Napoli Noir

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Esplora il lato oscuro della città partenopea. Un viaggio attraverso le storie dei delitti avvenuti nei palazzi e per le vie di Napoli. Loquis vi trasporta in questo racconto misterioso e inquietante della città principale del sud Italia. - Scarica l'app Loquis per iOS e Android.

  1. 02/05/2021

    L’attentato Di Via Calata San Marco

    Il 14 aprile 1988 in via Calata San Marco c’è più fermento del solito: in quella strada c’è la sede dell’USO, un circolo frequentato da soldati americani, che quella sera è intento a organizzare i preparativi per una festa in onore di un cacciatorpediniere che qualche ora prima è attraccato al porto. Sempre sulla stessa via, ma a una cinquantina di metri dal circolo, ci sono anche tre dipendenti della società di Italgrani i cui uffici stanno per chiudere. Infine, per strada, come tutti i giorni c’è Antonio Gaezza, ribattezzato dai soldati americani “Popeye” come il popolare personaggio dei cartoni animati, che di mestiere fa il venditore di souvenir. Sarebbe una serata di fine lavoro per alcuni e di inizio festeggiamenti per altri, se non ché in quella via entra in scena un terzo personaggio: ha i tratti orientali e si aggira con un pesante borsone che lascia di fronte al civico dell’USO. Non sono neanche le 20 quando un’esplosione fortissima devasta via Calata San Marco: la strada si riempie di fumo, le auto vanno in fiamme, mentre le persone impazzite scappano in cerca di un riparo. Quel giorno una bomba è esplosa lasciando rovine, macerie, ma soprattutto cinque morti: quello di Popeye, quello dei tre dipendenti dell’Italgrani e quello di una donna che stava uscendo dal circolo USO. Investigatori italiani e statunitensi si attivano subito per cercare i colpevoli di quella strage e si arriva presto a un nome: è Junzo Okudaira, giapponese e già noto alla legge con il nome di “samurai della morte”. E’ infatti uno dei leader dell’Esercito Rosso, organizzazione nipponica con relazioni piuttosto forti con la jihad islamica. Quando inizia il processo l’imputato però non è purtroppo in aula e Okudaira continua tuttora a scampare alla legge sembrando un fantasma. Dal punto di vista processuale, dunque, la strage di Calata San Marco si conclude con cinque morti, ben sedici feriti e nessun colpevole.

  2. 02/05/2021

    L’omicidio Del Piccolo Silvestro: Violentato E Dato Alle Fiamme In Un Noccioleto

    Il piccolo Silvestro Delle Cave aveva appena nove anni quando scomparve una mattina di novembre prima di entrare a scuola. Alla sua cuginetta, con la quale stava per varcare la soglia dell’istituto, disse di dover tornare a casa a prendere delle cose ma da quel momento si persero sue notizie. Fu l’idea di una maestra, che chiese ai suoi compagni di classe di scrivere un tema su Silvestro, che si rivelò fruttuosa per le indagini: venne infatti fuori che il piccolo, fin dalla seconda elementare, era solito girare con un portafogli pieno di soldi. Una quantità spropositata per un bimbo della sua età, una somma che di certo non aveva avuto dai suoi genitori. Silvestro era solito spenderli ai videogame ed era un grande frequentatore di bar nei quali passava il tempo a giocare, marinando la scuola. Solitamente quei bar, soprattutto di mattina, erano frequentati da adulti o anziani non sempre mossi da buone intenzioni. Anche grazie al fiuto di un cane poliziotto, spinto in un’abitazione vicino alla scuola frequentata da Silvestro, si chiuse presto il cerchio sul caso del piccolo Silvestro: vennero arrestati tre uomini dalle cui deposizioni emerse una lugubre storia di violenze e abusi sessuali nei confronti del bambino. La mattina dell’8 novembre Silvestro non entrò a scuola per andare al bar a giocare alle macchinette, prima però passò chiedere dei soldi a uno dei tre individui. L’anziano acconsentì, a patto che salisse a casa. Abusò di lui, e sicuramente non fu la prima volta, ma in quel momento entrò inaspettatamente in scena un terzo uomo. Anche lui voleva violentare Silvestro che però si ribellò, minacciandoli di raccontare tutto ai genitori. Per via di questa spiazzante reazione del piccolo, i due pedofili si trasformarono in feroci assassini uccidendo Silvestro a colpi di bastone. Chiamarono infine un terzo uomo per essere aiutati a sbarazzarsi del cadavere: lo fecero così a pezzi e lo trasportarono in un noccioleto nel Nolano dove lo diedero alle fiamme. L’agghiacciante racconto dell’uomo permise di condannare tutti e tre gli imputati a molti anni di carcere. Questi che rimasero comunque impassibili e disinvolti per tutta la durata del processo.

  3. 02/05/2021

    Il Musicista Ambulante Ucciso Dalla Camorra Alla Stazione Di Montesanto

    Petru Birlandeanu fa il musicista ambulante per le strade di Napoli. Ha lasciato tutti i sogni di gioventù nel suo paese d’origine, la Romania, in cui giocava come centravanti in una squadra che militò anche in serie A. Lì infatti il calcio non è uno sport che arricchisce e così è arrivato in Italia convinto che suonando la sua fisarmonica avrebbe sfami più facilmente moglie e figli. Si sta facendo sera e quel giorno Petru e sua moglie stanno suonando vicino la stazione di Montesanto della Cumana. Non sanno che proprio lì affianco abita un membro di un clan camorristico colpevole di aver sottratto a un’altra famiglia alcune piazze per lo spaccio di droga. Proprio quell’abitazione quella sera è stata scelta come oggetto di un’azione dimostrativa da parte di alcuni criminali che, in sella a due scooter, cominciano a fare fuoco sulla porta del palazzo. Poco importa se a quell’ora la strada è gremita di gente: i killer, in preda a un delirio di onnipotenza, sparano in ogni direzione, ferendo un quattordicenne alla spalla e Petru al petto e a una gamba. Il musicista, agonizzante, trova riparo all’interno della stazione ma morirà prima dell’arrivo dei soccorsi. Un video pubblicato qualche tempo dopo dai quotidiani permette alle indagini di trovare i colpevoli del delitto, mandando alla sbarra tre degli uomini che quella sera parteciparono all’agguato. Lo stesso video testimonia però la tragica indifferenza dei passanti che, anche di fronte a quell’uomo agonizzante, parlano al telefono o obliterano i biglietti con una freddezza agghiacciante.

  4. 02/05/2021

    Striscia La Notizia E Il Suicidio Di Lucio Montaina In Via Filippo Briganti

    Nel gennaio del 2012 una troupe di Striscia la notizia, noto programma televisivo in onda su Canale 5, si mobilita per verificare la veridicità di alcune segnalazioni secondo le quali alcuni dipendenti del Catasto di Napoli rendono più rapide alcune pratiche a seguito di mazzette di venti euro. Una quota piuttosto modesta che si giustifica nell’innumerevole quantità di persone disposte a pagarla pur di non perdere tempo tra file e sportelli. E’ così che la troupe ingaggia un’attrice che fa da esca e che a seguito del pagamento di venti euro ottiene dei documenti altrimenti inaccessibili, confermando inoltre le numerose segnalazioni sul tema. Le immagini della registrazione sono piuttosto eloquenti e l’impiegato colto in flagrante viene presto licenziato per dimostrare che nessuno può passarla liscia. Oltre la perdita del lavoro, l’uomo si ritrova presto senza soldi e con la fama di corrotto. Pur essendo solo uno dei tanti a partecipare a quel sistema di corruzione, è l’unico ad essere punito, forse come monito agli altri che portavano avanti quell’illecita pratica. Quell’uomo è Lucio Montaina e i suoi nervi vanno presto in pezzi. Un tragico epilogo si consuma la mattina del 18 gennaio, quando l’uomo si getta dal palazzo in cui abitava in via Filippo Briganti. Montaina non aveva retto alla vergogna, schiacciato dal peso di quei venti euro presi illecitamente e documentati da una trasmissione al limite tra l’inchiesta e lo sciacallaggio. La colpa di quella tragedia viene addossata infatti interamente a Striscia la notizia, mentre la storia dell’impiegato si chiude con un’ultima colletta: quella per la corona di fiori comprata dai suoi colleghi il giorno del funerale.

  5. 02/05/2021

    Omicidio Di Pasquale Romano, Morto Per Un Sms Che Non Arrivò

    Pasquale Romano, da molti conosciuto come Lino, e Rosanna vengono da due famiglie per bene e vivono un felice fidanzamento. Stanno addirittura pensando al matrimonio e aspettano solo una maggiore stabilità economica per realizzare il loro grande sogno. La sera del 15 ottobre Lino è passato a casa della sua fidanzata, nel quartiere di Marianella, per un saluto fugace prima di andare a giocare una partita di calcio con i suoi amici. Uscito dal portone e salito a bordo della sua auto, viene però raggiunto da alcune persone che stazionavano sotto il palazzo e che gli scaricano addosso una serie innumerevole di colpi di proiettili. Quell’impressionante sequenza di spari allarma allora Rosanna che si precipita fuori dal portone e che apprende la terribile notizia della morte di Lino. Il giovane però quegli uomini non li aveva mai visti, come i killer non avevano mai visto Lino: si trattava infatti di un terribile caso di scambio di persona, un errore degli assassini che quella sera avrebbero dovuto giustiziare un altro uomo e che uccisero per sbaglio un innocente. A svelare il tragico scenario in cui si consumò il delitto fu Anna Altamura, una zia della fidanzata di Domenico Gargiulo, appartenente a una banda criminale da tempo in lotta con gli “scissionisti” per la gestione del traffico di droga. Altamura dichiarò agli agenti di essere stata coinvolta in un’imboscata ai danni di Gargiulo: quella sera era stata infatti invitata a cena dalla nipote, che viveva nello stesso palazzo di Rosanna, e dal compagno e che in accordo con i killer aveva il compito di inviare loro un SMS non appena Gargiulo fosse uscito di casa. I banditi però non attesero quel segnale e cominciarono a sparare sul primo ragazzo uscito dal portone senza farsi troppe domande e convinti che quella fosse la vittima predestinata. Mandanti ed esecutori finirono presto in manette e giustizia fu fatta. Da uno degli assassini saltò fuori un’assurda spiegazione sul perché continuò a sparare su Lino anche una volta resosi conto che stava facendo fuoco su un innocente. L’uomo, infatti, rispose agli agenti dicendo: «Io quando poi inizio a sparare non mi fermo più».

  6. 02/05/2021

    Omicidio Liguori: Ucciso Per Errore In Via San Giorgio Vecchia

    Mary Liguori è una preziosa collaboratrice di “Il Mattino” per cui scrive di cronaca nera in una Napoli spesso affollata da piccoli e grandi episodi di violenza. Mary però ha le spalle larghe e porta avanti con serietà, rigore e passione la sua professione. Con lo stesso piglio, la mattina del 13 gennaio 2011, su richiesta della redazione, si sta recando in via San Giorgio Vecchia poiché, a seguito di una sparatoria, sono state uccise due persone. Quella strada Mary la conosce bene: è lì infatti che il padre Vincenzo ha la sua officina dove lavora come meccanico. Mentre si sta recando sulla scena del crimine, in redazione arrivano però aggiornamenti sull’agguato: dei due uomini uccisi solo uno era un camorrista, l’altro era solo un povero innocente ucciso da una pallottola vagante. Quella vittima innocente era proprio il papà di Mary e, appena i suoi colleghi se ne rendono conto, chiamano la ragazza per invitarla a non andare più sul luogo poiché quel fatto di cronaca sarebbe stato affidato ad un'altra persona. Quando arriva la chiamata, Mary però è già sul posto e apprende presto la tragica notizia: il papà è morto, colpito per errore alla schiena da una delle pallottole scaricate contro il malavitoso Luigi Formicola. La notizia per la ragazza è raggelante e la situazione si fa ancora più assurda poiché la risoluzione del caso viene ostacolata dall’omertà dei testimoni che hanno assistito alla scena. Il rischio che il delitto di Vincenzo Liguori resti impunito viene scongiurato solo quando uno dei componenti della banda che l’ha organizzato finisce in manette e decide di collaborare con la giustizia. Così, a quasi due anni di distanza, altre tre persone vengono arrestate per l’omicidio di Vincenzo Liguori, anche conosciuto come Enzuccio o’ ciclista.

  7. 02/05/2021

    Omicidio Buonocore, Uccisa Per Aver Denunciato Chi Molestò Sua Figlia

    Quando la mattina del 20 settembre del 2010, Teresa Buonocore uscì di casa per andare al lavoro, non si accorse affatto di essere seguita da due persone in sella a un motorino. Arrivata in via Ponte dei Francesi, lo scooter si affiancò però all’auto della donna e l’uomo seduto sul sellino posteriore estrasse la pistola sparando ripetuti colpi su Teresa, che morì accasciata sul volante. Un’esecuzione che, a prima vista, sembrò avere tutte le caratteristiche di un delitto della camorra ma che fece emergere verità ben più torbide. A dare una svolta alle indagini fu un fatto fortuito, ossia la denuncia da parte di due giovani del furto di uno scooter la cui descrizione era perfettamente compatibile con il mezzo usato dai killer per compiere l’omicidio. A far trapelare la verità fu l’atteggiamento bizzarro e contraddittorio di uno dei due giovani che portò gli agenti a fare un controllo più approfondito sul suo nome e che permise di chiudere il cerchio sul delitto di via Ponte dei Francesi. L’uomo aveva infatti testimoniato a favore di Enrico Perillo, un uomo contro cui aveva invece testimoniato Teresa per aver molestato più volte la figlia e un’altra sua amichetta. Perillo, condannato al carcere e al pagamento di un risarcimento, aveva a sua volta minacciato la figlia di Teresa, che all’epoca aveva otto anni, dicendole che avrebbe fatto del male alla madre se le avesse mai detto qualcosa. Fu così che quella minaccia si tramutò in fatti e i due uomini, messi sotto torchio dagli inquirenti, confermarono infine di essere stati assoldati da Perillo per vendicarlo. L’uomo si dichiarò sempre estraneo ai fatti, arrivando per di più a infangare il nome della donna calunniandola di avere brutte frequentazioni. I magistrati lo condannarono però come mandante del delitto, mentre i due uomini vennero arrestati come esecutori materiali dell’omicidio. L’ultima beffa per i familiari di Teresa arrivò dopo la condanna all’ergastolo di Perillo: l’uomo infatti non diede loro neanche un euro del risarcimento poiché riuscì a liberarsi di tutti i suoi beni, risultando quindi nullatenente.

  8. 02/05/2021

    La Piccola Di Due Mesi Uccisa Dallo Zio In Via Filomarino

    Il 14 novembre 2010, nel suo appartamento in via Filomarino 7, la signora Regina è molto felice: può finalmente godersi un po’ di tempo con la piccola Sofia, la nipotina nata da poco meno di due mesi che la figlia e il compagno le hanno affidato per concedersi un po’ di tempo in compagnia di amici. Regina però quel giorno non è sola in casa, con lei c’è anche il figlio Raffaele Antonio Spinelli, un giovanotto di 29 anni conosciuto anche con il soprannome di Lello. La bambina si addormenta presto, ma come tutti i neonati ogni tanto si sveglia e piange forte. Sentendo le grida della piccola, la donna si appresta a consolarla, stringendola e cullandola tra le braccia. Prima che Sofia smetta di piangere arriva però Lello che pretende di occuparsi della bambina, chiedendo di prenderla in braccio. Il ragazzo sembra, in fondo, contento di passare un po’ di tempo con la propria nipotina e la nonna, dopo qualche insistenza gliela consegna. Sofia però nelle braccia di Lello sembra tutt’altro che calmarsi: piange ancora più forte, tanto che Regina insiste per farsela ridare in braccio. Qualcosa è scattato nella mente di Lello: forse l’atteggiamento della madre, “colpevole” di avergli sottratto Sofia con forza. Il ragazzo le riconsegna allora la piccola, esce dalla stanza ma torna poco dopo con un coltello da cucina con il quale colpisce la nipotina alla gola, uccidendola sul colpo. La terribile tragedia fu l’apice del tracollo psichico di Raffaele Antonio Spinelli al quale era già stato diagnosticato un grave disturbo bipolare che era stato tenuto a bada dai farmaci. Una misura che purtroppo non si rivelò però efficace e che portò alla morte una piccola innocente di appena cinquantaquattro giorni.

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