha annunciato il governo britannico in una nota, precisando che in aggiunta alle scuole ed ai posti di lavoro in futuro saranno allestiti nuovi centri per condurre i test rapidi anticovid. Chiunque potrà essere sottoposto a tampone, con il risultato atteso in 30 minuti, anche in assenza di sintomi. «Mentre continuiamo a fare buoni progressi nel nostro programma di vaccinazione e procede la roadmap per allentare cautamente le restrizioni, test rapidi regolari sono anche più importanti per assicurare che i nostri sforzi non vadano sprecati», ha commentato il premier Boris Johnson. Non si parla dei prossimi allentamenti, ma è sicuro che i pubblici esercizi e i locali di intrattenimento e tempo libero saranno i primi ad essere beneficiati da questi pass. Anche perchè il personale, se non ancora vaccinato, potrà fare i test e quindi garantire anche ai clienti la certezza di stare in locali covid-free. E tutto sarà certificato, probabilmente anche con un'app, che magari potrebbe essere utilizzata (aggiungiamo noi) anche per viaggiare sui mezzi pubblici come si fa in Cina o in Corea. In Gran Bretagna sono state somministrate finora 37 milioni di dosi di vaccino anti-Covid. In tutto le prime dosi sono 31,5 milioni mentre sono 5,4 milioni le seconde dosi. Metà della popolazione è praticamente vaccinata e, come detto, i risultati si vedono e con il tampone gratis sarà ora possibile procedere speditamente verso la realizzazione di locali e aree covid free e dare il via alle certificazioni e al passaporto vaccinale per accedere praticamente ovunque in sicurezza. Il tampone gratuito è uno strumento formidabile, non ci stancheremo certo di ricordarlo, per permettere di garantire locali covid-free senza creare alcuna discriminazione nei confronti di quanti non hanno ancora fatto il vaccino (giovani) o non lo possono fare (immunodrepressi o con patologie e allergie gravi). Ed è anche un modo per non escludere o emarginare quanti non vogliono vaccinarsi per paura o pregiudizio. Certo per la comunità è un investimento importante, ma sempre più sopportabile che avere terapie intensive al collasso per saturazione dei posti letto e tassi di mortalità alle stelle. E gli inglesi, con pragmatismo, badando al risultato più utile hanno scelto con decisione di aggiungere i tamponi gratuiti alla campagna vaccinale fatta senza risparmio di risorse. C’è da sperare che Draghi, certamente il più serio e pragmatico premier degli ultimi anni, sappia prendere esempio da questa decisione e, invece che mediare fra le baruffe da cortile fra Salvini e Speranza, scelga di fare tamponi gratuiti a tappeto per compensare il ritardo dei vaccini. E su queste basi permetta di riaprire ristoranti, bar, teatri e palestre. Il tutto ben sapendo che oltre ai no-vax ci sono anche i contrari ai test di massa. Se ne è già

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  4. Tamponi gratis almeno per i giovani: così il turismo in Italia può ripartire

    14/05/2021

    Tamponi gratis almeno per i giovani: così il turismo in Italia può ripartire

    Come non essere d’accordo col Governatore siciliano che aveva accusato i magistrati di avere ricattato tutta Italia minacciando lo stop ai processi se non fossero stati vaccinati prima di tutti… Per fortuna, le toghe si sono poi scusate e la polemica è rientrata, ma fino a quando? E Musumeci può davvero parlare dopo che la sua Regione ha imbrogliato sui dati di contagiati per non esser messa in zona rossa? Dal fronte opposto ci sono invece i cardiologi di un ospedale in Puglia che non vogliono vaccinarsi e il personale no-vax di una Rsa in Lazio che ha infettato tutti gli anziani assistiti. E intanto, in questo Paese schizofrenico chi vuole essere corretto e magari si fa un tampone per poter prendere un aereo “in sicurezza” per tutelare gli altri, deve spendere fino a 100 euro. Credo ce ne sia abbastanza per porci il dubbio di come si possa pensare ad una vita quasi normale, riaprire i ristoranti o fare ripartire quanto prima il turismo. Ci sono obiettivamente troppe cose che non vanno e non è che il perdurare delle polemiche fra Regioni e Governo, o fra i partiti, su divieti o zone colorate possa offrire agli italiani motivi di ottimismo. E meno male che un bel segnale lo ha dato il premier Draghi, vaccinandosi (era il suo turno) con AstraZeneca e chiudendo così tante altre inutili e strumentali polemiche. I politici fanno a gara per riaprire, ma alla fine si può andare solo all’estero (!) La verità è che tutti vorrebbero riaprire. A parte forse gli oltranzisti di Leu schierati per ragioni di partito col Ministro Speranza. In Italia c’è una gara a chi grida più forte: in pochi hanno idee precise su come fare, ma straparlano (un vizio dei populisti e dei sovranisti che si sentono dotati di poteri magici), mentre i più “rinviano” sperando nel caldo estivo. E intanto però, mentre pubblici esercizi e hotel restano chiusi o vuoti, abbassiamo le difese e concediamo di andare all’estero, nonostante in Italia anche dopo il 6 aprile sarà vietato spostarsi fra le Regioni. Ovvio che in questa situazione il settore del turismo e dell’ospitalità, fermo da mesi, sia insorto con parole di fuoco, giustamente, contro la classe politica, ottenendo il tardivo risultato di obbligare, giustamente, chi rientra a farsi un tampone. Non c’è turismo senza i giovani: i tamponi sono carissimi Già, quasi che i tamponi siano la risoluzione di tutto. Non abbiamo certo neanche noi la bacchetta magica di Merlino o di Harry Potter, ma alcune cose potrebbero essere facilmente risolvibili usando un po’ di buon senso. Se vogliamo far ripartire il turismo bisogna ad esempio che “tutti” si sentano sicuri. In attesa che le vaccinazioni partano sul serio per tutti (con magistrati, politici e giornalisti ovviamente in fila come tutti in base all’età o alle eventuali patologie), ogni speranza è riposta sul passaporto vaccinale europeo che si spera entri in vigore da metà giugno. Una soluzione che per primi abbiamo lanciato in Italia. Ma ai tanti, soprattutto giovani, che non potranno aver fatto ancora il vaccino, chi ci pensa? Se uno non sarà vaccinato, per utilizzare la green card dovrebbe avere almeno test negativi recenti. Ma siamo sicuri che questo si possa fare? Già oggi, se devi prendere un aereo, il medico in genere non ti prescrive un tampone e, in base alla regione (chissà perché?), si paga dai 70 ai 100 euro. Se poi hai la sfiga di essere asintomatico, ma di risultare positivo, non puoi partire e la compagnia aerea (che richiede tampone fatto entro 48 ore) ti dice che non rimborsa il biglietto aereo (Ryanair su tutte) perché non lo hai chiesto entro 48 dalla partenza. Test più facili per chi non è vaccinato anche per poter andare al ristorante e in albergo Possiamo dire che è uno schifo? Possiamo dire che così chi è corretto è portato a cercare scappatoie, come magari fare un test rapido se dovesse atterrare in Sardegna, salvo avere nel frattempo sicuramente infettato qualcuno in aereo e a te

    5 min
  5. Alla fine i Sostegni sono solo un cerotto. Ai ristoranti servono idee e investimenti

    14/05/2021

    Alla fine i Sostegni sono solo un cerotto. Ai ristoranti servono idee e investimenti

    I conti sono presto fatti, e la Fipe li ha messi sul tavolo del confronto, sempre più difficile, con Governo e Regioni. Se un ristorante “tipo” in Italia nel 2019 aveva fatturato 550mila euro (che è poi la media delle dichiarazioni dei redditi del settore), ad andare bene bene l’anno scorso ha perso almeno il 30% del fatturato (la soglia indicata nel decreto Sostegni). Pur scontando che il personale dovrebbe avere ricevuto la cassa integrazione, e pur avendo goduto di qualche migliaio di euro fra i “ristori” e gli aiuti per gli affitti, ora con il decreto Sostegni dovrebbe beneficiare di un contributo una tantum di 5.500 euro. Davvero una miseria per fare fronte ai costi fissi che gravano sul locale. E non è andata certo meglio ad un bar che, sempre per un locale tipo, poteva avere un ricavo annuo nel 2019 di 150mila euro, mentre ora avrà un bonus di 1.875 euro, il 4,7% della perdita media mensile. È evidente a tutti che questi “aiuti” non possono certo bastare e servono stanziamenti ben più importanti. Anche perché pur con un locale chiuso per decreto i tributi, tipo quelli sui rifiuti, vanno pagati comunque. E da come è cominciato l’anno (prima le chiusure di Capodanno, poi per le vacanze invernali e ora per Pasqua) c’è poco da stare allegri e da sperare in una qualche ripresa spontanea del mercato. Per il turismo e la ristorazione c’è proprio poco per essere ottimisti. Ad aprile ci saranno altri stanziamenti con un altro decreto, ma alla fine sarà sempre un modo di distribuire un po' di cerotti senza curare le ferite vere, che richiedono interventi radicali e riforme efficaci per mettere in sicurezza un comparto strategico per tutto il Paese. Servono investimenti, ma anche idee. I primi si possono recuperare, ma per averli servono davvero progetti seri. Stoppani: serve un progetto per il futuro Purtroppo, come ha ricordato amaramente anche il presidente della Fipe, Lino Stoppani, la coperta è corta… ma ciò non significa che si debbano accettare le briciole o pensare di continuare a vivere giorno per giorno sperando magari in illusori cambi di colore, devastanti sul piano psicologico quanto su quello gestionale. La situazione è drammatica e sottoscriviamo in pieno quanto ha detto il leader dei pubblici esercizi: «bisogna uscire immediatamente dall’ottica di breve periodo e mettere in piedi un piano di ripartenza che garantisca il diritto al lavoro e non sottoscriva semplicemente il dovere di stare chiusi. Serve un progetto che dia una prospettiva di futuro reale alle imprese e non solo un sostegno temporaneo, che appare oggi una fragile stampella». E proprio perché le stampelle non sono utili a nessuno, occorre fare alcune considerazioni una volta per tutte. Un anno e passa di lockdown più o meno annacquati (e in verità anche più leggeri di quanto non facciano in Germania dove le chiusure continueranno per tutto aprile) ha colpito a morte un comparto che ha già lasciato sul campo quasi un locale su dieci. Fra chi è fallito e chi non ha aperto, la lista coinvolge tutta Italia e solo la chiusura di tante vetrine di ogni tipo impedisce di capire fino in fondo l’entità di questa carneficina. E alla riapertura auspicata per dopo Pasqua ci saranno tante altre saracinesche che resteranno abbassate. Rafforzare le aziende sane Il problema vero è che la pandemia ha colpito indifferentemente le aziende sane e quelle più fragili, così come sta facendo oggi con le persone. E anche quando i contagi saranno finiti, il Covid continuerà a mietere vittime. Per questo da tempo insistiamo sul fatto che servono piani di investimenti e nuove regole per rafforzare le aziende sane, farle crescere per dimensione e attività. Ma qui servono scelte chiare da parte della politica. Avere ad esempio escluso dai sostegni le aziende con più di 10 milioni di fatturato è una follia, tanto più che in queste condizioni ci sono magari società che gestiscono più locali, ma sotto un'unica ragione soc

    8 min
  6. Aprire ristoranti e teatri ai vaccinati. Servono nuove regole per locali covid-free

    14/05/2021

    Aprire ristoranti e teatri ai vaccinati. Servono nuove regole per locali covid-free

    Non solo la Grecia con le sue isole covid-free. Grazie alla vaccinazione di massa fatta in tempi record, anche Israele sta diventando una delle mete più interessanti per un turismo che più che mai vuole puntare sulla sicurezza. Sono pronte quindi campagne promozionali per aggiungere nuovi viaggiatori rispetto ai flussi tradizionali di tipo religioso, o più innovativi come quelli sportivi o gay-friendly. Ma più in generale è tutta la mappa europea e mediterranea del turismo a prepararsi allo sconvolgimento generato dalla pandemia. Un dato per tutti: la Germania che ha sorpassato l’anno scorso l’Italia, classificandosi come la principale destinazione turistica del vecchio continente. Noi siamo scesi ad appena 203 milioni di pernottamenti per effetto del crollo del 53%, mentre le notti in Germania sono state 261 milioni (-40%) e 144 milioni di Spagna che con un -69% si è piazzata al terzo posto. A pesare sul drammatico crollo delle presenze in Italia è stata ovviamente la mancanza di turisti stranieri, con un calo del 70% dei pernottamenti dei non residenti, a fronte di un calo del turismo domestico del 36%. Un’assenza che ha determinato la crisi da profondo rosso di tutto il sistema turistico anche perché ha riguardato la fascia di clientela a più alta capacità di spesa. Con ricadute su tutto il sistema economico, visto che ad andare in default, oltre ad hotel e ristoranti, è stata tutta la fascia del commercio di lusso, concentrato in particolare nelle città d’arte che sono state le più colpite. Alberghi e ristoranti hanno avuto un calo in media del 40%, mentre le spese per ricreazione e cultura sono scese del 23%. Ora neanche Pasqua potrà dare una boccata d’ossigeno e ogni speranza è più che mai rimandata all’estate, sempre che la campagna vaccinale prosegua nonostante il “caso” AstraZeneca. Ma è evidente che una qualche ripresa potrà esserci solo se ci saranno condizioni minime di sicurezza. Da tempo insistiamo sulla necessità che l’Europa vari al più presto un green pass, un passaporto vaccinale, per salvare le vacanze degli italiani e quelle degli stranieri in Italia. Bisogna che con urgenza si consenta agli europei di muoversi in sicurezza all’interno o all’esterno dell’Ue, per lavoro o turismo. Ne va anche della tenuta del sistema agroalimentare nel suo complesso visto che un terzo delle spese durante le ferie riguardano proprio il cibo, soprattutto pranzi e cene al ristorante. Ma in attesa dell’estate, e magari approfittando di questo lockdown che di fatto ci blocca in casa o nei luoghi di lavoro, è assolutamente necessario porre mano a norme che regolino da un lato i luoghi “covid-free” (evitando magari il classico fai da te regionale, come nel caso della Sardegna) e dall’altro possano garantire un minimo di libertà in più - anche di spesa - a chi, fortunatamente, è già vaccinato. Parliamo di almeno 7 milioni di persone a cui, dosi, permettendo, se ne potrebbero aggiungere 2-3 milioni a settimana. Perché il Cts non ha ancora indicato come si possono e devono comportare queste persone? Negli Stati Uniti sono già state date indicazioni per cui i vaccinati possono anche riunirsi fra loro al chiuso e, fatte salve le procedure di sicurezza, possono quindi anche andare al ristorante o a teatro. E per l’estate in tutti gli States le attività e il turismo saranno di nuovo in piedi. Perché noi restiamo in silenzio? Il comparto più martoriato da questa pandemia potrebbe con gradualità ripartire offrendo servizi a chi può accedervi. Non si tratterebbe di una discriminazione verso chi si deve ancora vaccinare, ma un modo per rimettere lentamente in moto una macchina che necessita anche di controlli. Già perché il silenzio di Governo e Regioni su questo tema è dovuto forse al fatto che hanno paura di non sapere fare con rigore i controlli nei locali, come purtroppo attestano i casi della movida selvaggia dei giorni scorsi. C’è ovviamente anche la ques

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