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    Corpus Dei: Abusi sessuali e crimini del Vaticano e della Chiesa italiana, uno studio sulle percezioni pubbliche e la copertura mediatica.

    Corpus Dei: Abusi sessuali e crimini del Vaticano e della Chiesa italiana, uno studio sulle percezioni pubbliche e la copertura mediatica.

    Testo integrale in inglese (Corpus Dei Raviglione Barbara)















    Raviglione Barbara

    UP2066699
    Data: 2 maggio 2024
    Supervisore: Veronika Carruthers
    Conteggio parole: 10.481
    Tesi presentata in parziale adempimento dei requisiti della laurea in Criminologia BSC (Hons) con laurea in Psicologia.

    UNIVERSITÀ DI PORTSMOUTH

    SCUOLA DI CRIMINOLOGIA E GIUSTIZIA PENALE

    Dichiaro che la presente tesi è sostanzialmente opera mia;
    Acconsento che la mia tesi in questo formato attribuito (non anonimo), soggetto all'approvazione finale della Commissione d'esame, sia resa disponibile elettronicamente nell'archivio tesi della Biblioteca e/o negli archivi digitali del Dipartimento. Le tesi verranno conservate di norma per un massimo di dieci anni;
    Comprendo che se acconsento, questa tesi sarà accessibile solo al personale e agli studenti solo come riferimento;
    Questa autorizzazione può essere revocata in qualsiasi momento inviando un'e-mail a data-protection@port.ac.uk .

    FIRMATO:

    NOME IN STAMPATELLO: Raviglione Barbara

    DATA: 2 maggio 2024

    Ringraziamenti
    Vorrei ringraziare i miei supervisori, la dottoressa Leah Fox e Veronika Carruthers, per il supporto che mi hanno fornito lo scorso anno, dal mio primo passo fino al completamento di questa tesi. Inoltre, un ringraziamento speciale va all'Università di Portsmouth, alla Scuola di Criminologia e Giustizia Penale e al personale dell'Università.
    Con gratitudine ringrazio la mia famiglia, per il sostegno anche a chilometri di distanza, per le infinite chiamate a superare la distanza, e per accogliermi sempre a casa con un abbraccio. Senza di te, niente di tutto questo sarebbe possibile.
    Inoltre, voglio ringraziare i miei amici, coloro con cui ho condiviso momenti preziosi, di felicità e di tristezza, dalle serate di gioco alle interminabili sessioni in biblioteca, e una menzione speciale va a Edward, che è stato il mio primo amico in questo nuovo Paese e non se n'è mai andato. il mio lato.

    Infine, una menzione particolare va ad Atlante, Astolfo, Orlando e Luna, che ora solcano i cieli e mi osservano dall'alto: mi avete mostrato che c'è bellezza e speranza nella vita.

    Parla di equità, ce ne fosse la metà

    Saremmo già da un pezzo in fuga in mare aperto,

    Parla di onestà, ce ne fosse la metà

    Sareste già da un pezzo prossimi all’arresto.

    Willie Peyote, “Io non sono razzista ma…”.

    Astratto
    La questione degli abusi sessuali clericali è stata importante fin dal Medioevo; tuttavia, è stato considerato un crimine minaccioso solo dagli anni '80. Casi come l'articolo Spotlight del Boston Globe, le inchieste sul mandato del governo irlandese e le scoperte nel giornalismo spagnolo hanno portato alla luce le ramificazioni di questo crimine nella Chiesa cattolica romana. Tuttavia, la letteratura riguardante la penisola italiana è scarsa e nuova e si concentra principalmente sulla storia degli abusi sessuali da parte dell'Ecclesiaste o sul racconto delle esperienze delle vittime. Questa tesi mira a colmare le lacune relative agli atteggiamenti pubblici e alla copertura mediatica, al fine di scoprire se uno influenza l'altro e le eventuali questioni circostanti. È stato realizzato attraverso l'utilizzo di un approccio metodologico misto, ovvero un'indagine dedicata alla popolazione italiana e un'intervista ad un'importante associazione di sopravvissuti. I principali risultati evidenziano la mancanza di misure per prevenire il verificarsi di abusi, la collaborazione tra Chiesa e Stato e la ridotta presenza di segnalazioni di abusi sessuali clericali nei principali media italiani. Attraverso l’impiego delle teorie della Criminologia Critica, in particolare correlandole al clericalismo e all’egemonia dei media, questo articolo ha scoperto che la classe dirigente influenza fortemente la pubblicazione di articoli che circondano questa violenza sessuale, poiché non si adattano all’agenda politica. Pertanto,

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    La santa disinformazione

    La santa disinformazione

    Due o tre cose da tenere a mente quando si legge una notizia di cronaca  che riguarda membri della Chiesa o della Santa Sede sui principali giornali del nostro Paese, oppure quando viene data su uno dei Tg della Rai. In Italia è cosa rara l'informazione sulle cose di Chiesa indipendente dalla Chiesa stessa.
    Quasi tutte le notizie più importanti che passano attraverso i media generalisti arrivano direttamente dalla sala stampa della Santa Sede o sono filtrate dai “vaticanisti”, giornalisti cioè formati e accreditati presso la Sala Stampa vaticana. E che rischiano di perdere l’accredito in caso di articoli non graditi da Casa Madre. A parte rare eccezioni, le inchieste o gli approfondimenti sui lati oscuri della Chiesa quasi mai vengono approcciati con una visione realmente laica, indipendente e deontologicamente ineccepibile. Al contrario, si raccontano in maniera del tutto parziale, cioè solo dal punto di vista della Chiesa, le situazioni di criticità che riguardano tutto ciò che accade all'interno e in “prossimità” delle mura leonine.
    Un altro elemento fortemente indicativo è rappresentato dal numero di testate giornalistiche riconducibili alla Chiesa che usufruiscono dei fondi pubblici all’editoria. Come ho ricostruito in un’inchiesta sulla rivista Nessun Dogma, su 117 giornali e periodici che si spartiscono i contributi, ben 55 (il 47%) sono testate e riviste di chiara matrice cattolica, se non addirittura organi di stampa che fanno capo ad alcune delle 224 diocesi italiane. In pratica quasi un giornale su due finanziato dallo Stato ha come editore di riferimento la Chiesa. Poiché tre indizi fanno una prova, ne cito un altro. Mi riferisco al solido accordo, di recente rinnovato, tra la Rai e la Conferenza episcopale per la trasmissione di contenuti religiosi nella televisione pubblica. Un’intesa che ha rafforzato il numero di trasmissioni a contenuto religioso e di religiosi nelle trasmissioni della tv pubblica, in un palinsesto zeppo di fiction a sfondo religioso e dove già la Chiesa cattolica sfiora il 100% di presenze sul totale dei soggetti confessionali, e dove nei tre Tg nazionali, ma anche nei principali Tg privati, il papa è più presente del presidente Mattarella.
    E poi ci sono i giubilei e le beatificazioni. Veri e propri strumenti di auto promozione a spese del contribuente italiano che oramai vengono utilizzati con scadenze sempre più ravvicinate. Come ricordano diversi studiosi, dato che per quattro secoli in età moderna e contemporanea i papi sono stati quasi tutti italiani, il nostro Paese è divenuto una terra “privilegiata” di destinazione del messaggio e di formazione di una mentalità religiosa collettiva. E abbiamo i principali quotidiani che quando scrivono del papa usano l'epiteto “sua santità” o analoghi, accettando acriticamente la dimensione clericale che è insita in questa terminologia, contribuendo a far attecchire questa mentalità.
    E così a poco a poco l’opinione pubblica perde di vista alcune cose fondamentali per sviluppare il proprio senso critico. Per esempio? Per esempio è bene ricordare che la Santa Sede è una monarchia assoluta governata da una casta maschile celibe di circa 200 cardinali. Il papa detiene il potere assoluto nella chiesa cattolica e nella dimensione politica riassume i tre poteri nella sua persona esercitati generalmente tramite delega (legislativo, esecutivo e giudiziario). Tutti gli devono obbedienza attraverso le vie gerarchiche. Il pontefice è colui che insieme a quella casta decide le regole morali a cui si devono attenere loro stessi, il clero e soprattutto l'enorme numero di fedeli nel mondo. La prima conseguenza di una struttura organizzata in questo modo è la mancanza di trasparenza che nell'informazione e nell'attività giudiziaria della Santa Sede raggiunge i livelli più elevati. Perché a monte c'è l'idea che il papa, cioè la chiesa cattolica, non deve giustificarsi con nessuno di ciò che fa e dice. Delle pr

    SAVONA; i due Papi pedofili; la Rete L’ABUSO e una panchina viola.

    SAVONA; i due Papi pedofili; la Rete L’ABUSO e una panchina viola.

    La storia di Savona, piccola città ligure del nord Italia, dalla seconda metà del 1400 al centro tuttavia di curiosi casi, alcuni riconducibili ancora oggi alle crociate tra cui la leggenda di don Bertolotti. Una serie di coincidenze, compreso il fatto che nasca proprio a Savona nel 2010 - oltre alla Rete L'ABUSO - il primo focolaio italiano di sopravvissuti che riuscirà a dare a tante vittime in tutta Italia, il coraggio di uscire allo scoperto.
    Una serie di situazioni che negli anni ha portato tanti cattolici a pensare che in qualche modo l'associazione, fosse la mano della volontà divina contro il dramma della pedofilia nella chiesa. Questo per una serie fortuita di fattori indubbiamente rilevanti, che hanno popolato la storia di questa piccola città.
    Ma partiamo dalla fine… la panchina viola contro gli abusi sessuali su minori e persone vulnerabili impiantata a Savona il 24 febbraio 2024 in piazza Giulio II.
    Come dissi allora “ Una panchina colorata di viola non salva i bambini e non cura chi è stato abusato…è la società che deve farlo”.
    Questa è tuttavia in Italia la prima panchina contro l'abuso sessuale su minori e persone vulnerabili. Ne abbiamo cercate invano altre per aggregarci dando per palesemente scontato ci fosse già un'iniziativa.
    Invece nulla! Inverosimile che nessuno ci abbia mai pensato, ma i fatti sono questi, per ciò l'iniziativa ha avuto ancora più valore.
    Il fatto che si sia voluta impiantare proprio nella piazza che porta il nome di Papa Giulio II, non è affatto una casualità invece, ed è da qui che parte la nostra storia e la visione mistica ti tanti cattolici che negli anni la Rete ha soccorso e aiutato.
    “ Tutta la storia della Chiesa è attraversata da episodi di abusi e violenze sui bambini di cui si sono resi protagonisti anche numerosi pontefici. Dal 366, con Damaso I, fino al 1550, con Giulio III, se ne contano diciassette .”
    Due di questi sono savonesi oltre che parenti. Parliamo di “ Sisto IV, papa dal 1471 al 1484, noto alle cronache dell'epoca per la sua relazione con un dodicenne. "
    “ Scrive di Sisto IV il cronista suo contemporaneo Stefano Infessura: «Costui, come è tramandato dal popolo, ei fatti dimostrarono, fu amante dei ragazzi e sodomita, infatti cosa ha fatto per i ragazzi che lo servivano in camera lo insegna l'esperienza; a loro non solo donò un reddito di molte migliaia di ducati, ma osò addirittura elargire il cardinalato e importanti vescovati. Infatti fu forse per altro motivo, come dicono certi, che abbia prediletto il conte Girolamo, e Pietro, suo fratello e poi cardinale di san Sisto, se non per via della sodomia? E che dire del figlio del barbiere? Costui, fanciullo di nemmeno dodici anni, stava di continuo con lui, e lo dotò di tali e tante ricchezze, buone rendite e, come dicono, di un importante vescovato; costui, si dice, voleva elevarlo al cardinalato, contro ogni giustizia, anche se era bambino, ma Dio vanificò il suo desiderio».”
    Sisto IV era lo zio di Giulio II che diventerà papa nel 1503 e soprannominato “ il papa guerriero ”.
    Di Giulio II, “nel 1511, si documenta la storia con il piccolo Gonzaga di dieci anni”.
    Siamo nel 1550 e una pasquinata di allora recita:


    Ama Del Monte con uguale ardore
    la scimmia e il servitore.
    Egli al vago femmineo garzoncello
    ha mandato il cappello: [nda l'ha nominato cardinale]
    perché la scimmia, a trattamento uguale,
    non fa pur cardinale?»

    *Testo tratto da “ Chiesa e pedofilia ” di Federico Tulli (L'Asino d'oro ed., 2010, pp. 19-21)
    Certamente ora apparirà più chiaro il motivo e l'importanza simbolica di una panchina contro l'abuso, promossa per la prima volta in Italia dall'unica associazione che si occupa nello specifico di vittime del clero. Per questo si è scelta come primo impianto italiano piazza Giulio II. Quella dedicata allo zio Sisto IV è priva di panchine e perciò esclusa.
    Ma un altro papa toccherà la storia di Savona. In questo caso non si ha di lui notizia

    Non solo Spotlight

    Non solo Spotlight

    In tanti conosciamo la sconcertante vicenda di pedoflia scoperta dal Boston globe tra la fine del 2001 e il 2002 - e magistralmente ricostruita nel film Spotlight - ma pochi ricordano in quale contesto si sviluppò. Si tende quindi a credere che quello che accadde nella diocesi di Boston fu una sorta di fulmine a ciel sereno. Nulla di più lontano dalla realtà.
    Già prima della metà del 2001 - cioè quasi sei mesi prima del primo articolo di Spotlight che risale al 10 settembre 2001 - dagli Stati Uniti giungevano segnali evidenti che le fondamenta della Chiesa americana cominciavano a scricchiolare pericolosamente.
    Il 30 aprile 2001 Giovanni Paolo II interviene sul problema dei preti pedofili con il Motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, e poche settimane dopo, il 21 maggio, con l’autorizzazione del De delictis gravioribus firmato dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger, e dal suo segretario, il cardinale Tarcisio Bertone. Ratzinger intima ai vescovi di essere tempestivamente informato delle accuse di pedofilia contro i sacerdoti e li esorta a svolgere indagini, anche di fronte a un semplice sospetto. Nulla deve trapelare se non a procedimenti conclusi, che possono durare però anche decine di anni. Sulla base di queste disposizioni, che rinnovano espressamente quanto stabilito nel Crimen sollicitationis di Giovanni XXIII, un anno dopo il 23 aprile 2002 i tredici cardinali statunitensi entrano in Vaticano al cospetto di Giovanni Paolo II. Il pontefice definisce la pedofilia «un crimine» e «un peccato» dicendo che non c’è «posto nel sacerdozio» per chi potrebbe far male ai bambini. Le stesse parole saranno rivolte dal suo successore nel 2010 ai vescovi d’Irlanda. Siamo nel pieno della bufera sollevata dalle inchieste di Spotlight del Boston Globe che porteranno a fine anno alle dimissioni del cardinale Law.
    Le conclusioni di quella riunione ispirano i 252 vescovi statunitensi che il 26 giugno 2002 approvano lo Statuto dei vescovi per la protezione dei bambini e dei giovani, in cui si prevede che i preti che sono stati o che saranno coinvolti in casi di pedofilia non potranno più avere contatti con i fedeli, quindi celebrare messa o insegnare catechismo. Non passa, però, la linea della “tolleranza zero”, quella della sospensione automatica “a divinis” di chi è coinvolto negli scandali e quella di chi propone di trattare tutti gli stessi casi allo stesso modo. Compresi quelli relativi ad accuse che si riferiscono a venti o trent’anni prima (come nel caso della gran parte delle vicende denunciate in quei mesi negli Usa in seguito all’inchiesta del Boston globe) e che colpiscono un prete che nel frattempo si è rivelato «cambiato e innocuo». Contro la tolleranza zero e a favore di «un invito alla prudenza» spingono soprattutto due figure carismatiche: gli arcivescovi di New York e Chicago, Edward Egan e Francis George.
    Per inciso, due anni dopo, il 27 febbraio 2004 il National Review Board (NRB), il gruppo di controllo di laici insediato dalla Conferenza episcopale americana, accuserà Egan di «aver chiuso gli occhi davanti a evidenti casi di pedofilia». Analoga accusa riceverà nel gennaio del 2006, sempre dal NRB, Francis George, per essersi rifiutato di rimuovere il reverendo Daniel McCormack quando già a ottobre 2005 questi era finito sotto inchiesta per pedofilia. In seguito si scoprirà che McCormack aveva violentato una sua alunna di dodici anni fino a dicembre di quell’anno. Nel 2007 George fu nominato a capo della Conferenza episcopale americana.
    Torniamo al 2002 e allo Statuto dei vescovi di Dallas. Bisognerà attendere quattro mesi prima che il Vaticano si pronunci sul documento. Il verdetto viene emesso il 18 ottobre ed è negativo. Le norme sono da riscrivere perché non si conciliano con il diritto canonico. La bocciatura della Santa Sede porta la firma dal cardinale Giovanni Battista Re in qualità di prefetto d

    DALLA PARTE DEI BAMBINI – Pedofilia e Chiesa: rompere il silenzio

    DALLA PARTE DEI BAMBINI – Pedofilia e Chiesa: rompere il silenzio

    “Dalla parte dei bambini” vuole essere una ricognizione sul fenomeno dell’abuso sessuale sui minori: la pedofilia.
    Capire l'entità del fenomeno, i silenzi e le coperture, le complicità e le connivenze.
    Un fenomeno complesso che non è, ovviamente, solo ecclesiastico, ma che trova in questo ambiente una sua collocazione omertosa, con tentativi di ridimensionamento e insabbiamento di eventi criminosi, corsie preferenziali e assenza di tutela per le vittime.
    L ’atteggiamento dei vertici cattolici nei confronti degli abusi perpetrati da propri rappresentanti non è mai stato di particolare disponibilità: nel migliore dei casi si è cercato di minimizzare il fenomeno, nel peggiore si è arrivati ad attaccare frontalmente chi ha avuto il coraggio di parlarne.
    E’ tuttavia in corso un cambiamento, che sta prendendo piede da un nuovo modo di intendere il bambino: l’infanzia è un mondo a cui le società del terzo millennio prestano molta più attenzione di prima. Lo stupro non è più banalizzato come accadeva fino a pochi anni fa: ora, con l’eccezione della Santa Sede, è quasi ovunque considerato un reato contro la persona, e questo rende molto più palese che qualsiasi forma di stupro è da considerarsi un atto criminale. Forse, è anche il frutto di un atteggiamento diverso da parte dei fedeli, non più disposti a tollerare qualunque comportamento da parte delle loro guide spirituali.
    In Italia se ne parla, ma meno che altrove: non perché manchino i casi, ma perché è presente una stretta censoria sui mezzi di informazione, che impedisce di affrontare l’argomento così come viene affrontato persino in paesi meno secolarizzati del nostro .
    Il problema viene affrontato da diversi punti di vista:
    l primo riguarda la mentalità, abbiamo la cultura del silenzio, dell’omertà. Abbiamo anche lo stigma contro le vittime degli stupri e degli abusi. E abbiamo anche il concetto che preti e vescovi siano più uguali di altri, siano sacri, santi, intoccabili.
    Ma abbiamo anche questioni di diritto perché il Concordato, che la nostra Corte suprema ha definito come un tipo molto particolare di trattato internazionale, riafferma nell’art. 1 dell’Accordo il principio secondo cui “Stato e Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani”.
    D’altra parte, pero’ :
    l’ARTICOLO 4 delinea immunità ed esenzioni dal servizio militare per gli ecclesiastici e religiosi e stabilisce il principio che “gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”.
    Pertanto, “grazie” al Concordato, il clero cattolico non è tenuto a fornire alle autorità informazioni rilevanti di cui viene a conoscenza, comprese notizie di reato.
    VIENE MINATO IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE SECONDO CUI TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE, E DEVONO AVERE LO STESSO TRATTAMENTO.
    Inoltre, nel protocollo addizionale, al punto 2 (b) si stabilisce quanto segue:
    “La Repubblica italiana assicura che l'autorità giudiziaria darà comunicazione all'autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.”
    Si prevede quindi che sacerdoti e vescovi che stanno per essere indagati debbano essere preventivamente informati dalla polizia. con un evidente rischio di inquinamento delle prove.
    VIENE MINATO IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA DELLO STATO LAICO ITALIANO.
    Ci condurranno in questo percorso Francesco Zanardi, portavoce della rete L'Abuso; Federico Tulli, giornalista per anni firma di Left; Mario Caligiuri, Avvocato del Foro di Roma, attivista per i diritti umani e contro le violenze alla persona-responsabile dell'osservatorio permanente per la tutela delle vittime della Rete L'Abuso.
    Verranno inoltre presentate le osservazioni sull'argomento da parte del Garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza di Bergamo.
    Dal caso Italia, unico fra i gra

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    Il santo che copriva i pedofili e il fido scudiero che copriva il santo

    Il santo che copriva i pedofili e il fido scudiero che copriva il santo

    Mezzo secolo di accuse. Così titolava nel 2002 una scheda pubblicata su “L’Espresso” da Sandro Magister dedicata a Marcial Maciel Degollado fondatore dei Legionari di Cristo, una congrega di livello mondiale potente all’epoca quanto l’Opus Dei: “Le prime accuse di violenza su minori sono del 1948. Sono trasmesse a Roma dai gesuiti di Comillas, in Spagna, dove Maciel aveva mandato i suoi discepoli a studiare. Ma il Vaticano le lascia cadere. Secondo round nel 1956. Questa volta il Vaticano indaga su nuove accuse ancor più pesanti. Maciel è sospeso per due anni dalle sue funzioni ed esiliato da Roma. Ma nel febbraio del 1959 è reintegrato a capo dei legionari. Terzo. Nel 1978 è l’ex presidente dei legionari negli Stati Uniti, Juan Vaca, con un esposto a Giovanni Paolo II, ad accusare Maciel di comportamenti peccaminosi con lui quand’era ragazzo in Messico. Nel 1989 Vaca ripresenta a Roma le sue accuse. Senza risposta. L’ultima tornata inizia nel febbraio del 1997 con la denuncia pubblica, da parte di otto importanti ex Legionari, di abusi sessuali commessi da Maciel a loro danno negli anni Cinquanta e Sessanta in Messico. Nel 1998, il 17 ottobre, due degli otto accusanti, Arturo Jurado Guzman e José Barba Martin, accompagnati dall’avvocato incontrano in Vaticano il sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, Gianfranco Girotti, e chiedono la formale apertura di un processo canonico contro Maciel. Il 31 luglio del 2000 Martin, incontra di nuovo in Vaticano monsignor Girotti. Ma senza alcun risultato”.
    La situazione per Maciel precipita pochi anni dopo. Nel 2004 il promotore di giustizia, monsignor Charles Scicluna, incaricato dalla Santa Sede di indagare, raccoglie le testimonianze di trenta ex seminaristi Legionari che accusavano Maciel di abusi sessuali e psicologici. Nel 2005 Joseph Ratzinger diventa Benedetto XVI. Il 19 maggio 2006 l’ultraottantenne fondatore dei Legionari viene sospeso a divinis per le violenze pedofile e per aver assolto dei pedofili in confessione, ed è «invitato» dalla Congregazione, con l’avallo di Benedetto XVI, a ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza e a rinunciare a ogni ministero pubblico. Ma Benedetto XVI è, come detto, Joseph Ratzinger, cioè la stessa persona che quando era a capo della Congregazione per la dottrina della fede tra il 1981 e il 2005 sapeva delle accuse contro Maciel Degollado e non ha fatto letteralmente nulla contro di lui. Ecco cosa scrivono al termine di un’inchiesta condotta per sei anni i giornalisti statunitensi Jason Berry e Gerald Renner, raccolta nel
    libro “I Legionari di Cristo. Abusi di potere nel papato di Giovanni Paolo II” (Fazi ed.): “Sotto il papato di Wojtyla, varie inchieste, avviate dopo le numerose accuse di abusi sessuali a carico di Maciel, vennero insabbiate dal Vaticano. Nel 2004, Giovanni Paolo II arrivò a elogiare pubblicamente Maciel durante una solenne cerimonia. E Ratzinger, allora a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, eluse ogni richiesta di mettere il prete messicano sotto processo, mentre il segretario di Stato Sodano si impegnò strenuamente per difenderlo. L’inchiesta vaticana è brevemente avanzata dopo la morte di Wojtyla per il quale iniziò subito il processo di beatificazione; ma l’annuncio del Segretariato di Stato (20 maggio 2005) che Maciel non avrebbe dovuto affrontare un processo canonico solleva gravi interrogativi sul nuovo papato. Ancora in settembre, otto mesi prima della punizione inflitta da Benedetto XVI, Sodano invita Maciel a Lucca come ospite ufficiale di una prestigiosa conferenza”.
    La tesi di Berry e Renner è convincente, osservò il “Boston Globe”: “Maciel ha compiuto abusi sessuali in serie e avrebbe dovuto essere allontanato dalla Chiesa da lungo tempo, ma è rimasto indenne grazie al potere che ha acquisito in Vaticano sotto Giovanni Paolo II”. Morto Wojtyla la Santa Sede, come da prassi consolidata, si affrettò

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