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Psicologia Cognitiva Applicata Amedeo Draghi
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- Scienze
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4,3 • 4 valutazioni
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Le migliori informazioni Evidencebased sulla scienze psicologiche a vari ambiti di interesse, dalla psicologia cognitiva applicata, alle neuroscienze, alla psicologia sociale e molto altro. Il tutto condito con una spolveratina di storytelling.
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Bias cognitivi e Architetti delle scelte
Sai che cos’è un architetto delle scelte? Un tipo strano, un po’ pensieroso, che architetta percorsi decisionali. Ti spinge a prendere una decisione, senza tuttavia obbligarti. Per farlo, sfrutta il cervello.
No, non il suo cervello, il tuo. Non capisci?
Lascia che ti spieghi meglio. La cognizione umana, intesa come l’insieme delle abilità di pensiero, attenzione e ragionamento, è limitata. Gli architetti delle scelte lo sanno bene, e per questo quando vengono chiamati ad allestire mostre, ristoranti o negozi, sfruttano le loro conoscenze dell’essere umano per favorire scelte ottimali.
Si, ma… ottimali per chi?
Dipende, ovviamente, dall’etica dell’architetto. Per esempio, un mio amico una volta ha progettato una mensa per una scuola. Avendo cura della salute dei bambini, ha progettato il bancone dei contorni mettendo a vista l’insalata, e lasciando le patatine fritte o il junk food al livello dei piedi. Si sa come sono fatti gli studenti… a mensa prendono la prima cosa che capita.
La verdura, però, apporta un quantitativo di micronutrienti superiore alle patatine fritte. Senza fare il nutrizionista di turno, progettando in quel modo la mensa, ha spinto gentilmente i ragazzi a scegliere la verdura, senza tuttavia obbligarli. Un altro mio amico che, come l’altro di professione fa l’architetto delle scelte, sta progettando videogiochi. Lui non ha alcun senso etico, e tende a privilegiare l’interesse di chi lo ha ingaggiato.
Così, ha progettato questo videogioco in modo da spingere i giocatori a rimanere molte ore, promuovendo comportamenti simili alla dipendenza. Poco importa se così facendo si rovinano vite, dice lui. Se ti pagano così tanto… Entrambi sfruttano i famosissimi bias cognitivi per raggiungere i loro obiettivi. -
La pratica può battere la genetica?
Da che se ne abbia memoria, è possibile dividere il mondo in due emisferi virtuali: il primo è popolato da persone che vedono la genetica come causa primaria delle loro abilità. Il secondo, invece, è popolato da chi vede nell’allenamento e nella pratica costante il vero motore dello sviluppo personale e societario.
Chi ha ragione?
La ricerca scientifica si è sprecata in merito, senza tuttavia giungere ad una risposta definitiva. Si, perché indipendentemente dalla domanda, la scienza non giunge mai ad una risposta definitiva. Per sua natura, tende a supportare ipotesi poi falsificate da ricerche future. Tradotto per lo scopo di oggi, benché sia impossibile fornire LA risposta, esistono innumerevoli evidenze che…
Scopri di più nella puntata di oggi! -
Perché i buoni propositi falliscono (quasi) sempre
Ogni anno è l’anno giusto per evolvere, mettersi in riga, dimagrire, studiare o cambiare drasticamente registro. L’idea che il nuovo porti con sé un cambiamento importante ci affascina e ci conquista. Almeno ai primi di gennaio. Poi le cose iniziano ad andare diversamente, perché la vita è un fiume in piena impossibile da fermare.
Così, alla fine dell’anno seguente sarà sempre uguale. Ti ritroverai a voler evolvere, metterti in riga, dimagrire, studiare seriamente o cambiare registro. C’è chi ripete questi pensieri per cinque anni, chi per dieci, chi per una vita intera senza mai interrogarsi sul perché, nonostante i pensieri, le cose rimangano così come sono.
I motivi possono essere molteplici, e anzi fermandosi a ragionare se ne potrebbero trovare molti di plausibili. L’essere umano ha ben poche certezze, e una di queste è la seguente: Se ti comporti come hai sempre fatto, difficilmente le cose potranno cambiare.
E certo, tra le cose ci sei anche tu. La puntata di oggi è per chi non ha mai utilizzato il modello SMART per fissare i propri obiettivi. Si, perché se un obiettivo non è specifico, misurabile, sfidante, rilevante e definito nel tempo difficilmente lo raggiungerai. -
Psicologia del commento online: il caso Mava Chou
I social media sono un posto interessante, che offre una miriade di opportunità. C’è chi usa LinkedIn per cercare lavoro, chi instagram e facebook per raggiungere potenziali clienti, e chi invece cerca di apprendere nuove competenze pratiche su Youtube.
Ci sono altri, invece, che fanno un utilizzo del tutto sbagliato e – non importa quale piattaforma – insultano. Lo fanno nei commenti, in chat, condividendo alcuni contenuti con parolacce e bestemmie annesse.
La maggior parte di questi coloriti personaggi non lo fa con cattiveria reale, ma senza rendersene conto arreca danno e sofferenza psicologica alle persone che subiscono i maltrattamenti verbali.
Famoso è il caso di Maeva Frossard, un caso di cronaca passato in sordina che a mio modo di vedere avrebbe dovuto fare molto più rumore. -
Perché le persone non hanno votato: l'impotenza appresa
Le ultime elezioni, nel bene o nel male, hanno portato ad un dato preoccupante. O meglio, che dovrebbe far preoccupare. Più di sedici milioni di elettori, pari al 37% della platea, non hanno esercitato il loro diritto di voto.
Ora, potremmo addentrarci nei soliti qualunquismi dicendo che certo, il voto è un diritto e non un obbligo, ma che allora se non si vota poi non ci si può lamentare del risultato. Potremmo, ma… non lo faremo.
No, perché qui andiamo ad analizzare e a restituire un pensiero sulla base di teorie e dati scientifici. Non ci sono perciò pensieri faziosi. Anziché giudicare, schierandoci dalla parte di chi ha votato e di chi invece non lo ha fatto, cerchiamo di capire il perché di tale comportamento.
Un motivo che, a mio modo di vedere, è di natura psicologica. Per comprendere di cosa si tratti, dobbiamo tornare indietro nel tempo. Precisamente, negli anni sessanta del secolo scorso.
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Uanna e il Marketing: i televenditori venderebbero anche ai giorni nostri?
Il documentario di Netflix ha riportato milioni di italiani indietro nel tempo, alle memorie di quando l’unico schermo che avevamo a disposizione era il televisore. Un triste ammasso di materia con poca, pochissima scelta.
E allora tanto valeva dare un’occhiata alle televendite. Era divertente e assurdo allo stesso tempo. Osservando la Wanna nazionale e altri personaggi di spicco, ci chiedevamo in continuazione “chi comprerebbe mai una roba del genere? Sarà tutto finto…”
Ma la gente chiamava davvero, comprava davvero, e secondo le inchieste poi portate avanti da striscia e altri giornalisti, veniva persino raggirata. Certo, ma non da tutti. Solo da alcuni televenditori.
Data la fama impressionante del documentario Netflix, molti si sono posti la seguente domanda “se la vanna nazionale fosse vissuta ai giorni nostri, avrebbe avuto tutto questo grande ritorno economico?”
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Recensioni dei clienti
Motivatore o Coach?
Buongiorno.
Molti dei vostri podcast mi piacciono. Allo stesso tempo non mi trovo molto in linea quando parlate di “motivazione: i coach senza laurea possono parlare?”
Si tratta di una frase che contiene principi in antitesi.
Da coach (e da laureato in psicologia) io non mi permetto di sbilanciarmi sulla vostra disciplina. Sarebbe bello che faceste voi altrettanto. I Coach (quello seri, formati, certificati a livello internazionale) NON sono dei motivatori. La prima regola che viene insegnata ad un Coach è la sospensione del giudizio e del consiglio. Il coaching deriva dalla maieutica socratica, che non insegna “a campare”, non porta maestri di vita ma sfrutta unicamente l’ascolto, le domande potenti che permettono di acquisire consapevolezza ed il feedback.
Sarebbe onesto intellettualmente un podcast che parli seriamente dell’arte del coaching e non dei motivatori o dei ciarlatani, che esistono anche nelle psicologia 🙂