She, green Chora

Attiva, sempre pronta a partire, a mettersi in gioco, a scrivere, parlare in pubblico, camminare e ascoltare chi ha una storia di resistenza ambientale e di difesa del proprio territorio. Sara Segantin, nata in Val di Fiemme, dalle montagne si allontana spesso per andare a raccogliere testimonianze e racconti di donne e uomini che cercano di trovare soluzioni, vie percorribili, proposte per vivere in un modo compatibile con l'ambiente. Cercando sempre un punto di confronto tra le tante modalità di lotta per l'ambiente, Sara Segantin è stata tra le fondatrici di Fridays for future Italia, e oggi scrive libri, partecipa a trasmissioni televisive e radiofoniche, organizza progetti e attività pubbliche per tenere alta l'attenzione sull'urgenza di lavorare per la giustizia climatica.

È un ambientalismo coraggioso, concreto e sorridente, quello di Annalisa Corrado, classe 1973, protagonista e promotrice di una forma di ecologia sociale che è cura per l'ambiente e per la collettività. E per questo non solo aiuta concretamente e professionalmente, nel suo lavoro di tutti i giorni, le aziende, imprenditrici e imprenditori che rivedono le proprie filiere alla luce di una sostenibilità ambientale ed economica, che credono che l'equilibrio con l'ecosistema sia un valore. Ma lavora a livello politico per difendere ed affermare un principio chiave, quello della giustizia ambientale, che deve porsi prima di tutto l'obiettivo di proteggere chi subisce di più i danni e le conseguenze negative della crisi ecologica. 

Non la ricorda quasi più nessuno. Su di lei in rete ci sono solo qualche articolo, in occasione della sua morte, e qualche foto. Eppure Carla Ravaioli, giornalista, saggista e politica, ha elaborato, tra gli anni ‘80 e ‘90 del ‘900, una delle critiche più consistenti, tenaci e ragionate al sistema economico basato su una crescita continua, al quale attribuiva la responsabilità di tanti danni ambientali. Femminista e ambientalista, Carla Ravaioli è una figura molto originale e poco celebrata, e tutta la sua produzione scritta, centinaia di articoli e decine di libri, sono oggi difficili da trovare e non rientrano tra i testi classici dell’ambientalismo italiano. Peccato, perché il suo pensiero è stato molto lucido e coerente fino alla fine e oggi, a rileggere le sue argomentazioni, lo si sente ancora straordinariamente attuale.

Napoli, secondo dopoguerra. Elena Croce, figlia di Benedetto, si lancia, assieme alla madre e alle tre sorelle, nella prima causa per far demolire un palazzo abusivo, uno dei tanti che in quel periodo cominciano a spuntare in città e lungo la costa campana. È solo il primo di una serie di processi e denunce contro gli speculatori che stanno devastando i territori in tutta Italia che Croce porterà avanti instancabilmente per tutta la vita. Per avere più forza, a metà anni ‘50, Elena Croce fonda assieme ad alcuni amici l’associazione Italia Nostra. E nel giro di pochi anni diventa punto di riferimento per lo sviluppo di un pensiero nuovo, che collega per la prima volta la difesa del patrimonio ambientale con quello culturale. Un cambio di passo che porta anche all’approvazione di nuove leggi e perfino alla fondazione di istituzioni centrali come il Ministero dei beni culturali e ambientali a metà anni ‘70.

Laura Conti, medica del lavoro e politica, ex partigiana, pensatrice colta e libera, ha rivendicato sempre il diritto delle persone di essere informate sui rischi ambientali connessi alla propria salute. Dopo il disastro di Seveso, nel 1976, quando una nube di diossina fuoriuscita dalla fabbrica Icmesa ha contaminato interi paesi e la dirigenza aziendale ha mantenuto il silenzio per oltre una settimana, si è schierata in modo netto dalla parte degli abitanti della zona. Ha ispirato l’approvazione della direttiva Seveso e delle prime leggi sui rischi ambientali nel nostro paese. Indipendente, anche rispetto alle posizioni poco attente all’ambiente del suo partito di riferimento, il Partito Comunista Italiano, è stata tra le prime a dare voce alle preoccupazioni sul cambiamento climatico, fin dagli anni ‘80. Sempre dalla parte dell’ambiente, sempre dalla parte delle persone.

Tina Merlin, la giornalista nota per aver denunciato i rischi, prima, e il disastro, dopo, associato alla diga del Vajont, è stata anche molto altro. Partigiana, politica, giornalista. Impegnata nel corso di tutta la sua vita a difendere con voce molto netta le comunità di montagna come gli operai e i contadini di pianura. Una donna che ha sempre tirato dritto. E per questo non ha avuto vita facile. Ma non ha mai rinunciato a scrivere in difesa del suo territorio e degli abitanti più fragili e meno potenti.