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Il drammatico uno-due della pandemia seguita dal conflitto in Ucraina ha contribuito dolorosamente a un passaggio culturale importante, facendoci finalmente realizzare che la transizione ecologica è uno strumento per conseguire una maggiore indipendenza dalle importazioni di materie prime, energia e semilavorati, da cui le economie europee sono estremamente indipendenti. Le soluzioni proprie della crisi ecologica (dalle fonti rinnovabili al ciclo idrico integrato, dall'economia circolare alla fusione nucleare) si rivelano infatti essere ciò che serve per affrontare la crisi geo-politica, energetica ed economica che ci attanaglia.Lo speciale estivo di Smart City "La transizione ecologica in tempo di crisi" racconta i punti di contatto tra le crisi del nostro tempo, e la ricerca di possibili soluzioni comuni, affrontando temi quali la gestione dell'acqua, le opportunità offerte dalle energie forestali e marine, le sfide dei sistemi di stoccaggio energetico sostenibili e della fusione nucleare.
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Il drammatico uno-due della pandemia seguita dal conflitto in Ucraina ha contribuito dolorosamente a un passaggio culturale importante, facendoci finalmente realizzare che la transizione ecologica è uno strumento per conseguire una maggiore indipendenza dalle importazioni di materie prime, energia e semilavorati, da cui le economie europee sono estremamente indipendenti. Le soluzioni proprie della crisi ecologica (dalle fonti rinnovabili al ciclo idrico integrato, dall'economia circolare alla fusione nucleare) si rivelano infatti essere ciò che serve per affrontare la crisi geo-politica, energetica ed economica che ci attanaglia.Lo speciale estivo di Smart City "La transizione ecologica in tempo di crisi" racconta i punti di contatto tra le crisi del nostro tempo, e la ricerca di possibili soluzioni comuni, affrontando temi quali la gestione dell'acqua, le opportunità offerte dalle energie forestali e marine, le sfide dei sistemi di stoccaggio energetico sostenibili e della fusione nucleare.
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    Un orologio per misurarli tutti

    Un orologio per misurarli tutti

    Gli scienziati non sono mai contenti: per quanto precisa sia una misura, salta sempre fuori un motivo per cui ne servirebbe una ancora più precisa. Così per esempio, se parliamo di misurare il tempo, la sbalorditiva precisione e stabilità dei più sofisticati orologi atomici oggi esistenti (che perdono un secondo ogni 30 miliardi di anni) sembra ancora non bastare. Per questo ha suscitato grande entusiasmo uno studio pubblicato su Physical Review Letters, in cui un gruppo di ricercatori tedeschi e austriaci ha posto le basi per un orologio atomico ancora più preciso, che potrebbe aiutarci a risolvere alcuni dei più grandi enigmi della fisica moderna. E sebbene del lavoro resti ancora da fare, sembra ci siano pochi dubbi sulla possibilità di arrivare al primo prototipo funzionante nei prossimi anni. Ce lo racconta Davide Calonico, responsabile della divisione di Metrologia Quantistica all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM).

    Compositi ceramici per veicoli spaziali “veramente” riutilizzabili

    Compositi ceramici per veicoli spaziali “veramente” riutilizzabili

    Unire la resistenza meccanica della fibra di carbonio con la tolleranza al calore dei materiali ceramici, per dar vita a un super materiale con cui realizzare i velivoli spaziali del futuro: è questa la scommessa del progetto AMACA, coordinato dal politecnico di Milano. Il futuro dell’industria spaziale è indissolubilmente legato allo sviluppo di velivoli spaziali riutilizzabili, dove la sfida principale è tollerare le enormi sollecitazioni termiche e meccaniche del rientro in atmosfera, quando si raggiungono temperature fino a 2000°C. L'azienda SpaceX ha adottato un approccio tradizionale, basato su una struttura d’acciaio ricoperta da piastrelle di ceramica che agiscono da scudo termico. Un compromesso tra peso, effettiva riutilizzabilità e resistenza, che in prospettiva si vorrebbe superare grazie a nuovi materiali. Ne parliamo con Alessandro Airoldi, professore di Strutture Aerospaziali al Politecnico di Milano.

    E’ un riso resistente al brusone la prima varietà TEA sperimentata in campo aperto

    E’ un riso resistente al brusone la prima varietà TEA sperimentata in campo aperto

    Solo 28 metri quadri, la superficie di una stanza: è così che per la prima volta dopo vent’anni, in Italia, si torna a sperimentare in campo aperto una specie agricola ingegnerizzata. Si tratta di una nuova varietà di riso Arborio in cui sono stati disattivati tre geni che lo rendono suscettibile al Brusone, una malattia causata da un fungo che rappresenta il principale patogeno del riso in tutto il mondo. È la prima sperimentazione di riso ottenuto con le cosiddette TEA - Tecniche di Evoluzione Assistita - con cui si inducono nel patrimonio genetico delle piante delle modifiche puntuali del tutto simili a quelle che si verificano spontaneamente in natura, senza l’inserimento di materiale genetico estraneo come avviene coi cosiddetti OGM, che rimangono vietati. Ce ne parla Vittoria Brambilla, professoressa di Botanica Generale presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università Statale di Milano.

    Dagli studi sulle membrane un nuovo filtro per sconfiggere l’inquinamento da arsenico

    Dagli studi sulle membrane un nuovo filtro per sconfiggere l’inquinamento da arsenico

    L’arsenico è noto fin dall’antichità per essere un veleno potentissimo. Il motivo di tanta pericolosità è dovuto alla sua somiglianza chimica col fosforo, un elemento chiave della vita, col quale è in grado di confondersi e di prenderne il posto, causando tumori o, in dosi elevate, sindromi ancora più acute e letali. Tra le possibili fonti di avvelenamento c’è anche l’acqua. Infatti l’arsenico può contaminare le acque di falde, fiumi e laghi, sia per cause antropiche che per cause naturali. Dunque è di grande interesse lo studio dell’Università di Pisa, in collaborazione con l’Università della Calabria e l’Istituto per la Tecnologia delle Membrane del CNR, che è stato pubblicato sulla rivista Nature Water: lo studio descrive infatti un nuovo tipo di membrana capace di eliminare selettivamente l’arsenico dall’acqua, senza privarla di altri sali fondamentali. Ce lo racconta Christian Silvio Pomelli, professore del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa e principale autore, insieme al collega Lorenzo Guazzelli, di questo lavoro.

    Un materiale chirale per interagire con la vita

    Un materiale chirale per interagire con la vita

    Continuiamo a parlare di borofene. Infatti, la forma bidimensionale dell’atomo di boro è una delle grandi speranze del mondo dei materiali; perfino in grado di insidiare il grafene, il primo materiale bidimensionale mai scoperto, al centro di una infinità di ricerche e applicazioni. Caratteristica distintiva del borofene è avere numerosi varianti con proprietà chimiche e fisiche diverse. Per esempio, in uno studio pubblicato su ASC Nano, ricercatori della Pennsylvania State University hanno dimostrato che al borofene può essere impartita una precisa chiralità, una caratteristica presente in tutte le molecole appartenenti agli organismi viventi, che gli permetterebbe di interagire in modo mirato con elementi biologici. Ne parliamo ancora con Camilla Coletti, coordinatrice del centro IIT di Pisa e dei Graphene Lab dell’IIT di Genova.

    Borofene: il grafene ha un concorrente?

    Borofene: il grafene ha un concorrente?

    Il Grafene, la versione bidimensionale del carbonio che da anni si è guadagnato l’attenzione dei ricercatori grazie alle sue straordinarie proprietà, ha ora un temibile concorrente: il borofene. Sintetizzato per la prima volta nel 2015, il borofene è ancora più conduttivo, più leggero, più sottile, più resistente e più flessibile. Inoltre, mentre il grafene è un foglio di atomi di carbonio disposti a nido d’ape e non può avere altre strutture, il borofene può formare fogli di spessore mono-atomico con strutture differenti. Così come un pavimento può essere ricoperto con piastrelle di forma diversa, l’atomo di boro può dare origine a reticoli composti da triangoli, esagoni e combinazioni dei due, ognuna delle quali con proprietà fisiche e chimiche diverse. Ciò spiega alcune delle sue proprietà straordinarie, ma è anche il motivo per cui è molto più difficile da sintetizzare e produrre in modo controllato. Ce ne parla Camilla Coletti, coordinatrice del centro IIT di Pisa e dei Graphene Lab dell’IIT di Genova.

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