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Per chi non crede che la politica sia l'arte del compromesso, ma uno strumento utile per raggiungere il bene comune secondo quello che prevede la Legge Naturale scritta nel cuore di ogni uomo

  1. Il rapporto della vergogna scredita Amnesty più che Israele

    31/12/2024

    Il rapporto della vergogna scredita Amnesty più che Israele

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8034 IL RAPPORTO DELLA VERGOGNA SCREDITA AMNESTY PIU' CHE ISRAELE di Stefano Magni   "Amnesty International è giunta alla conclusione che Israele stia commettendo un genocidio a Gaza". E il lettore fa un balzo sulla sedia. Se Amnesty International, dunque la più autorevole ong internazionale per la difesa dei diritti umani, è giunta anch'essa a questa conclusione, dopo il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant spiccato dalla Corte penale internazionale, dopo il processo per genocidio indetto dalla Corte internazionale di giustizia, dopo che Papa Francesco ha pubblicamente scritto che Israele sta probabilmente compiendo un genocidio... beh, verrebbe da pensare proprio che ci sia un serio sospetto di genocidio a Gaza, commesso da Israele? O no? I pochi filo-sionisti rimasti devono arrendersi a questa "evidenza"? Neanche per idea. Prima di tutto, bisogna leggere il rapporto di Amnesty International prima di capire di cosa stiamo parlando. E bisogna anche, prima ancora di leggerlo, ricordare bene cosa significhi la parola "genocidio" così come è stata formulata da Raphael Lemkin, giurista ebreo polacco, nel 1944, alla vigilia della sconfitta della più grande potenza genocida europea, la Germania nazista. Ebbene, il genocidio è: "piano coordinato di differenti azioni mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l'intento di annientarli". Per Amnesty International, Israele sta agendo con l'intento dichiarato di eliminare il popolo palestinese a Gaza. Poi però nel suo stesso rapporto si contraddice più e più volte. Prima di tutto, il documento parla di una "distruzione senza precedenti", ma per le stime su morti e feriti e quanti di essi siano non combattenti si basa solo sulle cifre fornite dai palestinesi. Cioè da Hamas, che è l'unica organizzazione terrorista internazionale che ha il controllo di Gaza e che diffonde informazioni per fare propaganda. I NUMERI Stando all'Onu i morti accertati sono 8119, come abbiamo già avuto modo di scrivere su queste colonne. Poco più di 8 mila morti sono una tragedia, ma su una popolazione di oltre 2 milioni di palestinesi sono un genocidio ben strano. Un "genocidio a bassa intensità" si potrebbe dire. Lo sarebbe anche se prendessimo per buone le statistiche di Hamas, che per altro sono del tutto implausibili, se non altro perché progrediscono con una regolarità disarmante, nei periodi di tregua come in quelli di escalation. Ma anche 42 mila morti, su 2 milioni di abitanti di Gaza non sono troppo rivelatori di un intento genocida. Il ritmo con cui una popolazione viene eliminata è una caratteristica indicativa di un genocidio in corso. Gli armeni subirono un milione di morti in poco più di un anno, lo stesso lasso di tempo in cui gli israeliani avrebbero ucciso (stando a Hamas, ripetiamolo) nemmeno 50 mila palestinesi. I nazisti eliminarono fisicamente 6 milioni di ebrei in Europa dal 1939 al 1945, circa 1 milione all'anno facendo la media, ma considerando soprattutto che il grosso venne eliminato solo dal giugno 1941 (occupazione dell'Urss occidentale) al gennaio del 1945 (liberazione dei primi campi di sterminio). In Ruanda, gli hutu sterminarono l'etnia tutsi al ritmo di 200 mila morti a settimana, arrivando a 1 milione di vittime in poco più di un mese. La conta dei morti è macabra, d'accordo, non ci sono sicuramente vittime di serie A o di serie B, ma serve a capire, per lo meno, le dimensioni del problema e di cosa stiamo parlando. Prevenendo la critica sui numeri, Amnesty afferma che comunque Israele sta negando alla popolazione di Gaza tutti i mezzi che le permettono di vivere (cibo, acqua, energia, ospedali) e tutti i suoi siti culturali e religiosi (scuole, moschee, centri culturali). Però poi non spiega...

    10min
  2. Vogliamo aprire gli occhi su quello che i musulmani stanno facendo a Israele?

    09/10/2024

    Vogliamo aprire gli occhi su quello che i musulmani stanno facendo a Israele?

    VIDEO: VIDEO: Le atrocità islamiche del 7 ottobre ➜ https://www.informazionecorretta.com/video/urlaepoiilsilenzio.mp4 TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7943 VOGLIAMO APRIRE GLI OCCHI SU QUELLO CHE I MUSULMANI STANNO FACENDO A ISRAELE? di Stefano Magni Quante dimostrazioni e prove servono prima di "aprire gli occhi" sul Medio Oriente? Il 7 ottobre di un anno fa è uno di quegli eventi che gli inglesi definiscono con un'espressione che in italiano non può essere tradotta mantenendo la stessa sintetica efficacia: eye opener (che permette di aprire gli occhi). Nonostante tutto, siamo ancora qui ad assistere ad un mondo di opinionisti e di influencer che pretenderebbero di farci aprire gli occhi su un "genocidio" che non c'è: quello dei palestinesi a Gaza. La moda-tormentone del "All eyes on Rafah" (tutti gli occhi siano puntati su Rafah) ne è l'esempio più lampante. Su cosa avremmo dovuto aprire gli occhi il 7 ottobre? Sugli obiettivi dichiarati e in parte anche realizzati di Hamas e sul ruolo di complice sia dell'Iran che dell'Autorità Palestinese. Il 7 ottobre, Hamas ha dimostrato che il suo reale obiettivo è solo quello di assassinare ebrei. Lo sfondamento della barriera di confine e la temporanea sconfitta delle guarnigioni di confine erano solo strumentali, un mezzo per raggiungere il fine. Il fine è stata l'uccisione indiscriminata di civili ebrei. Una volta che è stata colta di sorpresa l'IDF, la forza di difesa israeliana, Hamas non ha sfruttato il suo temporaneo successo per conseguire obiettivi militari o politici. Non sono state attaccate basi militari, né obiettivi economici. Non sono stati assassinati politici, né comandanti militari. L'unica cosa a cui i terroristi di Hamas miravano erano i civili. E li hanno uccisi in gran numero, almeno 1.200 secondo le stime più aggiornate. Li hanno assassinati ovunque si trovassero: in auto lungo le strade, nelle loro case, nei loro letti, o quando erano intenti a ballare in un rave party, il luogo in cui, essendo più concentrati, sono stati uccisi più in gran numero in una sola volta. Hamas non si è limitato ad uccidere. Ha voluto far soffrire le sue vittime nel peggiore dei modi. Vedere i video delle torture e delle uccisioni dei civili israeliani può causare un disturbo post traumatico allo spettatore non preparato alla violenza estrema. Quegli israeliani che sono stati uccisi con un colpo di fucile sono stati i più fortunati. Gli altri hanno subito dei supplizi che parevano seppelliti nella memoria delle invasioni degli unni o dei tartari, nelle guerre di religione di quattro secoli fa o nelle peggiori barbarie commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Non stiamo a descriverle, ma chi volesse approfondire l'argomento può leggere o (se ha il coraggio) guardare molto materiale che è stato raccolto il 7 ottobre. Nulla è mai stato nascosto. L'OSTENTAZIONE DELL'ORRORE E LA PARTECIPAZIONE DEI CIVILI E questa è, appunto, la terza lezione che avremmo dovuto apprendere dal 7 ottobre: il pogrom scatenato da Hamas è stato ampiamente documentato dai terroristi stessi che lo hanno commesso. Ognuno di loro aveva la sua body cam con cui riprendeva in tempo reale quel che stava facendo. Anche le torture più crudeli e fantasiose sono state filmate in tempo reale. Poi tutti questi "snuff movies" sono stati mandati subito sul web, affinché la gente sapesse subito tutto quel che era stato fatto. Da questo punto di vista, Hamas si è dimostrato molto diverso dai precedenti persecutori degli ebrei, soprattutto dai nazisti, che facevano di tutto per nascondere i loro crimini. L'altra scena che avrebbe dovuto aprirci gli occhi è stata la parata dei "vincitori" di ritorno a Gaza. Portavano con sé i prigionieri, ridotti in schiavitù, come da tradizione di tutti gli eserciti antichi. Gli ostaggi...

    10min
  3. Il manifesto di Ventotene: l'oligarchia tecnocratica al potere

    24/09/2024

    Il manifesto di Ventotene: l'oligarchia tecnocratica al potere

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7930 IL MANIFESTO DI VENTOTENE: L'OLIGARCHIA TECNOCRATICA AL POTERE di Riccardo Pedrizzi Fin dalla campagna elettorale per le europee tutti i candidati di Italia Viva, Più Europa e della sinistra in genere avevano ripetuto la litania: "Ventotene da sogno di pochi diventerà una necessità per tutti", dimenticando tutti gli altri fondatori. Per realizzare questo sogno si è subito ricostituito il "Gruppo Spinelli" in questa legislatura del Parlamento europeo. Con l'obiettivo ambizioso di costituire un'Unione federale, sovrana e democratica. Per ultimo, nei giorni scorsi, Josep Borrell, alto rappresentante della Politica estera dell'Ue, ha detto che: "Il Manifesto di Ventotene è la base dell'Unione europea e rappresenta tutti i valori in cui crediamo, lo manderei a Putin". Ed è naturale che la pensi cosi lui che è del Partito Socialista Operaio spagnolo, inaugurando domenica 1° settembre sull'isola pontina il murales che riproduce il testo dello scritto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, considerato dalla sinistra internazionale il documento fondativo dell'Unione europea. Ora, che siano esponenti della sinistra più o meno estrema a sognare "Ventotene" è anche comprensibile, quello che non si capisce, invece, è il giudizio positivo espresso su quel manifesto da qualche rappresentante della gerarchia cattolica, che alla vigilia del voto sul laicista giornale Repubblica dichiarava: "Mi auguro che l'Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene che prevalgano i principi della solidarietà, della condivisione e della fraternità". Non so, a questo punto, se si possa parlare di ignoranza o di mala fede di questi vescovi italiani. Come molti sanno, il manifesto di Ventotene sull'Europa unita era stato redatto nell'omonima isola da un gruppo di confinati dal regime fascista, di ideologia socialista, marxista e atea. Pochi però sanno, perché non l'hanno mai neppure letto che quel manifesto voleva attuare una rivoluzione socialista, abolire la proprietà privata; rifiutava il metodo democratico; il popolo doveva essere guidato da pochi esperti e soprattutto doveva essere "educato". UN'EUROPA AUTORITARIA, ATEA E ANTICRISTIANA In estrema sintesi quello di Ventotene è il manifesto di un'Europa autoritaria, atea e anticristiana, guidata da una categoria di esperti illuminati. Ciononostante qualche ecclesiastico si augurava che l'Europa ritornasse ancora di più a quello spirito. L'offensiva su e con Ventotene era iniziata qualche anno fa con la venuta nell'isola di personaggi delle istituzioni europee come Ursula von del Layen, presidente della Commissione e come lo scomparso David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. Il decollo dell'attenzione - come si ricorderà - era proseguito, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22/8 del 2016 e con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché - disse l'allora il presidente del Consiglio italiano - "l'Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l'Unione europea". Poi arrivò il 20 agosto del 2021 il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si recò in occasione dell'ottantesimo anniversario del "Manifesto di Ventotene" e del 40° "Seminario per la formazione federalista europea" sull'isola pontina, rendendo omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sulla quale depose una corona di fiori. In pratica anche lui, ex democristiano e, quindi, presumibilmente cattolico, contribuì ad alimentare la tesi secondo la quale il "Manifesto di Ventotene" sarebbe il fondamento della Unione europea. Da allora il leit-motive di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l'idea che quel "manifesto" fosse la base, l'atto di battesimo della causa...

    12min
  4. Sinistra è ormai sinonimo di repressione del dissenso

    18/09/2024

    Sinistra è ormai sinonimo di repressione del dissenso

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7898 SINISTRA E' ORMAI SINONIMO DI REPRESSIONE DEL DISSENSO: E' LA PROPAGANDA DI REGIME 2.0 di Eugenio Capozzi La tendenza alla negazione del pluralismo democratico, alla criminalizzazione del dissenso e alla censura, già emersa da tempo nelle società occidentali che ancora si definiscono liberaldemocratiche, appare ulteriormente consolidarsi, e anzi subire una decisa accelerazione. Più specificamente, essa si manifesta ormai come la caratteristica principale di tutto il mondo politico, intellettuale e mediatico accomunato in qualche modo sotto l'etichetta di "progressismo" e "sinistra". Molti episodi delle ultime settimane confermano tale crescente torsione repressiva: dalla massiccia persecuzione poliziesca e giudiziaria di opinioni dissenzienti – comprese quelle espresse sui social media - lanciata dal governo britannico laburista di Keir Starmer contro i manifestanti anti-immigrazione, alla grottesca lettera minatoria inviata dal commissario Ue Thierry Breton a Elon Musk per minacciare ritorsioni per lo spazio mediatico da lui concesso a Donald Trump, fino alle esplicite minacce del deputato europeo macroniano Sandro Gozi di sopprimere tout court il social medium X, di proprietà dello stesso Musk, sul territorio dell'Unione. Ma se si volessero citare tutte le continue richieste di cancellazione delle voci avversarie, su ogni questione in discussione, provenienti dalle sinistre occidentali l'elenco sarebbe infinito. Non si tratta, ovviamente, di una tendenza nata ieri. L'"album di famiglia" storico di ideologie e partiti di sinistra in tal senso è molto cospicuo, dal giacobinismo fino alle dittature comuniste del XX secolo. Nel secondo Novecento l'inclinazione repressiva, a dispetto delle invocazioni sessantottine al free speech e al "vietato vietare", ha preso un corso meno apparentemente evidente, ma altrettanto pericoloso con il progressivo abbandono del paradigma della lotta di classe in favore di quello dei "diritti civili" intesi come "risarcimento" a gruppi minoritari per le più varie discriminazioni, secondo la traccia della identity politics. In merito a tali temi, l'argomentazione del liberal occidentale, esplicita o implicita, diventava più o meno la seguente: chiunque critichi nel merito qualsiasi misura invocata in nome della non discriminazione compie un atto di violenza contro i gruppi minoritari già discriminati. Su quelle misure la political correctness autorizza soltanto una posizione favorevole "a prescindere": il pluralismo diventa automaticamente "discorso di odio", e va quindi impedito, bollando come "razzista" "suprematista", o "fobico" ogni oppositore delle deriva "dirittista" promossa in nome del nuovo mito "tribale" del progresso. LA LOTTA CONTRO LE EMERGENZE Ma il salto di qualità decisivo nel senso della mutazione genetica della democrazia in regime "a partito unico", nella mente e nelle azioni dei "progressisti" occidentali, è avvenuto, tra gli anni Dieci e Venti del XXI secolo, con l'avvento di un paradigma ideologico che vede nella politica in primo luogo una lotta contro "emergenze". Una lotta che rappresenta una questione di vita o di morte per le collettività, e che dunque in quanto tale non può essere esercitata efficacemente attraverso la democrazia pluralista (le cui procedure ritarderebbero o pregiudicherebbero fatalmente azioni inevitabili e necessarie) ma deve essere affidata a "comitati di salute pubblica" organizzati con una logica tecnocratica e/o giustificati in nome della "scienza". Tale paradigma si è imposto innanzitutto attraverso la predicazione martellante dell'ideologia millenaristica del catastrofismo climatico, in cui l'esigenza di ridurre a tutti i costi le "emissioni" di anidride carbonica per "salvare il pianeta" è stata affermata come punto...

    12min
  5. Il governo garantisce i privilegi di Poste Italiane

    21/08/2024

    Il governo garantisce i privilegi di Poste Italiane

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7891 IL GOVERNO GARANTISCE I PRIVILEGI DI POSTE ITALIANE (NON CERTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO) Poste Italiane è l'azienda partecipata dallo Stato che, come suggerisce il suo nome, dedica una piccola parte delle sue risorse a sbrigare il servizio postale, e gran parte dei suoi dipendenti e mezzi a vendere altri prodotti (bancari, assicurativi, telefonici e ora anche energetici) in concorrenza con gli operatori tradizionali. Il suo modello di business si basa sulla capillare rete di circa 12 mila sportelli. Tale infrastruttura, ceduta a titolo gratuito dallo Stato, è stata realizzata nel tempo a spese dei contribuenti. Non solo: ogni anno il governo paga a Poste una quota dei costi per il mantenimento in esercizio degli uffici postali. Nessun operatore privato potrebbe avere una rete tanto ampia, sia per ragioni economiche, sia soprattutto perché non lo consentirebbe il Garante della concorrenza, che infatti quando valuta le fusioni tra istituti bancari e soggetti analoghi spesso e volentieri impone la cessione di una parte degli sportelli. Questa situazione è in tutta evidenza anti-concorrenziale: Poste gode di un privilegio unicamente in funzione del suo ruolo nell'erogazione del servizio universale e in tal modo fa concorrenza sleale in altri mercati contigui. La legge antitrust prevede, al comma 2-quater dell'articolo 8 (ricordatevi bene questo riferimento), che - se il titolare di un servizio di interesse economico generale si trova in questa condizione - deve concedere l'accesso ai suoi asset anche ai concorrenti "a condizioni equivalenti". Alcuni operatori del mercato dell'energia hanno dunque chiesto a Poste di poter vendere o almeno reclamizzare i propri prodotti attraverso la rete postale. Poste ha negato l'accesso. Così questi operatori, assieme ad alcune associazioni di categoria, hanno segnalato la vicenda all'Antitrust. Il Garante ha aperto un procedimento a febbraio 2024 e lo ha concluso a luglio, rilevando l'abuso di Poste e imponendo all'azienda di adottare una serie di misure correttive. Poste farà ovviamente ricorso. La storia dovrebbe concludersi così: saranno il Tar e il Consiglio di Stato a stabilire chi ha ragione. Invece no. La storia si conclude diversamente. Il Decreto omnibus, approvato dal consiglio dei ministri pochi giorni fa, a un mese tondo dalla conclusione del procedimento Antitrust, interviene su "Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico". Tra queste "misure urgenti", esso prevede che "all'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n.287... il comma 2-quater è abrogato". Sì, proprio quel comma 2-quater che impedisce ai monopolisti legali (come Poste) di trarre indebito vantaggio dai beni che possiedono proprio in forza della loro funzione come erogatori di un servizio pubblico. Il messaggio è chiaro: se hai il ministero dell'Economia tra i tuoi azionisti, per te le regole non si applicano: si cambiano.

    4min
  6. Astensionismo alle urne qualche ragione per capire

    29/05/2024

    Astensionismo alle urne qualche ragione per capire

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7811 ASTENSIONISMO ALLE URNE, QUALCHE RAGIONE PER CAPIRE di Roberto Marchesini L'affluenza alle elezioni, in Italia, è crollata da oltre il 90% a sotto il 50 (in alcuni casi anche meno); e tutto fa pensare che sarà molto bassa anche alle prossime elezioni europee. Cerchiamo di capire quali potrebbero essere le cause di questo astensionismo sempre più diffuso. Una prima causa potrebbe essere spiegata dal cosiddetto «paradosso dei gelatai». Su una spiaggia lunga un chilometro, due gelatai dividono la spiaggia in due e piazzano il proprio chiosco a metà della loro metà spiaggia, a cinquecento metri di distanza. Lentamente, per sottrarre all'altro dei possibili clienti, ciascuno dei due gelatai si avvicina al centro della spiaggia; alla fine i due gelatai si trovano entrambi al centro della spiaggia. Si tratta, ovviamente, di una metafora secondo la quale «destra» e «sinistra», per accaparrarsi i voti dei «centro» e degli indecisi, rinunciano alle posizioni più estreme e convergono tra loro verso un ipotetico «centro». Insomma: c'è differenza tra FdI, Lega e PD? O, in fondo, dicono tutti le stesse cose? Quindi perché votare l'uno o l'altro se, chiunque vinca, sarà comunque la stessa cosa? Una seconda causa potrebbe essere la progressiva sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti di riferimento. La Lega, ad esempio, nel 2019 inserì nel simbolo elettorale per le elezioni europee la scritta «No Euro»: ottenne oltre 9 milioni di voti e il 34,26% dei suffragi, il miglior risultato elettorale di sempre e divenne il partito più votato in Italia. Dopodiché, le posizioni «No Euro» furono completamente abbandonate e la Lega finì sotto il 10%. Questo è forse il caso più eclatante; ma sono molti i delusi del Movimento 5 Stelle e, più recentemente, di FdI. Contrariamente a quanto si dice, gli elettori si ricordano di chi fa promesse solo per ottenere voti; e si fanno fregare una volta solo. Chi si fiderebbe di un politico o di un partito, dopo essere stato platealmente tradito e preso in giro? Una terza possibile causa potrebbe essere il fenomeno della «impotenza appresa». Si tratta di un costrutto elaborato dallo psicologo Martin Seligman negli anni Sessanta del secolo scorso: quando i cani utilizzati per l'esperimento si rendevano conto che non avrebbero in nessun modo potuto influire sullo stimolo negativo (scosse elettriche), semplicemente smettevano di fare qualunque cosa. Il costrutto è poi stato trasferito sui comportamenti umani: una volta constatata la propria impotenza, le persone accettano passivamente gli eventi senza fare più alcun tentativo di cambiare le cose. Tornando alle elezioni: sono ormai così tante e tali i vincoli esterni e le cessioni di sovranità, che i cittadini hanno la netta sensazione che il loro voto sia perfettamente inutile. Quindi: per quale motivo partecipare alla farsa elettorale? Tanto il voto è completamente ininfluente, i cittadini non hanno più alcuna sovranità e l'Occidente non è più democratico. Qualcuno potrebbe osservare che, se anche i cittadini rinunciassero al diritto di voto, resterebbe comunque il dovere di esprimere il proprio suffragio elettorale. Beh, ho l'impressione che molti cittadini abbiano smesso di riconoscere qualsivoglia dovere nei confronti dello Stato italiano nel momento in cui il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel 2021, li ha dichiarati «fuori dalla società». Poi, per carità: magari l'affluenza tornerà sopra al 90% e tutte queste ipotesi si riveleranno sbagliate...

    4min
  7. Sacerdote spagnolo critica l'islam rischia il carcere per crimini d'odio

    20/03/2024

    Sacerdote spagnolo critica l'islam rischia il carcere per crimini d'odio

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7730 SACERDOTE SPAGNOLO CRITICA L'ISLAM: RISCHIA IL CARCERE PER CRIMINI D'ODIO di Paola Belletti Custodio Ballester è un sacerdote dell'arcidiocesi di Barcellona da 25 anni, attualmente vicario nella parrocchia di San Sebastian di Badalona. In questo periodo si trova coinvolto in un processo per il quale rischia tre anni di carcere: la procuratrice di Malaga ha infatti richiesto per lui il massimo della pena, per aver commesso un cosiddetto crimine d'odio. María Teresa Verdugo accusa il sacerdote per alcune dichiarazioni fatte in una trasmissione dell'emittente Alerta Digital e risalenti al 2017. Vittime di questo presunto crimine tutti i fedeli mussulmani, stando alla definizione confusa e assai rischiosa di questo tipo di crimine che di fatto mette a processo le intenzioni. Le dichiarazioni in questione, leggiamo nell'intervista rilasciata a Zenit Francia, si riferivano al rischio insito nell'ideologia islamista radicalizzata. Il sacerdote aveva detto che «l'Islam radicale intende distruggere la civiltà cristiana e radere al suolo l'Occidente». Sette anni fa, dunque, durante la trasmissione "la ratonera" - ovvero "trappola per topi"- padre Custodio esponendo il proprio pensiero ha «fatto il presupposto che in effetti l'Islam radicale abbia l'intenzione di distruggere l'Europa e quindi di annientare l'Occidente». Ha inoltre specificato come fosse da supporre che, «in questo ambiente islamista, non tutti siano in grado di commettere atti violenti, ma che purtroppo coloro che si immolano e portano con sé coloro che considerano "infedeli" sono considerati santi». Tali dichiarazioni hanno suscitato la reazione dell'associazione "Musulmani contro l'islamofobia" i cui membri si contano sulle dita di una mano, ma che è finanziata dai fondi pubblici del governo catalano. Ciò che il sacerdote fa notare, nel ripercorrere la vicenda, è che la sua condizione di prete cattolico lo ha reso passibile della massima pena perché particolarmente pericoloso: secondo la procuratrice Verdugo, infatti, il suo ministero gli consentirebbe di indottrinare le folle e, quindi, diciamo noi, di diffondere lo stesso odio che avrebbe prodotto le dichiarazioni per le quali è incriminato. Insieme a padre Ballestrer sono perseguiti il redattore della trasmissione e un altro sacerdote, padre Jesús Calvo. Nessuno di loro è mai stato interrogato dalla procuratrice. Ciò potrebbe farci supporre che sia una vera esperta di processi alle intenzioni, anche a distanza. Ciò che sta capitando a questo sacerdote dimostra che ricordare che l'espressione ideologizzata e radicalizzata dell'islam costituisca un rischio per i cristiani e l'Occidente in genere (ovvero riportare gli obiettivi dichiarati dagli stessi esponenti di tale estremismo), ed essere sacerdote cattolico, sarebbero due pessime cose, soprattutto se correlate tra loro, e perseguibili legalmente. Per questo, considera con amarezza padre Custodio, il principio di uguaglianza davanti alla legge, nel suo caso, sarebbe stato impunemente derogato. Da prete cattolico, però, le parole che ritiene sommamente vincolanti e fonte di consolazione sono quelle con le quali Gesù Cristo avverte tutti i suoi fedeli riguardo ai tribunali umani ai quali saranno consegnati, non trascurando la precisa strategia difensiva da tenere in quei casi: «Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Matteo 10, 17-20). «Sono pronto», conclude padre Custodio. [...] La cosa più grave di processi come questo consiste nel fatto che il reato contestato non ha oggettivi riscontri in un atto esterno, ma si riferisce alle intenzioni, ovvero a qualcosa che pertiene...

    11min
  8. Francia, l'aborto in costituzione è la negazione dei diritti umani

    12/03/2024

    Francia, l'aborto in costituzione è la negazione dei diritti umani

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7726 FRANCIA, L'ABORTO IN COSTITUZIONE E' LA NEGAZIONE DEI DIRITTI UMANI di Eugenio Capozzi L'approvazione a larghissima maggioranza, da parte dei due rami del parlamento francese riuniti in seduta comune, della norma che inserisce nella Costituzione la garanzia del diritto ad abortire è un fatto storico di enorme importanza e gravità. Lo è perché per la prima volta in una democrazia liberale occidentale non solo l'interruzione volontaria di gravidanza viene depenalizzata e consentita, come avviene ormai da tempo in gran parte di esse, ma viene addirittura elevata a diritto fondamentale, che dunque da ora in poi nessuna legge ordinaria potrà revocare. Lo è perché la formulazione scelta, quella per cui l'aborto è una "libertà" della donna che dev'essere comunque garantita dalla legge, implica l'improponibilità sostanziale di qualsiasi sua limitazione, e dunque prefigura da un lato ulteriori suoi ampliamenti, dall'altra la crescente difficoltà a difendere, sul piano costituzionale, il diritto all'obiezione di coscienza. Lo è perché la modifica costituzionale è stata fortemente voluta e promossa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, e assume il valore di un provvedimento "bandiera". Lo è per la solennità che si è voluto conseguentemente dare all'approvazione della norma, con la convocazione del parlamento riunito a Versailles, la disposizione dei parlamentari in ordine alfabetico e non per gruppo - a sottolineare l'aspetto di "unità nazionale" della scelta - , persino l'illuminazione della torre Eiffel per festeggiarla. Lo è, infine, per la già citata, amplissima maggioranza, che travalica gli schieramenti politici e la divisione tra destra e sinistra. Con questo passaggio, la Francia macroniana si pone idealmente a capo della sempre più aggressiva tendenza del progressismo occidentale a considerare l'aborto un vero e proprio dogma, un totem, un feticcio intoccabile, inestricabilmente connesso all'emancipazione femminile e quasi sinonimo di essa. Una tendenza che corrispettivamente si traduce, secondo il costume dell'estremismo woke, nella demonizzazione di chiunque metta in discussione il dogma su basi etiche o religiose, additato come sessista, "patriarcale", "bigotto", "medioevale", fautore dell'asservimento delle donne. ARGINI SEMPRE PIÙ CONTESTATI La negazione di qualsiasi possibilità di argomentazione intorno al tema pretende di cancellare e rinnegare d'un colpo non soltanto millenni di storia in cui l'aborto è stato condannato pressoché unanimemente al pari dell'infanticidio, ma anche le tormentate modalità attraverso le quali si è giunti, in molti paesi occidentali, alla sua legalizzazione a partire da poco più di mezzo secolo fa. Nell'accanito dibattito avviato allora sotto la spinta dei movimenti femministi si confrontavano, infatti, posizioni diverse, le quali però almeno convergevano nel ritenere che nell'affrontare la questione fosse inevitabile considerare più punti di vista, e che occorresse in qualche modo bilanciare il diritto delle donne a una maternità "consapevole" con la tutela della vita del nascituro e quella della maternità nell'interesse della società. Conseguentemente le leggi che autorizzavano, entro certi limiti, l'aborto - come proprio la legge francese Simone Veil approvata nel 1975, e la legge 194 approvata in Italia nel 1978 - non consideravano affatto la legalizzazione come un diritto soggettivo, ma semmai come un modo per conseguire la "riduzione del danno" connesso agli aborti clandestini e ai danni provocati in taluni casi da una maternità non voluta alla salute fisica e psichica delle donne: un esito, comunque, non obbligato, rispetto al quale dovevano essere almeno considerate delle alternative, e che comportava almeno un dilemma morale.br...

    13min

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