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Lo scultore ateniese Fidia (490 a.C.ca.-430 a.C.ca.), l’artista più ammirato e celebrato dell’antichità, è considerato uno degli esponenti più autorevoli della straordinaria stagione classica. La sua fortuna è legata alla produzione di alcune sculture monumentali e grandiose, tra cui l’Athena Parthènos del Partenone ad Atene e soprattutto lo Zeus Olimpio del Tempio di Zeus a Olimpia, celebrato come una delle sette meraviglie del mondo. Egli fu, soprattutto, l’artefice della magnifica decorazione scultorea del Partenone, il principale tempio dell’Acropoli di Atene, giunta sino a noi in buona parte, anche se in condizioni molto frammentarie. La decorazione del Partenone
La decorazione del Partenone
Per la decorazione scultorea del Partenone, Fidia si occupò non solo della monumentale statua di Athena Parthènos per il nàos del tempio ma anche delle sculture a tutto tondo dei frontoni e dei bassorilievi dei due fregi: quello dorico della trabeazione e quello continuo, detto ionico, che correva in alto sulle pareti della cella. Questo impegno occupò l’artista per ben quindici anni. Fidia fu l’ideatore ma non l’autore delle figure del Partenone; in altre parole, non le scolpì con le proprie mani, almeno non tutte. Una decisione del genere avrebbe comportato tempi di attuazione lunghissimi. Fidia certamente coordinò un nutrito gruppo di artisti e, al fine di uniformare il lavoro, seguì di persona la realizzazione delle sculture, intervenne, guidò, riprese, corresse.
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La logica e la verifica sui frammenti rimasti ci spingono a ipotizzare che maggiore fu la sua attenzione, e quindi più consistente il proprio impegno personale, laddove l’opera richiedeva un più alto livello rappresentativo: massima, dunque, per la scultura del nàos e per le sculture frontonali, che difatti sono di qualità eccelsa, minore per il fregio ionico, minima per le metope, delle quali forse si limitò a consegnare i disegni o i modelli, lasciando ampi margini di libertà ai collaboratori. Si deve anche considerare che Fidia si trasferì ad Olimpia nel 438 a.C. e che quindi, dopo questa data, non poté nemmeno seguire l’attività del gruppo con regolarità.
Le sculture di Fidia rimasero al loro posto per oltre duemila anni, finché, nel 1801, l’ambasciatore britannico a Costantinopoli, Lord Elgin, ottenne dal Sultano l’autorizzazione a prelevare alcuni pezzi del Partenone, promettendo di non danneggiare la struttura. In realtà strappò al tempio tutte le sculture che riuscì a trasportare in Inghilterra. È per questo che i capolavori di Fidia sono oggi conservati al British Museum di Londra. La decorazione del Partenone
I frontoni
Il Frontone orientale raffigurava il tema della Nascita di Athena dalla testa di Zeus, al cospetto di altri dèi. Poche le sculture del frontone orientale rimaste più o meno integre (se ne sono salvate solo otto su ventuno); tra queste, il bellissimo nudo sdraiato di Dioniso e il gruppo di Leto, Dione e Afrodite. Tutte le sculture furono perfettamente compiute e definite nei dettagli, anche nella loro parte posteriore, benché, data la loro collocazione, certe finezze non sarebbero mai state apprezzabili ad occhio nudo.
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Il Frontone occidentale era invece decorato da una scena più complessa, che descriveva la Gara tra Athena e Poseidone per la conquista dell’Attica. Anche di questo frontone sono rimasti pochi frammenti di statue, tra cui la personificazione del fiume Cèfiso.
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Il Fregio ionico
Il Fregio ionico, un tempo vivacemente colorato, si sviluppava per 160 metri sulla parete esterna della cella; se ne sono conservati 130 metri, cioè l’80% circa, oggi dislocati, a pezzi, in vari musei d’Europa. I suoi rilievi illustravano la Processione delle Panatenee, la più importante festa civile e religiosa della città, dedicata ad Atena. Le figure sopravvissute sono in tutto 355, realizzate con un bassorilievo molto schiacciato e con un aggetto di appena cinque centimetri. Sui lati ovest, nord e sud, cavalieri e cittadini, musici e portatori di offerte si dirigevano in corteo verso la dea Atena (rappresentata nella parte orientale, corrispondente all’ingresso del tempio), la quale, alla presenza degli altri dèi e degli eroi, accettava il sacro peplo tessuto per l’occasione dalle fanciulle ateniesi. La decorazione del Partenone
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Il Fregio dorico
Il Fregio dorico, datato 446-440 a.C., aveva 14 metope sui lati brevi e 32 su quelli lunghi, per un totale di 92 metope. Solo 19 di queste, tutte appartenenti al lato meridionale, si presentano in buono stato di conservazione. I temi raffigurati erano quattro: un’Amazzonomachìa (la battaglia fra Greci e Amazzoni) a ovest, la Guerra di Troia a nord, una Gigantomachìa a est (ovvero la battaglia fra Greci e Giganti dal corpo di serpente), una Centauromachìa a sud.
Si trattava di temi guerreschi, comuni nelle decorazioni dei fregi dorici e che qui simboleggiano certamente la vittoria dei Greci sui Persiani, con l’intenzione di alludere al predominio della ragione sull’irrazionale. Ogni metopa conteneva diverse scene di lotta e differenti motivi figurativi d’intreccio di corpi in tensione. Le anatomie dei personaggi sono piuttosto sintetiche e i movimenti appaiono schematici, con frequenti opposizioni di assi verticali e obliqui che ricordano lo stile di Mirone.
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Un naturalismo idealizzato
Nei capolavori fidiaci del Partenone, e soprattutto nei due frontoni, gli dèi nudi e le dee sontuosamente vestite sono testimonianza preziosa e stupefacente di un talento esemplare: il naturalismo idealizzato di Fidia è infatti privo di quella certa freddezza, un po’ teorizzante, che segna invece le opere di Policleto.
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Fidia, con una straordinaria interpretazione plastica, riesce a coniugare tutti i valori dell’arte classica con la capacità di conferire alle sue opere, senza nulla togliere al loro altissimo significato simbolico, un calore, una naturalezza che non hanno precedenti nella storia dell’arte e che sono ancora oggi perfettamente percepibili, nonostante le sculture siano state rovinate dalla lunga esposizione alle intemperie e dalle sfortunate vicende storiche.
Nei frontoni, le vesti delle dee avvolgono i corpi femminili lasciando intravedere e intuire le forme, in un trionfo di pieghe, arricciamenti e increspature che da una parte si distendono e dall’altra si accumulano, tra onde e vortici in cui la luce si perde e sprofonda.
Dioniso e Cèfiso, sdraiati con atteggiamento di estrema naturalezza, appaiono padroni assoluti e disinvolti del pur contenuto spazio frontonale. Anche la composizione del fregio ionico è eccellente: le figure si differenziano notevolmente fra di loro, per posa e atteggiamento, al fine di evitare la monotonia della scena.
La bellezza di uomini e dèi
Il Corteo dei cavalieri, soprattutto, è animato e pieno di vita e nessun particolare anatomico, nessuna posa, nessun atteggiamento permette di distinguere gli uomini dagli dèi, se non la scelta di scolpire questi ultimi, seduti, alla stessa altezza dei primi in piedi. Inoltre, gli Ateniesi sono ammessi, da vivi, al cospetto delle divinità senza l’intervento di intermediari mitici e questo non ha precedenti nell’arte del mondo greco; umani e divinità occupano quindi gli stessi spazi, festeggiano insieme, sembrano accomunati da una coscienza analoga. Uomini e dèi, giovani e vecchi, fanciulle e dee: stessi volti, stesse braccia, stesse pose, stessa bellezza superba. Nessuno può distinguersi per qualità particolari: Apollo e il cavaliere, Dioniso e l’officiante sono simili nella rappresentazione artistica. La decorazione del Partenone
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- PublishedOctober 14, 2024 at 5:27 PM UTC
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