La sera del 10 novembre 1978, in una villetta di Piossasco, la trentasettenne Maria Teresa Carpinello sta preparando la cena per sé e per il suo figlioletto di sette anni. Un colpo di pistola distrugge però la quiete di quel placido momento di quotidianità, romprendo il vetro della finestra e colpendo la donna che rimane uccisa davanti al proprio piccolo.
Il movente appare incomprensibile e il panico comincia a serpeggiare tra i torinesi, convinti di non poter stare più tranquilli nemmeno dentro le proprie case.
Trascorrono quasi vent'anni, quando gli inquirenti, mentre indagavano su alcuni furti, arrestano Franco Fuschi, ex incursore della Marina militare italiana che sembra da sempre aver avuto però un’inquietante doppia vita: nel suo paese di origine è infatti considerato un distinto agricoltore, fervente credente, con però l’hobby delle armi, passatempo che, apparentemente, ama coltivare in solitudine.
Interrogato, l’uomo decide di collaborare e confessa infine ben quattro delitti fino ad allora archiviati come insoluti, compreso quello della Carpinello. Gli agenti non si fermano alla confessione, cercano prove a sostegno delle parole del Fuschi e concludono come sia nella natura dell’imputato l’alternanza di verità e menzogne.
Nella sentenza che lo condannò comparvero, infatti, anche otto anni di reclusione per autocalunnia. Nonostante questo, il profilo psicologico che emerge da quello che viene considerato tra i più efferati serial killer torinesi, è quello di una persona a cui «Piaceva ammazzare. Provava piacere soprattutto nel constatare l’efficienza dell’arma, nel prendere la mira con calma, per vedere un uomo che cadeva giù come un fantoccio».
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- PublishedApril 29, 2021 at 3:08 PM UTC
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