[È venerdì] C'è mercato per l'ossessione per le lucine natalizie
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Il mercato dell’ossessione per le lucine natalizie C’è nella mia età matura un sentore lieve di malcelato piacere consumistico, un colpevole fare il tifo per quelli che sono oggi additati come i veri cattivi: la compiacenza per i produttori di cazzate. Penso sia dovuto (anche) inconsciamente alle privazioni dell’infanzia. Privazioni come possono essere privazioni quelle percepite da privilegiati figli di dirigente di banca, come si direbbe ora. Non privazioni dovute alla mancanza di risorse economiche quindi ma dal fatto che mia madre, cresciuta nel dopoguerra povero e bisognoso, ci imponeva rinunce che oggi considero completamente insensate e incongrue, che convivevano assieme a spese folli per l’arredamento di casa. Sapete quelli che giuravano che se mettevi le pile sul termosifone queste si ricaricavano? Lei fa parte di quel genere di persone. Ecco, ero un bambino pubblicamente invidiato dai compagni per l’auto di mio padre, ma in privato ero un mendicante di batterie AAA per le decorazioni di Natale o qualsiasi altro gioco che necessitasse di energia elettrica semovente. Figuriamoci dunque quanto erano considerate le decorazioni natalizie. Era sempre la stessa striscia di palline che usciva dalla stessa scatola da quando ne avevo memoria: luminarie luminose, sicuramente made in Padania, orrende, di tutti i colori dell’arcobaleno, ovviamente lampeggianti all’impazzata, dalle lampadine indistruttibili. Certo, allora le cose sì che duravano, signora mia, non c’era l’usa e getta luminoso-natalizio. In realtà quando si rompeva una lampadina si oscuravano tutte, per un motivo ingegneristico scemo che mi hanno spiegato ma che non ricordo mai. Si appoggiavano sul balcone con la propaggine che finiva su di un pino ben al di fuori dalla sua zona di comfort, e finiva lì. Ma, credetemi, era uno strazio, quel rivedere sempre le stesse luminarie. Del resto, non ricordo ci fosse poi nel mondo di allora “un trend” per le lucine. E se c’era, non arrivava sul Resto del Carlino. O forse non ne eravamo a conoscenza perché stavamo in provincia, ma non credo. In queste cose trash la provincia è da sempre all’avanguardia. Anche le vie, che mi ricordi, erano illuminate solo per l'annuale fiera del patrono, non per il Natale. (Forse comparve una cometa luminosa quando iniziò la assurda competizione tra paesi dei presepi meccanici, ma quella è un’altra storia ancora di cui recuperare tracce in questo pdf del 2006, chiamato “Il post sotto l’albero”, ruderi della cosiddetta blogosfera). Luci trendy E invece da qualche anno le luci di Natale sono come le tendenze delle passerelle della moda autunno-inverno. Magari ci sono davvero: a Shenzhen i grossisti faranno le sfilate di lucine. (Una volta vidi tutte le statuette turistiche italiane in mostra a una fiera business a Milano, c’era un tizio asiatico che le quotava a chilogrammi. C’era Capri a fianco di Venezia, e anche quella delle Cinque Terre che marcava stretta la Torre di Pisa. Il business to business, a saperci guardare bene, è sempre molto divertente.) Ed ecco che quattro anni fa ci fu il picco della renna di LED in 3D, con modelli premium che poi morirono economicamente annegati in un’inflazione di renne low-cost cinesi negli anni successivi. Ma la cavalcata delle lucette era iniziata almeno dal nuovo secolo in poi. Prima abbiamo superato i 200 milioni, poi 300 nel 2018, e ora si stima che siamo sopra i 400 milioni all’anno in Italia. Avere luci colorate, proiezioni dinamiche e installazioni artistiche non era più solo un benefit riservato ad amministratori pubblici che sanno come coccolare i propri cittadini a spese dei cittadini stessi. Dai primi anni 2000 si è passati dalle classiche palline carnevalesche nei giardini come il mio ai proiettori che trasformano le pareti delle case in scenari tra il religioso, la disco di Riccione e il noir scandinavo, fino alle luci minimaliste dal design che-bella-Stoccolma-ci-siamo-appena-stati che puntano su sobrietà e raffinatezza, segno di status e reddito superiore. Come nell’armocromia, i trend rimbalzano tra il desiderio di stupire il vicino con effetti stroboscopici e la suddetta ricerca di un’eleganza falsamente modesta che sottintende redditi da Hamptons. A volte mi chiedevo come avessero fatto certi a installare addobbi su tralicci, torri, alberi altissimi: poi ho capito, sono gli artigiani che hanno sempre (un amico con) una gru e non hanno paura a usarla. Qui vicino ho visibili tutte le casistiche: c’è un tizio che ha messo talmente tante luminarie intorno alla casa che la gente si ferma spontaneamente con l’auto a bordo strada a fotografarvici davanti. Di primo acchito ci è rimasto male, ma ora ogni tanto fa perfino il vin brulé per i visitatori e te ne dà un bicchiere se ti fermi a fare due chiacchiere. Potere della vanità. Una matrice Ho fatto uno schema che riassume la mia personale visione etnografica delle lucine. Libero mercato, ti adoro Nella follia luminosa c’entrano l'innovazione tecnologica a basso costo, l’ecommerce e le luci LED low-cost; Instagram è stato la nitroglicerina finale: account Lucidimerda non ti temo, dice l’italiano medio. Se oggi siamo sempre su di un palcoscenico, digitale o reale, le lucine non possono fare eccezione. E dove c’è palcoscenico, arriva chi vuole fornirci tutto il necessario, per il giusto compenso liberistico, o quasi. E poi, dai, è anche tutto più sostenibile: la combo LED a basso consumo, pannelli solari integrati e il tutto-collegato-ad-Alexa permettono un risparmio energetico o almeno ce la raccontiamo. E poi le lucine ce le meritiamo, e che diamine. Perché resistere, dai. Tra Temu, Amazon, DHgate e altre turpi parti della rete si offre un assortimento infinito, che titilla la giusta creatività di ogni proprietario di balcone o di villetta a schiera. Sono solo altri 9 euro e novantanove, a volte 4 e novantanove. Devi solo ricordartene a ottobre, perché appunto il tuo atto creativo deve arrivare da Shenzhen. (Secondo un’indagine di Consumerismo No Profit (?), nel 2023 la spesa media a famiglia per albero, luci e addobbi vari era di circa 233 euro, mentre nel 2024 è salita a 270 euro. Secondo me è troppo, ma di solito sbaglio al ribasso in queste stime. Qualche altra stima va sui 100 euro a famiglia). Luci della città Gli amministratori pubblici fanno parte della competizione. I Comuni investono centinaia di milioni di euro per decorare con budget che vanno da decine di migliaia di euro per i centri minori a milioni per le grandi città come Milano e Roma. E poi naturalmente, i piccoli borghi che devono obbligatoriamente trasformarsi in piccoli presepi così-carini: una recente analisi ha mostrato che i borghi tradizionali vendono fino al 50% in più di prodotti tradizionali ai turisti, se illuminati scenograficamente. Un paio di anni fa ero in Albania a Capodanno e la cittadina in cui mi trovavo era mezza sottosopra per i lavori fognari incompiuti – ma al tunnel di luci in cui fotografarsi + baciarsi non aveva voluto rinunciare. E sapete che vi dico? Secondo me aveva ragione. L’anno scorso facevo la spesa e una coppia di persone (credo) indiane mi ha chiesto una foto. “Qui?” ho pensato. “Ah! Davanti alla luminaria buffa con il nome della nostra città? Ah! Con piacere!”. Sono andati via tutti contenti e io mi sono un po’ vergognato del mio cinismo. Il sindaco ha sempre ragione, conosce i suoi polli, anche quelli nuovi. Trafiletto morale Che poi, se ci pensate, c’è qualcosa di più insensato delle luminarie? A che servono realmente? Gli economisti impazziscono per queste assurdità umane, non se ne fanno una ragione. Però fanno compagnia, cosa che nel PIL non viene evidenziata. Lucine, e tac! subito l’umore cambia. Si risparmia in psicofarmaci a carico del SSN, caro economista. Non è un caso che molti bar e ristoranti oggi usino tutto l’anno luminarie platealmente nate come luci delle feste. Fa emozione. Inspiegabile, ok, ma lo fa. E l’emozione fa scontrini. Un so