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L'infinito - Giacomo Leopardi Seremailragno.com

    • Society & Culture

Interpretata dal Gravel - Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare. Questo colle solitario mi è sempre stato caro, e anche questa siepe, che impedisce al mio sguardo una gran fetta dell’orizzonte più lontano Ma mentre siedo e fisso lo sguardo sulla siepe, io immagino gli sterminati spazi al di là di quella, i silenzi che vanno al di là dell’umana comprensione e la pace profondissima, tanto che per poco il mio cuore non trema di fronte al nulla. Quando sento le fronde delle piante stormire al vento, così paragono la voce del vento con quel silenzio infinito: e istintivamente mi giunge in mente il pensiero dell’eternità, le ere storiche già trascorse e dimenticate e quella attuale e ancor viva, col suo suono. Così il mio ragionamento si annega in quest’immensità spazio-temporale, e per me è un naufragare dolcissimo.


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Interpretata dal Gravel - Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare. Questo colle solitario mi è sempre stato caro, e anche questa siepe, che impedisce al mio sguardo una gran fetta dell’orizzonte più lontano Ma mentre siedo e fisso lo sguardo sulla siepe, io immagino gli sterminati spazi al di là di quella, i silenzi che vanno al di là dell’umana comprensione e la pace profondissima, tanto che per poco il mio cuore non trema di fronte al nulla. Quando sento le fronde delle piante stormire al vento, così paragono la voce del vento con quel silenzio infinito: e istintivamente mi giunge in mente il pensiero dell’eternità, le ere storiche già trascorse e dimenticate e quella attuale e ancor viva, col suo suono. Così il mio ragionamento si annega in quest’immensità spazio-temporale, e per me è un naufragare dolcissimo.


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