Il venerdì di [mini]marketing

Gianluca Diegoli
Il venerdì di [mini]marketing

La newsletter del venerdì su marketing, digital, e-commerce e altre cose divertenti. Scritta e letta da Gianluca Diegoli. lettera.minimarketing.it

  1. 2 GG FA

    [È l'ultimo venerdì] Il presepe di marketing 2024

    Ehi, prima di scrollare aspetta un attimo! Questa edizione ha un obiettivo speciale. Il ricavato della donasponsorizzazione a Emergency pro-Gaza di questa settimana (750 euro) è stato versato da Veralab. Io ci aggiungerò di mio altri 250 euro. Super grazie, davvero. 2.000 euro a Emergency tra questa e l’edizione della settimana scorsa non sono niente male. Vorrei anche ringraziare tutti gli sponsor del 2024 che con il loro contributo mi hanno incentivato grandemente a mantenere viva, vegeta e puntuale questa newsletter. Sono lieto che qualcuno mi abbia scritto che lo spazio sia servito per trovare nuovi contatti. E infine ringraziare te, sì TE, che mi leggi. Mi meraviglio di quante e quanti siete, quasi ventimila. E del tempo che mi dedicate, anche con email e tutto il resto. Sei tra le circa 25.000 persone iscritte qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp: grazie, spero che le 5,2 ore per scriverla ti siano state utili. A proposito, che ne dici di presentare il tuo brand nella newsletter? Dai un’occhiata per sponsorizzare nel 2025. Questa è l’ultima newsletter del 2024 e anche per questo un po’ particolare. Riprende certi usi della cosiddetta blogosfera, in cui a fine anno si scriveva un raccontino “natalizio”. Se ne trovano ancora tracce sul blog di Squonk, ideatore e organizzatore della pubblicazione. Per chi fosse arrivato qui negli ultimi anni ricordo che qui, prima come blog e poi come newsletter, si scrive dal 2004, ed è una specie di fossile vivente stratificato di venti anni di trasformazione violenta, ma anche di cose che non cambiano mai (il post sul marketing della ferramenta potrei averlo scritto oggi). In generale sono contento di aver scritto – a vari livelli di qualità – per venti anni in modo serio ma non serioso. Avviso Veralab aka Cristina Fogazzi voleva fare la donazione pro-Emergency senza usare questo spazio della reclame, ma questa è una newsletter di marketing e quindi è obbligatorio. Quindi iscrivetevi alla sua newsletter, che è pure divertente, e istruttiva su come creare un legame con la propria comunità, e pigliatevi un coupon del 15%! Il presepe di [mini]marketing 2024 Era di nuovo la notte del 24 dicembre nella città di Marketing, ribattezzata New Marketing dopo che il nuovo product manager si era insediato. Aveva giustificato il cambio di nome per (a suo dire) dare visibilità al nuovo posizionamento strategico. Sotto ai cartelli stradali di New Marketing si leggeva ora “fai di più con Gemini AI, provalo ora gratis per 15 giorni!”. Google stava disperatamente cercando di vendere il suo prodotto del 2024 a tutti i personaggi del presepio. Ogni partecipante al presepio aveva ricevuto una pergamena con un codice per attivare la prova. Il panettiere se lo era trovato nel display del forno “crea pagnotte in dieci secondi con Gemini”. Ma lui niente, continuava a usare ChatGPT, perché suo nipote diceva che era meglio. In realtà, tutti stavano usando ChatGPT per qualunque cosa, e il presepe aveva assunto qua e là sentori particolari. Un cane da pastore aveva una zampa in più, ma era comunque contento perché “meglio una più che una in meno”. Il suo collega gli aveva fatto l’occhiolino: “Basta non averne sei eheh”. Qualcuno aveva creato con DALL-E una pista da sci, c’era stata una breve sollevazione popolare dei personaggi conservatori, come il tassista e il vicepresidente del presepio, molto ascoltati – non c’era mai stata la pista da sci al presepio! – ma poi gli Emirati l’avevano sponsorizzata e nessuno aveva più obiettato. Pareva anzi che anche la prossima edizione del presepe si sarebbe tenuta in Arabia Saudita, come i campionati di calcio. Qualcuno per scherzo aveva fatto sbucare un Godzilla dietro le colline, ma subito il prompt era stato bloccato. A ChatGPT era stato offerto quest’anno per acclamazione il ruolo di Giuseppe: tutti sapevano che era il vero padre del nuovo bambinello e del resto, ma facevano finta di credere all’altra storia, cioè che tutto il presepe fosse frutto della creatività delle agenzie preposte. Visti i rapporti, la madonna era impersonata da Microsoft: un pilastro della fede che nessuno voleva da sempre mettere in discussione. L’asinello Cloud come al solito presidiava il lavoro duro di riscaldamento dell’intero presepe, e tutti lo rispettavano, mentre il bue Telco se ne stava lì mesto, sempre a rimuginare di come il suo duro lavoro di trasporto non fosse mai stato riconosciuto davvero. Dopo anni di assenza, erano tornati i profeti delle crypto. Il cambiavalute ne aveva acquistati un po’, un certo Giuda aveva comprato 30 denari in Bitcoin. Il pastore aveva venduto una pecora per un centesimo di una nuova crypto chiamata Starlink, diceva a tutti che quando il sei gennaio vedranno il nuovo Re Magio biondo e dalla pelle arancione capiranno perché. È sempre stato un tipo strano, il pastore sosteneva che il presepio fosse piatto, per esempio. O che l’angelo sopra alla capanna non volasse davvero. Di recente era stato visto con un personaggio discusso, che prima aveva cercato di imporre una nuova costosa carrozza con cavalli elettrici, poi si era comprato le stelline del cielo del presepe, poi qualcuno gli aveva venduto il servizio di scambio pergamene (nessuno lo usava più, dopo che erano nati dissing accesi tra i filosofi e i centurioni romani sull’apertura delle frontiere del presepe a nuove figure da altre scenografie “non comunitarie”). Costui ora sosteneva, spedendo una pergamena ogni quindici minuti, di essere un consigliere particolare dello stesso presunto nuovo re magio arancione. Non si erano ancora visti i Re Magi, in ritardo perché erano tornati ai cammelli abbandonando l’alta velocità – con cui sarebbero arrivati a febbraio. Come sempre carichi di oro, argento e quell’altra cosa che non ricorda mai nessuno, arrivavano da regni chiamati EMEA, APAC, NAMER (quello arancione). Il tizio dall’Asia, APAC appunto, portava ogni anno roba che nessuno ricorda, ma prodotta miracolosamente in serie e a prezzi bassissimi. Un anno si faceva chiamare Temu. L’anno prima Shein, l’anno prima AliExpress. Quest’anno con un colpo di Stato un tizio chiamato Vinted aveva usurpato il re magio EMEA. Dopo un attimo di sorpresa, il responsabile della CSR del presepe aveva dato la sua approvazione. Con Vinted nel presepe si sentivano tutti più buoni – e il solito vestito di Prada di Maria era costato molto meno. Quello NAMER avrebbe portato il solito argento, ma dall’importo sarebbero state detratte le multe annuali dell’Unione europea. Se lo volevano lì, o così o niente. Anche quest’anno erano assenti dei personaggi: il mugnaio e il fabbro avevano il contratto in smart, che non c’era mica bisogno – dicevano – di stare ventiquattro ore lì fermi e che il ruolo del lavoro andava ripensato. Altri erano assenti, si vedevano gli spazi vuoti, ma nessuno ricordava chi fossero. Si erano disiscritti citando la GDPR e di loro si erano perse le tracce. Non avevano nemmeno potuto avvisarli della convocazione 2024. Il personaggio sorpresa dell’anno scorso era diventato un riccone. L’anno scorso era stato pure divertente, quest’anno guardava tutti dall’alto in basso, e nessuno riusciva a staccargli gli occhi di dosso, come se fosse un ipnotizzatore. Canzonava per divertirsi i vecchi pastori boomer. «Sono un pastore boomer del presepe, certo che penso che ai miei tempi Gesù bambino lo si trovava senza bisogno del GPS.» Questi impazzivano nei commenti su Facebook. Dicevano, speranzosi, che un tribuno americano lo avrebbe tolto di mezzo presto. «Popolo della terra, gioite, nel 2025 è in arrivo una nuova stagione!». Era arrivata la cometa di Netflix. «Adesso sì che è un buon Natale!» dissero tutti in coro. Un venditore al mercato del pesce se ne uscì con «e felice Q5 2024!» rovinando un po’ l’atmosfera. Ma tutto sommato, la felicità aleggiava nell’aria: anche quest’anno Erode, il garante della privacy del presepe, non si era visto. Nessuno aveva notato che il bambinello era la fotocopia sputata di Giuseppe. Solo osservandolo bene si poteva notare che aveva due piedi sinistri. Il marketing insegnato dai negozianti Punctum: aziendali Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà. No screenshot o inoltri social, solo foto vostre. Segnalazioni varie * La scorsa settimana ho parlato di etnografia e sociologia delle luminarie del Natale. * Ho partecipato alla trasmissione “Laser della Radio della Svizzera Italiana, condotta da Rachele Bianchi-Porro, sulla regressione infantile collettiva consumistica dei calendari dell’Avvento: il titolo della puntata è “Finestrelle sull’infanzia”. Si ascolta qui. Buone feste! Grazie ancora a Veralab. E se ti è piaciuta, inoltrala in giro. ci vediamo nel calendario nuovo, gluca Grazie a Daniela Bollini per la paziente correzione e a Cristina Portolano per i separatori. This is a public episode. If you would like to discuss this with other subscribers or get access to bonus episodes, visit lettera.minimarketing.it

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  2. 13 DIC

    [È venerdì] C'è mercato per l'ossessione per le lucine natalizie

    Ehi, prima di scrollare aspetta un attimo! Questa edizione ha una sponsorizzazione molto speciale. Il ricavato (750 euro) andrà a Emergency pro-Gaza, ed è offerto da Traininpink, che è risultata la migliore offerente all’asta benefica che avevo lanciato per le edizioni pre-natalizie (normalmente snobbate dagli sponsor). Io ci aggiungerò di mio altri 250 euro. La settimana prossima un altro sponsor ha comprato pro-Gaza l’ultima edizione 2024, che non spoilero ora. Grazie, davvero. Sei tra le circa 25.000 persone iscritte qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp: grazie, spero che le 5,2 ore per scriverla ti siano state utili. A proposito, che ne dici di presentare il tuo brand nella newsletter? Dai un’occhiata per sponsorizzare nel 2025. Il quiz della settimana Quante sono state le ricerche su Google per “luci (di) natale” nel dicembre 2023, all’incirca? Risposta in fondo. A) 500.000 B) 1.000.000 C) 2.000.000 [ad] Rimettiti al primo posto Da quanto tempo non ti prendi cura di te? Se stai leggendo questa newsletter e sei donna, probabilmente avrai mille impegni e progetti, sarai sempre di corsa... un giorno dovrebbe avere 48 ore! Se ti rispecchi in questa descrizione, benvenuta: dal 2019 abbiamo trasformato più di 157.000 donne impegnate come te, aiutandole a sentirsi di nuovo forti e belle. Non devi andare in palestra, non devi avere attrezzi: ti bastano 27 minuti, 3 volte a settimana nella comodità di casa tua con il nostro Pilates. Tra un anno avresti voluto iniziare oggi: per questo ti regaliamo uno sconto esclusivo del 30% se inizi oggi, cliccando il link qui in basso. Ti garantiamo i risultati: se dopo 30 giorni non sei soddisfatta, ti rimborsiamo, nessuna domanda o spiegazione necessaria. Cos’hai da perdere? Entra nel nostro club esclusivo di donne che si vogliono bene, si sentono bene e si vedono bene. PS: lo sconto scade tra 24 ore, non aspettare – la nuova te ti aspetta. Il mercato dell’ossessione per le lucine natalizie C’è nella mia età matura un sentore lieve di malcelato piacere consumistico, un colpevole fare il tifo per quelli che sono oggi additati come i veri cattivi: la compiacenza per i produttori di cazzate. Penso sia dovuto (anche) inconsciamente alle privazioni dell’infanzia. Privazioni come possono essere privazioni quelle percepite da privilegiati figli di dirigente di banca, come si direbbe ora. Non privazioni dovute alla mancanza di risorse economiche quindi ma dal fatto che mia madre, cresciuta nel dopoguerra povero e bisognoso, ci imponeva rinunce che oggi considero completamente insensate e incongrue, che convivevano assieme a spese folli per l’arredamento di casa. Sapete quelli che giuravano che se mettevi le pile sul termosifone queste si ricaricavano? Lei fa parte di quel genere di persone. Ecco, ero un bambino pubblicamente invidiato dai compagni per l’auto di mio padre, ma in privato ero un mendicante di batterie AAA per le decorazioni di Natale o qualsiasi altro gioco che necessitasse di energia elettrica semovente. Figuriamoci dunque quanto erano considerate le decorazioni natalizie. Era sempre la stessa striscia di palline che usciva dalla stessa scatola da quando ne avevo memoria: luminarie luminose, sicuramente made in Padania, orrende, di tutti i colori dell’arcobaleno, ovviamente lampeggianti all’impazzata, dalle lampadine indistruttibili. Certo, allora le cose sì che duravano, signora mia, non c’era l’usa e getta luminoso-natalizio. In realtà quando si rompeva una lampadina si oscuravano tutte, per un motivo ingegneristico scemo che mi hanno spiegato ma che non ricordo mai. Si appoggiavano sul balcone con la propaggine che finiva su di un pino ben al di fuori dalla sua zona di comfort, e finiva lì. Ma, credetemi, era uno strazio, quel rivedere sempre le stesse luminarie. Del resto, non ricordo ci fosse poi nel mondo di allora “un trend” per le lucine. E se c’era, non arrivava sul Resto del Carlino. O forse non ne eravamo a conoscenza perché stavamo in provincia, ma non credo. In queste cose trash la provincia è da sempre all’avanguardia. Anche le vie, che mi ricordi, erano illuminate solo per l'annuale fiera del patrono, non per il Natale. (Forse comparve una cometa luminosa quando iniziò la assurda competizione tra paesi dei presepi meccanici, ma quella è un’altra storia ancora di cui recuperare tracce in questo pdf del 2006, chiamato “Il post sotto l’albero”, ruderi della cosiddetta blogosfera). Luci trendy E invece da qualche anno le luci di Natale sono come le tendenze delle passerelle della moda autunno-inverno. Magari ci sono davvero: a Shenzhen i grossisti faranno le sfilate di lucine. (Una volta vidi tutte le statuette turistiche italiane in mostra a una fiera business a Milano, c’era un tizio asiatico che le quotava a chilogrammi. C’era Capri a fianco di Venezia, e anche quella delle Cinque Terre che marcava stretta la Torre di Pisa. Il business to business, a saperci guardare bene, è sempre molto divertente.) Ed ecco che quattro anni fa ci fu il picco della renna di LED in 3D, con modelli premium che poi morirono economicamente annegati in un’inflazione di renne low-cost cinesi negli anni successivi. Ma la cavalcata delle lucette era iniziata almeno dal nuovo secolo in poi. Prima abbiamo superato i 200 milioni, poi 300 nel 2018, e ora si stima che siamo sopra i 400 milioni all’anno in Italia. Avere luci colorate, proiezioni dinamiche e installazioni artistiche non era più solo un benefit riservato ad amministratori pubblici che sanno come coccolare i propri cittadini a spese dei cittadini stessi. Dai primi anni 2000 si è passati dalle classiche palline carnevalesche nei giardini come il mio ai proiettori che trasformano le pareti delle case in scenari tra il religioso, la disco di Riccione e il noir scandinavo, fino alle luci minimaliste dal design che-bella-Stoccolma-ci-siamo-appena-stati che puntano su sobrietà e raffinatezza, segno di status e reddito superiore. Come nell’armocromia, i trend rimbalzano tra il desiderio di stupire il vicino con effetti stroboscopici e la suddetta ricerca di un’eleganza falsamente modesta che sottintende redditi da Hamptons. A volte mi chiedevo come avessero fatto certi a installare addobbi su tralicci, torri, alberi altissimi: poi ho capito, sono gli artigiani che hanno sempre (un amico con) una gru e non hanno paura a usarla. Qui vicino ho visibili tutte le casistiche: c’è un tizio che ha messo talmente tante luminarie intorno alla casa che la gente si ferma spontaneamente con l’auto a bordo strada a fotografarvici davanti. Di primo acchito ci è rimasto male, ma ora ogni tanto fa perfino il vin brulé per i visitatori e te ne dà un bicchiere se ti fermi a fare due chiacchiere. Potere della vanità. Una matrice Ho fatto uno schema che riassume la mia personale visione etnografica delle lucine. Libero mercato, ti adoro Nella follia luminosa c’entrano l'innovazione tecnologica a basso costo, l’ecommerce e le luci LED low-cost; Instagram è stato la nitroglicerina finale: account Lucidimerda non ti temo, dice l’italiano medio. Se oggi siamo sempre su di un palcoscenico, digitale o reale, le lucine non possono fare eccezione. E dove c’è palcoscenico, arriva chi vuole fornirci tutto il necessario, per il giusto compenso liberistico, o quasi. E poi, dai, è anche tutto più sostenibile: la combo LED a basso consumo, pannelli solari integrati e il tutto-collegato-ad-Alexa permettono un risparmio energetico o almeno ce la raccontiamo. E poi le lucine ce le meritiamo, e che diamine. Perché resistere, dai. Tra Temu, Amazon, DHgate e altre turpi parti della rete si offre un assortimento infinito, che titilla la giusta creatività di ogni proprietario di balcone o di villetta a schiera. Sono solo altri 9 euro e novantanove, a volte 4 e novantanove. Devi solo ricordartene a ottobre, perché appunto il tuo atto creativo deve arrivare da Shenzhen. (Secondo un’indagine di Consumerismo No Profit (?), nel 2023 la spesa media a famiglia per albero, luci e addobbi vari era di circa 233 euro, mentre nel 2024 è salita a 270 euro. Secondo me è troppo, ma di solito sbaglio al ribasso in queste stime. Qualche altra stima va sui 100 euro a famiglia). Luci della città Gli amministratori pubblici fanno parte della competizione. I Comuni investono centinaia di milioni di euro per decorare con budget che vanno da decine di migliaia di euro per i centri minori a milioni per le grandi città come Milano e Roma. E poi naturalmente, i piccoli borghi che devono obbligatoriamente trasformarsi in piccoli presepi così-carini: una recente analisi ha mostrato che i borghi tradizionali vendono fino al 50% in più di prodotti tradizionali ai turisti, se illuminati scenograficamente. Un paio di anni fa ero in Albania a Capodanno e la cittadina in cui mi trovavo era mezza sottosopra per i lavori fognari incompiuti – ma al tunnel di luci in cui fotografarsi + baciarsi non aveva voluto rinunciare. E sapete che vi dico? Secondo me aveva ragione. L’anno scorso facevo la spesa e una coppia di persone (credo) indiane mi ha chiesto una foto. “Qui?” ho pensato. “Ah! Davanti alla luminaria buffa con il nome della nostra città? Ah! Con piacere!”. Sono andati via tutti contenti e io mi sono un po’ vergognato del mio cinismo. Il sindaco ha sempre ragione, conosce i suoi polli, anche quelli nuovi. Trafiletto morale Che poi, se ci pensate, c’è qualcosa di più insensato delle luminarie? A che servono realmente? Gli economisti impazziscono per queste assurdità umane, non se ne fanno una ragione. Però fanno compagnia, cosa che nel PIL non viene evidenziata. Lucine, e tac! subito l’umore cambia. Si risparmia in psicofarmaci a carico del SSN, caro economista. Non è un caso che molti bar e ristoranti oggi usino tutto l’anno luminarie platealmente nate come luci delle feste. Fa emozione. Inspiegabile, ok, ma lo fa. E l’emozione fa scontrini. Un so

    10 min
  3. 6 DIC

    [È venerdì] Ho creato un post virale con l'AI

    Ehi, prima di scrollare aspetta un attimo! * Ho deciso di fare un’asta benefica: in questo modulo puoi fare un’offerta per essere sponsor di due uscite pre-natalizie. Il ricavato (io metto anche l’IVA) andrà a Emergency pro Palestina. Candidature aperte fino a domenica sera alle 23:59. * Ho cambiato il referral game per festeggiare le 20.000 iscrizioni, che con il metodo del link Substack non funziona bene. Per vincerlo devi inoltrare questa mail a tutto l’ufficio marketing - e mandarmi una foto mentre lo fai (cancella i loro nomi). Si vincono fidget spinner brandizzati [mini]marketing, molto trash. Sei tra le 25.000 persone iscritte qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp: grazie, spero che le 4,5 ore per scriverla ti siano state utili. A proposito, che ne dici di presentarti nella newsletter? Dai un’occhiata alle info per sponsorizzare nel 2025. Il quiz della settimana Quale strategia è più indicata per un prodotto premium con un alto valore percepito e un target di nicchia? A) Distribuzione intensiva B) Distribuzione selettiva C) Distribuzione esclusiva D) Distribuzione diretta Risposta in fondo. LinkedIn è il regno dell’AI Qualche giorno fa scopro un articolo che sostiene già nel titolo che il 50% di tutti i post di LinkedIn siano più o meno generati dalla AI, soprattutto quelli lunghi ed elaborati, che sono quelli che hanno più possibilità di diventare virali, come si sa bene in giro. Siccome lì per lì non ho tempo di leggerlo tutto, lo faccio riassumere dalla AI. Il riassunto è così buono che mi viene in mente un diabolico esperimento: postare su LinkedIn il riassunto, creato dalla AI, di un articolo che parla di generazione di post con l’AI su LinkedIn. Ho imparato nel tempo che su LinkedIn può succedere qualunque cosa: ti impegni a scrivere qualcosa di intelligente, e la reach è deludente. Scrivi una sciocchezza, e l’algoritmo nota che la cosa funziona, e la trasforma in una hit assoluta (per i miei numeri, parliamo sempre di migliaia di visualizzazioni). Può essere che mi aspetti troppo dall’utente di LinkedIn e che l’algoritmo abbia ragione. Probabilmente è così. Ma non importa, proseguiamo. Ovviamente, per massimizzare le views lo incollo pari pari, e inserisco il link nel famigerato primo commento come ci insegnano (anche se è un garnde dipende, ne ho parlato qui). Alla fine del post e nel commento con link inserisco l’informazione/disclaimer che il post è stato generato al 100% dalla AI. Prevedo che non succeda niente di che, anche se inconsciamente, dopo decenni di internet, so che a) parlare male di una piattaforma (o male di una piattaforma rivale) su quella stessa piattaforma funziona sempre b) accusare implicitamente metà della popolazione di quella piattaforma di usare la AI, e quindi di barare, potrebbe essere un trigger point di pregio. Come nella più remota delle ipotesi succede un disastro: quel post che mi aveva richiesto circa 20 secondi in tutto è diventato il mio post con più successo di tutto il 2024, e al momento è arrivato a superare le 25.000 visualizzazioni. Mi sono sentito come penso si senta una banana di Cattelan. Ero un truffatore di views o un artista geniale che aveva creato un’installazione digitale? E il lamento “ci potevo riuscire anche io” dunque poteva essere applicato anche stavolta, come per l’arte contemporanea? Qualcuno mi scrive nei commenti che era stupito (quasi deluso!) per quella strana scrittura anonima, impersonale, priva di spigoli, conoscendo come scrivo di solito. Ero impazzito? Perché avevo scritto “tuttavia”? E quell’inciso "non è priva di critiche" poi? I post “virali” di LinkedIn, come tutti i contenuti virali, vanno per definizione a finire a contatto con persone che non sanno chi sei e (mi pare) manco gli interessa, e quindi non riconoscono il contesto originale o il mood dell’autore con cui questi contenuti devono essere letti. Questi non hanno colto minimamente che quel post era una banana attaccata con lo scotch. L’hanno mangiata e basta. Moltissimi dunque non conoscendo la mia scrittura abituale (che esercito quasi solo nella newsletter, oltre che in “Svuota il carrello” e nel mio prossimo libro) non se ne sono accorti e, come il 90% che non ha letto il disclaimer in fondo, l’hanno semplicemente trovato a) un articolo interessante, b) nella media, o c) trascurabile e stop. Un normale mediocre articolo di LinkedIn. Qualcuno ha commentato in modo elaborato, ma scrivendo onestamente che anche il commento era stato messo in bella copia da ChatGPT, a partire da tre o quattro parole chiave. E che questa era vera libertà espressiva per la classe labour, ingegneristica, meccanica di LinkedIn, abituata a lavorare di ferro e numeri e non a scrivere. (Secondo me il ragionamento ha punti a favore.) Altri hanno barato, commentando elaboratamente ma con dei “tuttavia” sospetti. Ma chi sono io per giudicare? Io ci ho fatto il post con l’AI, addirittura. Il problema, come dice Nicola Bonora, non è che ChatGPT scriva impersonalmente bene, è che scrive meglio degli umani impersonali di LinkedIn. Giorgia Fumo, che del resto è una brava Data Driven Comedian, piazza la punch line vincente (ehi, Chiara Galeazzi, hai visto che ti ascoltavo, al corso?) su di un setup che avevo involontariamente creato: “I post scritti con l’AI si riconoscono perché non iniziano con una lamentela.” Qualcuno ha rifinito il concetto scrivendo “o con una auto-lode”. Altri hanno semplicemente detto che se glielo chiediamo, ChatGPT farà anche quello. Avevo preso in giro l’algoritmo? O in realtà ho eseguito quello che voleva l’algoritmo, che se ne frega di chi scrive ciò che triggera e quindi circola di più? A questo punto, pensavo, perché LinkedIn non se li crea da solo? Di certo LinkedIn non se ne accorge, o molto probabilmente non gli interessa. Poi ci ho pensato, al perché. Non se li crea da solo perché il fatto di avere una storia, un corpo, un passato, una persona più che una personalità, più che una reputazione, nell’epoca in cui le macchine scrivono meglio degli uomini, è l’unica risorsa che LinkedIn ancora può sfruttare da noi, dal fatto che stiamo qui a lodarci, a creare post anonimi, a lamentarci in modo AI-generated. LinkedIn ha bisogno (perché noi ne abbiamo bisogno) di sapere che in questo oceano di mediocrità almeno noi utenti siamo in carne e ossa, anche che se le nostre parole sono artificiali. A quelle ci ha/siamo abituati, ce lo aspettiamo. La conclusione del pezzo originale è probabilmente il 90% dei motivi per cui vale la pena leggerlo tutto. Il marketing insegnato dai negozianti Qui Roma. Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà. No screenshot o inoltri social, solo foto vostre. Segnalazioni varie * La scorsa newsletter ho parlato di un’altra presunta morte del funnel, che però fa come i lombrichi, se lo tagli se ne formano due o tre. * È uscito un mio pezzo “back to reality” sulla strategia omnicanale e come perseguirla realisticamente, per il magazine di Eco Della Stampa. * Ho partecipato alla trasmissione Laser della Radio della Svizzera Italiana, condotta da Rachele Bianchi-Porro, sulla regressione infantile collettiva consumistica dei calendari dell’Avvento: il titolo della puntata è “Finestrelle sull’infanzia”. Si ascolta qui. That’s all folks! Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è tanta roba. Per analizzare la strategia, l’organizzazione e il budget o invitarmi a parlare, e per essere sponsor basta rispondere alla mail. E se ti è piaciuta, inoltrala. ciao, gluca Grazie a Daniela Bollini per la paziente correzione e a Cristina Portolano per i separatori. Quiz: la risposta corretta è C) Distribuzione esclusiva. Kotler dixit: la distribuzione esclusiva limita i punti vendita, rafforzando l’immagine di lusso e unicità di un prodotto premium, creando un valore percepito più alto e mantenendo il controllo sul posizionamento. This is a public episode. If you would like to discuss this with other subscribers or get access to bonus episodes, visit lettera.minimarketing.it

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