68 episodes

Camera d’eco è un podcast di audio recensioni curato da studenti svizzeri appassionati di libri che amano condividere la loro passione per la lettura. Attraverso la loro voce esploriamo lo sconfinato universo letterario e scopriamo quali libri hanno amato, odiato o riscoperto!
Tutte le recensioni, andate in onda anche alla radio grazie alla collaborazione tra RSI EDU e Rete Due (Radiotelevisione svizzera), sono disponibili in formato podcast su www.rsi.ch/cameradeco .

Camera d'eco RSI - Radiotelevisione svizzera

    • Arte

Camera d’eco è un podcast di audio recensioni curato da studenti svizzeri appassionati di libri che amano condividere la loro passione per la lettura. Attraverso la loro voce esploriamo lo sconfinato universo letterario e scopriamo quali libri hanno amato, odiato o riscoperto!
Tutte le recensioni, andate in onda anche alla radio grazie alla collaborazione tra RSI EDU e Rete Due (Radiotelevisione svizzera), sono disponibili in formato podcast su www.rsi.ch/cameradeco .

    La passeggiata - Robert Walser

    La passeggiata - Robert Walser

    Gottfried Keller, Johann Peter Hebel, Robert Walser. Sono nomi che a generazioni passate susciteranno forse qualche ricordo studentesco, ma alle orecchie del lettore di oggi paiono ormai vuote di significato. Se aggiungessimo però alla lista alcuni altri elementi, Dürenmatt e Frisch, per esempio, o, ancora, i più recenti Paul Nizon, Gehrard Meier e Peter Bichsel nessuno stenterebbe a riconoscere la linea che collega tre importanti generazioni di scrittori svizzeri.
    Sono Michele Marchioni e quest’oggi vi accompagnerò in un viaggio a ritroso, alla riscoperta di una delle voci più importanti del nostro panorama letterario. Stiamo parlando di Robert Walser, nato a Bienne nel 1878 e morto a Herisau, nel Canton Appenzello, nel 1956. Il libro che vi voglio presentare venne pubblicato nel 1917 con il titolo Der Spaziergang, la passeggiata, presso l’editore Huber di Frauenfeld. È un breve testo, di circa un centinaio di pagine, che è possibile trovare nella traduzione italiana curata da Emilio Castellani per la casa editrice Adelphi.
    Prima di tutto però, chi era Robert Walser? "Le tracce che Walser lasciò sul suo cammino furono così lievi che hanno rischiato di disperdersi" nota Georg Sebald, in un saggio in memoria dello scrittore. Giovanni Orelli si domandava, invece, in occasione del centenario dalla nascita, quanta dimestichezza potesse avere il pubblico con questo autore, o se Walser non fosse, in fondo, uno sconosciuto Carneade.
    Eppure, egli ebbe tanti e grandi lettori, che di lui ebbero grande considerazione. Ricalcando parole altrui e cercando di tracciare un paragone con altri autori, potremmo dire che se la fortuna di Gogol fu determinata dal giudizio positivo di Dostoevskij e se la fortuna di Twain fu legata a quanto di lui ebbe a dire Hemingway, il successo di Walser è legato in gran parte al riconoscimento che gli tributarono altri grandi scrittori.
    La passeggiata è l'opera che più di altre si avvicina a raccogliere lo spirito dello scrittore e può essere considerata a buona ragione come il modello primario di successive e precedenti variazioni. Qui sono raccolti i temi che riaffiorano altrove nei suoi scritti e qui si esprime al meglio il suo stile nomade e vagabondo. Essa è il racconto in prima persona di un breve viaggio fatto di incontri, arresti, cambi di direzione improvvisi, digressioni e pensieri transitori. In questa gita, che si apre e si chiude nel corso di una giornata, siamo presi per mano dello scrittore, che ci invita a seguirlo e ascoltarlo, in una continua metamorfosi che porta il lettore a chiedersi se si stia ancora parlando del professor Meili, del libraio, del parrucchiere, del pranzo con la signora Aebi o di tutt'altro.
    La difficoltà del lettore odierno ad avvicinarsi a Walser non sta nel carattere schivo e sfuggente dello scrittore, che in vita non inseguì mai i riconoscimenti e la gloria letteraria, quanto piuttosto nella tendenza del pubblico a ritenerlo un ingenuo e semplice ritrattista di paesaggi. In parte siamo portati a questo equivoco dal carattere stesso della sua prosa, la quale si costruisce sugli incontri più incongrui, casuali e sorprendenti e sulla valorizzazione di cose all’apparenza insignificanti. Ma Walser non è né uno scrittore per semplici, né, come ebbe modo di definirlo Francois Bondy, uno "scrittore per scrittori". La chiave per accedere alla sua scrittura sta in quello che Walser non dice e nella nostra capacità di vedere oltre, di comprendere i sentimenti che muovono il suo animo.

    • 4 min
    Persuasione - Jane Austen

    Persuasione - Jane Austen

    “Spinta verso la prudenza durante la sua giovinezza, scoprì l’amore una volta cresciuta. La sequenza naturale di un inizio innaturale” (Jane Austen).
    Salve a tutti, sono Vittoria Sessa ed attualmente sto terminando il mio ultimo anno di bachelor in lingua e letteratura inglese ed Italiana presso l’università di Ginevra.
    Oggi vorrei proporvi una lettura classica, senza tempo, che sin dall’epoca del romanticismo britannico ha saputo raggiungere e toccare nel profondo i suoi lettori, mi riferisco al romanzo “Persuasione”, scritto dell’unica ed inimitabile Jane Austen, personalmente una delle mie autrici preferite, nonché una delle colonne portanti più amate della letteratura inglese ottocentesca.
    Il romanzo, come del resto tutti i racconti della Austen, si incentra su un’eroina e sugli eventi che l’accompagnano in un percorso di maturazione sentimentale e sociale. Nel caso di Persuasione tuttavia, Anne Elliot, non è una giovane ragazza pronta a scoprire il mondo ed inserirsi nella società, ma una donna che, secondo i gusti dell’epoca aveva già superato quell’età di giovinezza, bellezza e innocenza che ci si aspetta da una protagonista austiniana, ed era invece ormai troppo vecchia, troppo saggia, matura e totalmente disinteressata da ogni tipo di avventura amorosa che le si presentasse, a meno che, non riguardasse una persona in particolare.
    La protagonista Anne, figlia di un gentiluomo britannico, è considerata dal padre e dalle due sorelle come insignificante, noiosa, quasi trasparente. Nonostante non abbia ancora raggiunto i trent’anni è considerata quasi al termine dell’età da marito, e la sua bellezza giovanile va man mano sparendo lasciando dietro di se un volto stanco e privo di colore. La vita matrimoniale ed amorosa di Anne sembra ormai giunta al termine, quando ritorna in città una sua vecchia conoscenza giovanile, il Capitano Wentworth. Si scoprirà in seguito che tra i due, otto anni prima era nato un amore smisurato che li aveva portati al fidanzamento. Ma essendo a quei tempi solo un povero marinaio non era considerato all’altezza del rango della nostra protagonista che venne persuasa a rompere il fidanzamento con l’unico uomo che abbia mai amato, e che sempre amerà, per il bene della reputazione della sua famiglia. Questo sbaglio madornale la porterà a vivere i seguenti otto anni in un misero stato di rimorso e tristezza, stati d’animo che continueranno anche dopo il ritorno del Capitano, che ancora rancoroso del rifiuto di lei, pur frequentando gli stessi luoghi e compagnie si impegna nell’ignorarla e a trattarla con freddo disinteresse.
    Questo romanzo mi ha particolarmente toccata per il suo modo di dipingere una giovane storia d’amore iniziata e finita in un batter d’occhio, ma che a distanza di anni si dimostra di non essersi completamente dileguata dalla mente dei due protagonisti. La Austen rappresenta dei sentimenti d’amore molto forti, molto resistenti, che hanno saputo attendere il loro momento nel manifestarsi. La forza del perdono permette ad Anne ed al Capitano Wentworth di riscoprirsi dopo otto anni di congedo, di ri-apprezzarsi e di innamorarsi tutto daccapo di un amore più forte e più maturo di quello giovanile.
    Consiglio questo libro a coloro che credono nelle seconde occasioni e che vogliono scoprire come l’amore riesce a farsi strada in una mente matura, seria e rassegnata, riportando l’euforia della giovinezza in un cuore che ormai non ci sperava più.

    • 4 min
    Requiem. Un'allucinazione - Antonio Tabucchi

    Requiem. Un'allucinazione - Antonio Tabucchi

    “Non crede che sia proprio questo che la letteratura deve fare, inquietare?, da parte mia non ho fiducia nella
    letteratura che tranquillizza le coscienze.”
    Mi chiamo Patrizia Costa e sono una studentessa in Lingua, Letteratura e Civiltà italiana all’Università della Svizzera italiana. Il libro di cui vi parlo oggi è Requiem. Un’allucinazione di Antonio Tabucchi (1943-2012). L’opera è scritta, nella sua stesura originale, in portoghese ed è poi tradotta in italiano da Sergio Vecchio per Feltrinelli, nel 1992. In una torrida giornata estiva, un uomo si trova improvvisamente catapultato a Lisbona: sa di dover incontrare un importante poeta, ma questo non prima della mezzanotte.

    Il racconto si stende su un arco temporale di 12 ore, scandite da una serie di incontri, tutti a loro modo bizzarri,
    con personaggi vivi e morti che hanno popolato il vissuto di Tabucchi, ma anche personaggi immaginari ripescati
    da letture dell’autore o interamente frutto di fantasia. Ogni dialogo scioglie un groviglio ancora annodato nella vita
    di questo io-narratore-autore, facendo del romanzo un viaggio di commiato a persone e luoghi, idee e movimenti.
    Sogno e realtà, allucinazione o visione e luoghi si accavallano, rimescolandosi poi secondo il gusto proprio della
    memoria di Tabucchi; tutto nell’attesa di imbattersi nel Convitato, l’ultimo personaggio, illustre poeta e autore che
    il protagonista aspetta di incontrare da una vita.

    Un uomo è catapultato all’improvviso a Lisbona e si trova trascinato in diversi luoghi della capitale portoghese,
    luoghi in cui incontra diversi personaggi: vivi, morti, reali e di fantasia, personaggi che fungeranno da anticamera
    all’ultimo e tanto atteso rendez-vous.

    Tabucchi diventa personaggio. Lo diventa per una pulsione incontrollabile, per il desiderio di omaggiare una
    lingua, dei luoghi e un autore che sono stati per lui la vera culla del sentimento.
    Lo fa componendo un requiem che ancor prima che cominci la storia, si dimostra altro rispetto al canone e anzi si
    tinge di striature polisemantiche: è un addio, un congedo, ma anche Un’allucinazione - come avverte il sottotitolo - e
    ancora una “sonata” e un “sogno” - come ci dice Tabucchi stesso nella Nota che introduce il libro. È quindi un canto,
    che però proviene da produzioni dell’inconscio, dell’anima, della memoria.

    Tabucchi crea un amalgama di luoghi e persone, plasmate però in forme nuove dal ricordo e dall’immaginazione.
    Requiem è sì omaggio alla città, la cultura, il folklore portoghesi, ma ancor più a come si siano fatti simulacro,
    vestigia di un’esistenza.
    Nell’opera tempo, spazio e coscienza vengono continuamente affermati e negati: la giornata è scandita da
    coordinate temporali precise, ma in cui si trovano a convivere il passato remoto, il passato prossimo, un altro
    presente.

    Anche lo spazio ci sembra apparentemente concreto, con rimandi a luoghi riconoscibili, in cui compaiono però
    zone grigie, localizzazioni difficili e ampi spostamenti che sono omessi da un capitolo all’altro.
    Insomma, Tabucchi sembra alla ricerca di qualcosa che sia nella realtà e nel tempo, ma che li superi, che viri verso
    l’onirico e l’utopico, alla ricerca di una zona liminare che ha lo scopo di destabilizzare il lettore, portandolo a
    chiedersi: cos’è reale e cosa immaginario? Cosa vero e cosa falso?
    Tabucchi compone un canto che dice al ricordo di non sgretolarsi, un canto che spera di diventare eco, un’onda
    sonora in grado di scomporre e ricomporre le certezze del lettore.

    • 4 min
    Musashi - Eiji Yoshikawa

    Musashi - Eiji Yoshikawa

    «La strada di mille miglia inizia con il primo passo.»
    La voce dietro al microfono è di Nicola, per quella che potrebbe essere la sua ultima recensione. A chiudere il mio ciclo di consigli letterari vi porto nuovamente un’opera che proviene dal paese del Sol Levante: Musashi. Scritto da Eiji Yoshikawa, apparve per la prima volta a puntante su di un prestigioso giornale nipponico tra il 1935 e il 1939. La prima edizione Superbur della Biblioteca Universale Rizzoli risale al 1994, con la traduzione italiana di Pier Francesco Paolini.
    Musashi è un romanzo storico che narra le gesta di Miyamoto Musashi, celebre spadaccino noto per l’utilizzo di due spade, nato probabilmente nel 1584 e morto nel 1645. Pur mantenendosi fedele ai fatti storici, Yoshikawa intreccia abilmente dettagli di fantasia, come le imprese ardimentose, le coincidenze fatali, e una grande storia d’amore autenticamente giapponese. Quest’opera non solo ha goduto di molteplici pubblicazioni in volume, ma sono stati tratti ben sette film e svariate opere teatrali.
    Passiamo ora alle tre ottime ragioni per leggerlo. Per prima cosa, essendo un romanzo storico, la storia narrata restituisce in maniera fedele un pezzo cruciale della storia giapponese. Per i grandi appassionati di storia è dunque una chicca imperdibile. Un secondo punto di forza deriva dal Musashi storico, il quale non era solo un abile spadaccino, ma aveva anche scritto delle opere filosofiche di cui siamo tutt’ora in possesso. Leggere Musashi è dunque un modo per iniziare ad avvicinarsi alla sua filosofia e agli insegnamenti della cosiddetta Via della Spada. La citazione in apertura non era che un assaggio di questi scritti. Infine la parte “romanzata” della storia sarà in grado di catturare tutti i lettori grazie alla varietà degli episodi, degli incontri e delle avventure che vivrà il protagonista.
    Cosa ci racconta Musashi? Come anticipato il romanzo storico segue la vita di Miyamoto Musashi e lo fa partendo dal dato storico della battaglia di Sekigahara, avvenuta nel 1600. Il giovane Shinmen Takezō, che solo in seguito diventerà Miyamoto Musashi, giace ferito tra i cadaveri di quella terribile battaglia. L’avventura di Takezō non poteva cominciare in modo peggiore: uno sconfitto dalla storia. Grazie all’aiuto dell’amico Matahachi, anche lui scampato alla disastrosa battaglia, Takezō si riprenderà dalle ferite e dalla delusione della sconfitta. Inizia così per i due giovani un lungo viaggio fatto di incontri e di separazioni, di rocambolesche fughe, di storie d’amore e soprattutto di duelli. A cambiare la vita di Takezō sarà specialmente l’incontro con il monaco Takuan, che lo convincerà ad adottare il nome di Miyamoto Musashi e seguire la Via della Spada. Da quel momento in poi Musashi vivrà solo per la Via, con l’obiettivo di diventare il migliore di tutti. Fondamentale per Musashi sarà anche la sua storia d’amore con l’amica d’infanzia Otsū, la quale passerà la vita cercando di ricongiungersi al suo amato, per poi riuscirci prima di uno dei momenti più noti del romanzo: il duello contro Sasaki Kojirō, divenuto ormai l’emblema dei duelli tra samurai.
    Quello che riesce a fare Yoshikawa è dunque catturare un preciso momento storico e restituircelo nella sua realtà. Quel periodo fu un periodo di transizione estremamente tumultuoso, dove dopo anni di guerre tra i signorotti locali, i cosiddetti daimyō, la nazione venne finalmente unificata sotto il potere del primo shōgun, Tokugawa Ieyasu. La dinastia dei Tokugawa portò al Giappone duecento anni di pace e prosperità, con una profonda e netta divisione delle classi sociali, ma ci vollero tre generazioni per ottenere quel risultato. Negli anni della vicenda di Musashi la situazione era però ancora instabile, e il romanzo mostra bene i fermenti sociali e gli spostamenti avvenuti. Con la pace si giunse alla realizzazione che il potere militare non era più indispensabile, mentre era fondamen

    • 4 min
    Traiettorie di sguardi- Geneviève Makaping

    Traiettorie di sguardi- Geneviève Makaping

    Buongiorno, mi chiamo Maddalena Muscionico e sono una studentessa di letteratura italiana presso l’Università di Losanna. Il libro di oggi rappresenta un vero e proprio lavoro pionieristico nell’ambito della letteratura multiculturale e intersezionale contemporanea. Il libro nasce per la prima volta nel 2001, momento in cui la restituzione autobiografica di scrittrici donne immigrate risulta essere praticamente inesistente.
    L’intrigante racconto dell’autrice si sviluppa in una forma fluida e si costruisce attraverso l’esplorazione di vari generi, a partire da quello autobiografico, fino a toccare quello antropologico. È proprio la mancanza di modelli dai quali attingere, che porta alla luce un testo letteralmente unico nel suo genere e che difficilmente incontrerete di nuovo nelle vostre letture. Questo libro, scritto interamente tramite immagini quotidiane e comuni, offre uno spaccato esplicito, senza peli sulla lingua, di quella che è la percezione della nerezza in Italia e l’esperienza di discriminazione che ne deriva. L’oppressione, tuttavia, non sempre è violenta ed esplicita, ma può essere anche latente e sottile; proprio per questo, l’autrice cerca di levigare quello che è il nostro sguardo, insegnandoci innanzitutto a dirigerlo nella direzione giusta.
    Traiettorie di sguardi racconta il viaggio attraverso numerosi paesi, affrontato dell’autrice Geneviève Makaping, immigrata in Italia dal 1982 partendo dal suo paese d’origine; il Camerun. Sempre più, lungo la sua vicenda e la sua esistenza, emerge una presa di coscienza dello sguardo degli altri nei suoi confronti, la consapevolezza di essere osservata e discriminata. Prestando i suoi occhi, l’autrice rende al lettore visibile quello che è il sistema binario alla base di un’intera società, nella quale esistono la normalità e gli altri, l’osservatore e l’osservato, il bianco e il nero. Ma non si limita solo a questo; Makaping ricollega questioni come l’immigrazione e il razzismo sistemico ad un’origine coloniale, formulando una linea del colore e sottolineando l’importanza della memoria pubblica e storica. L’autrice a tal proposito afferma: «Guardo me stessa che guardo loro che da sempre mi guardano».
    In questo caso l’unilaterale traiettoria compiuta dallo sguardo comune viene ribaltata; infatti, ora sarà Makaping ad osservare, a ridefinire il suo percorso dal margine verso il centro attraverso l’autoaffermazione della propria identità e alterità. Per la prima volta la scrittrice ha il potere e il diritto di raccontare la propria verità, la propria complessa storia di migrazione, rendendo la scrittura uno dei tanti e forse più potenti luoghi di lotta. L’audace voce dell’autrice consente la decostruzione della nostra percezione nazionale etnocentrica, mostrandoci la possibilità di una diversa, ma non per questo meno vera, prospettiva e narrazione della storia.
    Makaping attraverso questo libro ci insegna ad ascoltare le potenti voci di coloro che ingiustamente non hanno potuto parlare e soprattutto ci permette di metterci in discussione, interrogandoci su cosa voglia dire essere italiani oggi. Nel caso vi piacesse il libro e voleste approfondire l’argomento vi consiglio la lettura di Sangue giusto di Francesca Melandri, L’unica persona nera nella stanza di Nadeesha Uyangoda.

    • 4 min
    La boutique del mistero - Dino Buzzati

    La boutique del mistero - Dino Buzzati

    Mi chiamo Andorra Garobbio e studio letteratura presso l’Università di Zurigo. Ho intrapreso la lettura di questo romanzo dopo aver letto e apprezzato molto Il deserto dei Tartari e Un amore sempre di Buzzati.
    La boutique del mistero, edito nel 2016 da Mondadori, viene pubblicato per la prima volta nel 1968, quattro anni prima della sua morte. L’antologia nasce dalla volontà dichiarata dell’autore di far conoscere il meglio di quanto aveva scritto. La raccolta è composta da trentuno racconti piuttosto brevi, che declinano in modo diverso i temi prediletti di Buzzati, come l’angoscia, la morte, il surreale, il mistero e lo smarrimento. Quello stesso smarrimento si produce fin dalla copertina, su cui compare un disegno firmato dallo stesso Buzzati, Ritratto del califfo Mash er Rum e le sue venti mogli, dove compare un viso maschile e corpi di donne ma in sembianze di vegetali e frutti.
    Nell’antologia di racconti si ritrovano temi già affrontati in precedenza dall’autore, come per esempio l’attesa infinita che è la colonna centrale su cui si dipana la sua opera maggiore, il Deserto dei tartari.
    Leggere l’antologia di racconti è stato per me molto coinvolgente: Buzzati fa leva sull’angoscia e sulla curiosità bruciante che spinge a divorare i racconti per scoprire come finiranno. Vi sono racconti segnati dall’inquietudine, come ne La fine del mondo, in cui improvvisamente una mano enorme compare nel cielo. Altri racconti sono più stravaganti e bizzarri, come il racconto Una goccia: la storia riguarda un condominio e il rumore di una goccia, ma non una goccia che cade, bensì una goccia che sale lungo le scale del palazzo. In altri racconti ancora l’inquietudine si accompagna all’angoscia: in Sette piani un uomo viene ricoverato in ospedale per una semplice febbre. L’ospedale è suddiviso in piani, dove ogni piano rappresenta la gravità della malattia. L’uomo viene spostato nei reparti inferiori con pretesti e equivoci continuando ostinatamente a ribadire che lui non è un malato grave, ma allora perché viene trasferito in mezzo ai moribondi? L’intelligenza di Buzzati sta nel scrivere storie che fanno leva su esperienze di tutti i giorni, banali, ma caratterizzate da elementi bizzarri, distorcendo la routine quotidiana con il filtro dell’angoscia.
    La boutique del mistero di Dino Buzzati (edito nel 2016 da Mondadori) è consigliato ai lettori amanti dei racconti misteriosi, angoscianti, o ai racconti di Edgar Allan Poe e soprattutto per chi vuole approfondire la scrittura dell’autore italiano, assaporando i suoi racconti brevi meglio riusciti. Con una scrittura semplice, ma con un’accurata scelta di parole e immagini, Buzzati narra situazioni ambigue, di inquietudine, surreali, fino a sconfinare nell’improbabile e nell’assurdo.

    • 3 min

Top Podcasts In Arte

Copertina
storielibere.fm
Comodino
Il Post
Gargantua
Storielibere.fm
Voce ai libri
Silvia Nucini – Chora
Mitologia Greca
Audiolibri Locanda Tormenta
Wild Baricco
Il Post