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GUGLIELMO MARCONI, L'INVENTORE DELLA RADIO E' ITALIANO
Nel 2024 si celebrano i 150 anni della nascita dello scienziato che, tra l'altro, curò anche la costruzione di Radio Vaticana per dare al Papa un canale mondiale
di Francesco Agnoli
A 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi l'Italia si appresta a celebrarne il ricordo. Proviamo anche noi, pur nella brevità inevitabile, a ricostruire il personaggio nella sua interezza. Non solo lo scienziato, dunque, ma l'uomo.
Nato a Bologna il 25 aprile 1874 da mamma scozzese-irlandese, di fede anglicana, e da padre italiano, Guglielmo impara la fisica un po' da autodidatta e in parte alla scuola del fisico Augusto Righi.
Non possiede alcuna laurea, è estraneo al mondo universitario, ma immagina e persegue con ostinazione il suo disegno. Ama in particolare l'elettricità e presto i suoi interessi si spostano dall'elettro chimica alle onde elettromagnetiche.
A quest'epoca dominano due tecnologie di comunicazione via cavo: il telegrafo di Samuel Morse, che avvolge ormai il pianeta di fili, e il telefono. Ma Marconi guarda avanti: vuole una comunicazione wireless, che attraversa i mari, che superi le montagne viaggiando sulle onde elettromagnetiche... immagina i radar, prefigura il telefono cellulare.
Così l'uomo che «ha dato voce al silenzio» fa la prima trasmissione, a 10 km di distanza, nel 1896, fino al grande balzo transoceanico, nel 1901, allorché collega America ed Europa, riuscendo così a dimostrare che l'ostacolo della curvatura terrestre non è insormontabile.
Alcuni fatti specifici contribuiscono presto a consacrarne la fama mondiale.
Nel 109, l'anno del Nobel, il transatlantico Republic viene speronato. Per la prima volta nella storia della navigazione il telegrafo senza fili di Marconi lancia l'SOS: il “marconista” a bordo chiama aiuto, permettendo così il sopraggiungere di una nave di salvataggio per 1.700 passeggeri.
Anche nel 1912, mentre il Titanic sta inabissandosi (avrebbe dovuto esserci a bordo anche lui, ma aveva declinato l'invito!), circa 750 passeggeri vengono salvati grazie al radiotelegrafista che riesce a chiamare in aiuto la nave russa Karpatia.
Salvare naufraghi e fare radiocronache sportive sono alcuni dei primi utilizzi di questo nuovo straordinario mezzo che Marconi immagina serva a «promuovere la reciproca conoscenza tra i popoli, permettendoci di sempre più soddisfare un desiderio essenzialmente umano, quello cioè di poter comunicare fra noi con facilità e rapidità, annientando quell'elemento di separazione che si chiama distanza».
Un po' come per la stampa, creata per scopi religiosi e umanistici, e presto trasformata anche in strumento di propaganda e di guerra, anche la radio subisce presto lo stesso destino: se ne servono precocemente i comunisti, i nazisti e i fascisti per seminare il loro verbo nel mondo o nei loro Paesi.
L'ANGELO DELLA MIA CONVERSIONE
Però c'è una radio diversa dalle altre: è Radio Vaticana. Presiede alla sua costruzione proprio lo stesso Guglielmo Marconi, tra il 1929 e il 1931.
Qualche anno prima, nel 1925, ha sposato, in seconde nozze, dopo l'annullamento del primo matrimonio, Maria Cristina Bezzi-Scali. Una donna di fede profonda, che Marconi stesso definisce, in una lettera, «l'angelo della mia conversione, della mia redenzione, un angelo come quello che fermò san Paolo sulla strada di Damasco...».
Maria Cristina frequenta la Curia romana e conosce sia il Pontefice sia il cardinale Pacelli: il marito diventa confidente e amico di entrambi. Ama parlare con loro di scienza, di fede, di attualità. Sino a diventare «molto sensibile agli umori dei palazzi apostolici» (Riccardo Chiaberge).
È per questo che Marconi gioisce quando, grazie alla sua invenzione, il messagg
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- PublishedMarch 6, 2024 at 2:40 PM UTC
- Length9 min
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