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Benvenuti a Chiamando Eva, una conversazione quindicinale su donne, femminismo e la vita.

Chiamando Eva The Submarine

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Benvenuti a Chiamando Eva, una conversazione quindicinale su donne, femminismo e la vita.

    5x09: Non solo badanti e amanti

    5x09: Non solo badanti e amanti

    Se il conflitto contro la Russia ci insegna che molte donne donne ucraine sono venute in Italia per svolgere lavori domestici, l'ultimo rapporto Domina dimostra quanto il loro lavoro rimanga precario, senza garanzie e spesso invisibile.

    Chiamando Eva torna dopo una settimana di pausa per riflettere sul lavoro domestico in Italia, partendo dal bluff di Lucia Annunziata e Antonio Di Bella. “Centinaia di migliaia di cameriere e badanti…” e “amanti”: si sono riferiti così i due giornalisti alla comunità ucraina in Italia. Annunziata e Di Bella si sono scusati, ma forse era il caso proprio di non dire una cosa del genere in principio.

    In Italia una grande fetta di popolazione femminile si dedica al lavoro domestico — ma viene spesso trascurata nel dibattito pubblico o, ancor peggio, trattata con razzismo.
    Una buona notizia per il settore è di inizio anno: dal primo gennaio 2022 ci sono nuovi minimi retributivi per il lavoro domestico. Il sindacato Assindatcolf ha fatto però notare che cambierà ben poco. Sono infatti pochi i lavoratori regolarizzati: la maggior parte si muove in nero. Il report di Domina uscito settimana scorsa mostra infatti che, nonostante la domanda di lavoro domestico sia in aumento, gli irregolari (circa un milione) continuano a superare i regolari (921 mila). La metà dei lavoratori sono extracomunitari — spesso senza permesso di soggiorno — che si trovano in difficoltà a richiedere la cittadinanza perché senza lavoro contrattualizzato. Le principali nazionalità sono Romania, Ucraina e Filippine. Ma non per questo possiamo definire gli ucraini una popolazione di “badanti.” Al posto di fermarsi agli stereotipi, bisognerebbe invece analizzare le intersezioni tra disuguaglianze di genere e razziste che caratterizzano il settore.

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    in copertina, foto via Twitter / @PolandMOI

    • 26 min
    5x08: Parlare di dress code non è parlare di educazione

    5x08: Parlare di dress code non è parlare di educazione

    Commenti sui vestiti e sessismo interiorizzato: il dibattito su educazione e libertà in corso in questi giorni dimostra ancora una volta come alcuni docenti non abbiano gli strumenti per capire i loro studenti.

    Lo scorso 16 febbraio ha iniziato a circolare online la notizia di una protesta a opera degli studenti di un liceo romano, il Liceo Righi, contro un episodio sessista avvenuto in una classe dell’istituto. Sembra che una professoressa abbia visto delle ragazze registrare un video per TikTok durante un’ora buca e si sia rivolta a una di loro, colpevole di avere la pancia scoperta, chiedendole “se fosse per caso sulla Salaria.”

    Questo episodio ha causato due diversi moti contrapposti: da un lato, la protesta degli studenti e delle studentesse, che hanno deciso di picchettare in gonna e pancia in bella vista per ribadire che il sessismo non può avere spazio nelle scuole. Dall’altra la giustificazione di alcuni insegnanti — e di alcuni opinionisti — che hanno messo sul tavolo il tanto amato dibattito su quale sia e quale non sia il dress code più consono alla scuola.

    Non solo. La professoressa da cui tutto è partito ha voluto spiegare le sue azioni, dicendo che la sua reazione sarebbe stata scatenata non tanto dall’abbigliamento della ragazza, quanto dal fatto che stesse registrando un video all’interno della classe, in orario scolastico, e che un video di quel tipo, con quella pancia in vista, una volta online avrebbe potuto causarle non pochi problemi.

    La preside del liceo romano, in un’intervista al Corriere, ha dichiarato che la professoressa non voleva offendere la ragazza, ma voleva tutelarla. La preside dice, testualmente, che viviamo in un cliché e che l’espressione utilizzata dalla professoressa è semplicemente un modo di dire, quasi svuotato del suo significato.

    Se anche fosse così, forse converrebbe arrivare al punto, e dirsi che il sessismo interiorizzato è e resta un problema della nostra società, e che se gli adolescenti hanno smesso di accettarlo passivamente è una grande conquista per tutti – anche – per la scuola.

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    • 28 min
    5x07: Riprendersi da Sanremo 2022

    5x07: Riprendersi da Sanremo 2022

    Chiamando Eva torna per la prima puntata dell’anno, dopo un’edizione di Sanremo che ha cercato davvero di dare spazio a nuove voci e nuove identità — riuscendoci solo parzialmente.

    Ai tempi dei Romani, febbraio era considerato l’ultimo mese dell’anno — il nome del mese sembrerebbe derivare da “februare,” che in latino significa “purificare:” era infatti dedicato a riti purificatori in vista dell’anno nuovo. Ed è un po’ questa la funzione che sembra aver assunto Sanremo.

    Il festival per una settimana concentra su di sé l’attenzione di tutto il paese in una vera e propria catarsi collettiva. Quest’anno, ancora più che nelle scorse edizioni, ci ha restituito una fotografia delle due velocità in cui si muove l’Italia.

    Apprezzatissimi i discorsi commossi e giusti di Lorena Cesarini e Drusilla Foer, che con parole semplici hanno dimostrato quanto sia semplice ferire con il razzismo ed etichettare una persona in quanto “diversa.” Come ha detto Foer, “Le parole sono come le amanti quando non si amano più: vanno cambiate subito.” Durante Sanremo abbiamo sentito parlare di unicità, senza distinzione di genere, colore della pelle, orientamento sessuale. Solo pochi anni fa sarebbe stato impossibile pensare a momenti del genere in onda sulla rete nazionale. Ma è bastato aspettare qualche pubblicità per vedere Checco Zalone che faceva “umorismo” transfobico, o Fiorello che scherzava sulla lunghezza del membro del conduttore.

    L’ultima parola però l’hanno avuta i cantanti, che hanno dimostrato in modo netto — con le musiche e i testi delle loro canzoni — in che direzione stiano davvero andando le nuove generazioni. Ed ecco Mahmood e Blanco, con un pezzo che smuove l’anima, e che —come ha raccontato Jonathan Bazzi in un editoriale su Domani — spiazzano tutti con la loro perfomance, dove “Riccardo/Blanco ha agguantato Alessandro/Mahmood con un impeto di rabbia e tenerezza violando la legge non scritta che proibisce ai maschi “normali” di giocare all’amore tra uguali.” Un momento che l’autore di Febbre ha definito “liberatorio.”
    E lo è effettivamente stato. Così come è stato liberatorio vedere una cantante navigata come la Rettore a braccetto con una giovane Ditonellapiaga cantare serenamente di orgasmo. O Cosmo ospite dei La rappresentante di lista che canta “Stop greenwashing” nel festival sponsorizzato da ENI. Contraddittorio, sì: ma è proprio questa l’anima della televisione italiana, che spesso racconta un paese che cambia più velocemente di quanto riesca lei stessa a capire e raccontare. Il festival continuerà la strada intrapresa all’insegno del rinnovamento degli ultimi anni, riuscendo a dare voce al nuovo e all’inclusione? Solo se la risposta sarà sì, il risultato sarà davvero purificatorio.

    • 31 min
    5×06: Come non comportarsi quando ti criticano sui social

    5×06: Come non comportarsi quando ti criticano sui social

    Dal deadnaming nell’ultima puntata di Morgana al caso dei Corpi Astinenti, nella maggior parte dei casi l’opzione migliore sarebbe chiedere scusa e ammettere di aver detto qualcosa di sbagliato
     

    Nelle scorse puntate, abbiamo già più volte parlato di privilegio: il privilegio del maschio bianco etero cis, per esempio. Il privilegio di chi è nato — o nata — nella parte del mondo considerata, tra mille virgolette, “fortunata.” Il privilegio di chi può fare la strada a piedi in piena notte senza paura. 

     

    Spesso la parte più difficile per chi vive nel privilegio è ammetterlo. Si fa fatica ad ammettere che su alcuni argomenti non possiamo mettere bocca — semplicemente perché non sappiamo davvero cosa significa vivere le vite degli altri. E non possiamo saperlo, perché siamo privilegiati, perché quella situazione, quello stato, non l’abbiamo mai vissuto.

     

    Negli scorsi giorni si è parlato di privilegio in merito a due avvenimenti poco piacevoli che riguardavano la ormai celebre bolla dell’attivismo web. Da un lato, la puntata del podcast Morgana su Lana e Lilly Wachowski, dove le due registe venivano chiamate con i rispettivi deadname, e dall’altro la pubblicazione del saggio I Corpi Astinenti di Emanuelle Richard pubblicato per Edizioni Tlon e da molti accusato di afobia. 

     

    Non vogliamo ora entrare nel merito, e questa non vuole essere una puntata di dissing o di critica ad altre realtà, però ci ha colpito come, in entrambi i casi gli autori o gli editori si siano limitati a spiegare le proprie ragioni, a giustificarsi, ancor prima di chiedere scusa alle parti offese, nello specifico alle persone transessuali e asessuali. 

     

    Non crediamo che le autrici di Morgana siano transfobiche, né che la casa editrice di Edizioni Tlon abbia qualcosa nello specifico contro le persone asessuali. Tuttavia, anche in un ambito che potremmo in un certo senso definire di “attivismo” si fa ancora troppa fatica a dirsi che per parlare di argomenti che sono estranei alla nostra sfera di privilegio bisogna quanto meno chiedere una consulenza a chi quella realtà la vive davvero. 

     

    E soprattutto, quando qualcuno sostiene di sentirsi discriminato, non ha alcun senso giustificarsi, perché non c’è motivazione che tenga. Bisogna chiedere scusa, ascoltare e imparare. 

     

    Fa parte tutto dello stesso principio: non esistiamo solo noi e la nostra voce non conta di più di quella degli altri. E credere di poter parlare di tutto e tutti senza chiedere a* dirett* interessat* cosa ne pensano a riguardo è semplicemente il frutto di una società bianca, patriarcale, eteronormata e anche colonialista. 

     

    Giustificare un comportamento discriminatorio è sempre sbagliato. Se lo facciamo continuiamo a perpetuare l’idea che alcune discriminazioni valgano più di altre, e non esiste errore peggiore.

    Show notes

    La ring light della Madonna

     
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    • 26 min
    5×05: Come cambiano i canoni di bellezza, 14 anni di Kardashian dopo

    5×05: Come cambiano i canoni di bellezza, 14 anni di Kardashian dopo

    A metà degli anni 2000 il modello da seguire era rigido e dannoso, basato sul dogma della magrezza: oggi va un po' meglio, ma continuiamo a non aver bisogno di un canone a cui paragonare i nostri corpi
    Dopo 14 anni di onorato servizio chiude il reality show della famiglia Kardashian. Ma com’è cambiato il canone della bellezza femminile in un decennio e mezzo? Anche grazie a Kim Kardashian ci è stato imposto un modello di forme artefatte e dalla perfezione irraggiungibile, sdoganando definitivamente la chirurgia estetica anche presso il grande pubblico — ma che almeno ha avuto il merito di spazzare via l’ossessione per la magrezza con cui siamo cresciute negli anni duemila. 

    Oggi il canone viaggia sui social network, come TikTok, e la pressione per aderire a determinati modelli è ancora molto forte — l’esempio da seguire non è più la modella sul cartellone con la foto ritoccata, ma chi produce contenuti online, magari ritoccando in modo discreto le proprie immagini. Rispetto a quindici anni fa i nuovi social network e la cultura del body positive ha contribuito almeno a creare una maggiore consapevolezza dei rischi di un canone oppressivo, contribuendo a dare una voce anche a chi non si riconosce negli standard imposti o non è di origine europea. Ma abbiamo davvero bisogno di un canone di bellezza a cui paragonare i nostri corpi? (Ovviamente no.)

    (A proposito: avete visto il video in cui Piton canta i My Chemical Romance per Natale? Bene, è il momento della vostra dose di nostalgia quotidiana.)

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    • 24 min
    5×04: Sì, ce la prendiamo

    5×04: Sì, ce la prendiamo

    A pochi giorni dal 25 novembre, le molestie in diretta a Greta Beccaglia hanno riportato al centro del dibattito il tema della violenza di genere e della sua impunità. Ma l'indignazione non basta, se non si decostruisce la cultura machista dominante.
     

    Giovedì scorso era la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, e come ogni anno internet si è riempito di contenuti e polemiche più o meno strillate. C’è un’immagine in particolare che è rimbalzata nella nostra bolla, con una grafica che legge “protect your daughter,” “proteggi tua figlia.” La scritta è cancellata da una riga rossa, accompagnata da una correzione: “educate your son,” “educa tuo figlio.” 

     

    Non è un messaggio sbagliato: il patriarcato è ancora molto introiettato nella vita delle donne, ma lo è altrettanto nella vita degli uomini. Tuttavia, non si può non pensare che la scritta parli a una donna — per due motivi precisi: in primis perché sono le donne che proteggono le donne, e poi perché la società continua a volerci imporre che dei figli dovrebbe occuparsi la madre, non il padre. Si crea così un meccanismo per cui si de–responsabilizzano ulteriormente gli uomini: se un figlio cresce sessista e misogino, non è colpa del padre, ma della madre che lo ha educato male. Per superare tutto questo, però, servirebbe che tutti gli uomini fossero più disposti a parlare di mascolinità tossica, e di come alla fine, tutti questi problemi derivino dall’influenza del machismo sulla nostra società.

     

    In Strappare lungo i bordi il giovane Zero andando a scuola vede un murales che dice “amare le donne è da froci.” Posto che non dovrebbe nemmeno servire specificare che essere omosessuali non è un insulto, in quella scritta c’è davvero tutto il discorso che stiamo facendo oggi: amare le donne, rispettarle, non ucciderle e non considerarle oggetti è una preoccupazione di chi, alla fine, non si sente così tanto virile, in un contrasto tra maschi di serie A e maschi di serie B, che se non ci impegniamo a distruggere continuerà a nutrire una logica di violenza.

     

    Greta Beccaglia, la giornalista sportiva molestata in diretta durante la trasmissione di una tv locale toscana, ha ricevuto numerose attestazioni di solidarietà dal mondo della politica e del giornalismo, dopo che il video della molestia è diventato virale sui social. “Sono sempre più delusa da quello che mi è successo, ma ho ancora più voglia di fare la giornalista,” racconta in un’intervista. Il collega in studio che l’ha invitata a “non prendersela” si è scusato, dicendo di averlo detto per “non mandarla nel panico.” Lei stessa l’ha difeso: “In studio si è scusato molte volte e mi ha invitata a raccontare l’accaduto e a denunciare.”

     

    Chiamando Eva torna lunedì 13 dicembre.

     
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    In copertina, grab via YouTube

    • 22 min

Recensioni dei clienti

4,8 su 5
69 valutazioni

69 valutazioni

iLoveAndyPipkin ,

Bravissime

Amo i podcast e non ascolto più la radio, ma questo programma dovrebbe essere un appuntamento fisso su una radio nazionale, in modo che diventi un ascolto obbligatorio per tanti uomini e tante donne. Avanti così!

Fyddtxdyfufufucuv ,

Tutto da ascoltare

Scoperto a pochissimo, questo podcast è stata una bellissima sorpresa! Mi è piaciuto soprattutto il portare temi attuali, che meritano di essere presi sul serio, ma senza negarsi una buona dose di umorismo che rende il tutto più piacevole e godibile. Consigliato!

MariaAgrado ,

Favolose

Non mi è mai piaciuto ascoltare la radio, ma con voi è tutta un’altra storia!
Vi adoro e sono super felice che sia iniziata una nuova stagione.

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